segnali dalle città invisibili
 

Giro95 Tribeart
Il Trecento adriatico

Paolo Veneziano e la pittura tra oriente e occidente

1. PAOLO VENEZIANO
San Nicola e le figlie del giudice povero
Firenze, Galleria degli Uffizi
2. PAOLO VENEZIANO
Polittico
S. Severino Marche, Pinacoteca
3. MOSAICISTA VENETO IV SECOLO
Mosaico con testa di guerriero
Venezia, Museo Marciano
Rimini, Castel Sismondo
Fino al 29 dicembre 2002

Grande appuntamento a Rimini con la pittura veneziana del Trecento. A proporlo è il Meeting per l’amicizia fra i popoli, a Castel Sismondo, nelle sale recentemente riaperte della Rocca Malatestiana, fino al 29 dicembre. La mostra, eccezionale per la qualità e il valore delle opere esposte (sono, nella stragrande maggioranza, dipinti su tavola) si intitola “Il Trecento Adriatico. Paolo Veneziano e la pittura tra Oriente ed Occidente” ed è curata da Francesca Flores d’Arcais, coadiuvata da un comitato scientifico internazionale di primissimo livello coordinato da Giovanni Gentili.

Tra Duecento e Trecento, le navi che solcavano l’Adriatico, una sorta di grande lago per la sua conformazione, portavano merci di ogni tipo ma anche opere d’arte e artisti che cercavano fortuna e commissioni sull’una o sull’altra sponda, spingendosi dalla laguna sino alle isole greche, a Costantinopoli ed oltre, fino ad attraversare poi tutto il Mediterraneo.
La mostra illustra anzitutto il formarsi e l’evolversi della singolare comunanza di espressioni artistiche e culturali che hanno plasmato città, monumenti e opere d’arte su entrambe le sponde dell’Adriatico. Dalla metà del Duecento, ad influenzare Venezia (ma anche molte altre città, dal Veneto alla Puglia), furono gli artisti della grande tradizione bizantina, vivissima alla fine del XIII secolo, come dimostrano gli affreschi dei monasteri di Serbia, centri di cultura di grande importanza per qualità e originalità creativa, e le opere che si andavano sviluppando a Bisanzio, capitale d’Oriente.

Un flusso che, grazie al ruolo anzitutto mercantile di Venezia, si propagò in entrambe le direzioni, portando ad un meraviglioso contagio di stili che influenzarono l’arte diffusa lungo i molti centri costieri del mare e diedero origine alla prima pittura davvero “veneziana”. Un flusso che diede vigore, assieme a nuova forma e colore, ai solenni modi bizantini dell’arte lagunare sul finire del Duecento, più spesso ripresi anzitutto nell’incredibile cantiere-scuola di San Marco, centro religioso oltre che artistico per eccellenza della Serenissima.
Tra i grandi protagonisti del Trecento pittorico italiano, figura di spicco e poi caposcuola della schiera di artisti operanti in laguna, è Paolo Veneziano (notizie dal 1320 al 1362), quel Paulus de Veneciis che così si firma in alcune sue opere. Di lui poco si sa dalle fonti storiche, ma le splendide tavole ne rivelano la squisita sensibilità e l’alta maestria. Attento osservatore del suo tempo e profondo innovatore della pittura veneziana, Paolo desta a vita nuova le forme bizantine, dando volume corporeo e intensità emotiva a quanto era segno e astrazione. Con lui, l’arte si fa racconto, storia, contemporaneità, come già era accaduto con Giotto e con la sua Cappella degli Scrovegni nella non lontana Padova.
L’importanza e il crescente successo di Paolo presso la ricca comunità veneziana sono confermati dalla commissione della “Pala Feriale”, opera che, al di fuori delle festività liturgiche, era destinata a coprire la “Pala d’Oro” dell’altare maggiore di San Marco e che lo consacrò indiscusso maestro della nuova pittura veneziana. In essa il Maestro distese linee, cadenze, ritmi, volumi e straordinarie cromìe, insieme a rinnovati temi iconografici: esito così felice ed ammirato, da influenzare da subito e per lunghi decenni i numerosi artisti operanti in laguna, locali e non.

Il formarsi a Venezia di una così innovativa scuola pittorica - Paolo fu capostipite di una famiglia artistica molto attiva - portò sia gli artisti che le loro opere, eseguite comunque spesso negli atelier della Serenissima, a “girovagare” per l’Adriatico. E a diffondere così una nuova cultura, certamente non solo pittorica, per cui le tavole veneziane si trovano in chiese delle coste romagnole, delle Marche e ancora più a sud, come lungo tutta la Croazia marittima e nelle isole greche. La medesima, positiva “diaspora culturale”, portò artisti di questi territori, specie dalmati, a dipingere secondo la nuova moda, mantenendo sottolineature locali - spesso legate ad altre esperienze, anche nordiche - che, a loro volta, finivano con l’influenzare anche Venezia. Così che, in pieno Trecento, la città - porta e ponte tra Oriente e Occidente - si presenta al centro di un sistema di diffusione dell’arte che, utilizzando le rotte commerciali delle navi, ha lasciato testimonianze diffuse su tutte le coste adriatiche, per espandersi, da qui, anche in territori più interni.

Analogamente a ciò che avveniva nella pittura, anche le cosiddette arti applicate risentivano di questo clima. Un fenomeno di cui la mostra riminese rende conto, proponendo esempi straordinari, pochi dei quali sino ad oggi concessi per mostre temporanee.

Info
tel: 0541 783100
email: grandimostre@meetingrimini.org

 

Il Progetto
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