segnali dalle città invisibili
 

Giro95 Cosa succede in città...
Il sabato del villaggio

di fic

Ti passo a prendere alle sei. C’è il tutto-esaurito. Con questo epigramma sul display del telefonino, comincia l’apocalisse di un sabato selvaggio ai cancelli dello stadio Angelo Massimino, fu Cibali. Dentro è andato tutto bene, anzi, con la tifoseria ospite, i rossoblù del mitico Genoa “ci siamo fatti sangue” e sono partiti vari applausi di fratellanza. Il mio compagno, a dire il vero, ha sfoderato un sorrisetto cinico che ha stroncato la mia tenerezza sul nascere: “Bè,vuol dire che tocca massacrare d’insulti quelli della Samp, quando vengono”. Regole di gemellaggio, doveri sacrosanti di ospitalità calcistica.

Ma torniamo all’esterno. Davanti alla curva Nord, ci saranno non più di un centinaio di persone. Vecchietti con le borse-frigorifero a tracolla e cardigan di lana multicolore. Un classico. Cominciamo ad aspettare pazientemente l’apertura dei cancelli, prevista per le 18 e 30. I minuti passano, si parla della probabile formazione, del nuovo acquisto, Lulù Oliveira. Per chi non è tanto pratico di serie minori, finalmente un nome con un volto. Fuori non compare nessuno del servizio d’ordine prima delle sette e dieci. Ora siamo almeno trecento. Alcuni cominciano a gridare di aprire e battono le mani sui portoni di ferro. Qualche coro contro i carabinieri e il mestiere che fanno. Credono che loro siano dentro. Del resto, Curva Sud e Tribuna B sono aperte già da un pezzo. Ma quando vediamo sfilare i due autobus dell’AMT stipati di genoani, non vogliamo credere al capolavoro di sagacia organizzativa . Quelli che hanno scortato dalla stazione allo stadio i tifosi ospiti, sono gli stessi che devono operare all’interno e all’ingresso della Curva Nord. Sfilano davanti a una fila immane e ovviamente ingrossatasi come un fiume in piena. Sì perchè i furbi catanesi sanno che le file si prendono ai fianchi come l’avversario in un incontro di boxe. I primi arrivati sono spinti verso il muro dello stadio con violenza. Avvistiamo uno del servizio d’ordine, gli chiediamo di fare qualcosa per respingere i furbi in fondo alla fila. “Ma io che ci devo fare? Lei vuole vedere come mi spediscono in Curva Sud a manate.?” Capisco. “Ormai siamo in B, è tutto diverso”. Non oso pensare a cosa hanno in mente per un eventuale passaggio in A.

Il mio amico psicologo cerca di suscitare in loro un po’ di pietà. “Non spingete, qui ci sono donne e bambini.” Annaspo tra la folla, cercando di scorgere la cerata del capitano di vascello che mi indichi la prima scialuppa di salvataggio. Nel frattempo, pur essendo una donna e piccola come un bambino, mi faccio valere e respingo l’assalto dei barbari alle frontiere. Uno, cercando di saltare l’inferriata davanti a me mi spara una ginocchiata al volto. Ma m’impongo, mandandelo lui- sa- dove. Entro, aspetto gli altri. Non mi controllano lo zaino. Troppa folla. Stavolta mi ero portata due brioscine Tomarchio e il K-way. Tutti dentro. Circondiamo un finanziere per chiedere spiegazioni. “Cosa volete, eseguiamo gli ordini. No, il nome del mio superiore non vengo a dirlo a voi, levatevi dalle scatole.” Prendiamo posto, attacchiamo gli striscioni. Lo stadio è stracolmo, le corografie belle. Un anziano tifoso davanti a noi ci dice: “Sono quattordici anni che non vengo allo stadio, ‘sti bastaddi vogliono che continui a starmi a casa?”
Le giocate di Gatti, Grieco, Oliveira e Bucchi ci irretiscono, tre gol in 45 minuti neanche li potevamo immaginare. Finalmente una squadra che non sfigura davanti a una tifoseria- da sempre- di prim’ordine. Quanto dovremo aspettare perché tutto il resto sia all’altezza?

 

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