segnali dalle città invisibili
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Lettera ai direttori dei giornali, da Un ponte per...

Gentile sig. direttore
il suo giornale ha riportato con evidenza nella edizione odierna la notizia data dal New York Times e poi ripresa dalla Reuter, dell'esistenza di un vasto programma Usa di vaccinazioni contro il vaiolo come prevenzione verso possibili attacchi bioterroristi, mettendolo, inoltre, in relazione con la questione irachena. Il risultato, in termini di opinione pubblica, di questi articoli mi sembra essere un aumento della paura, in particolare verso l'Iraq e una conseguente crescita di consenso verso il previsto attacco militare. Ci permettiamo di segnalarle la possibilità che si tratti di una operazione di preparazione psicologica alla guerra cui il suo giornale, inconsapevolmente, potrebbe partecipare. Esaminiamo i fatti: Quanti saranno vaccinati? Ci sarà una vaccinazione? L'ipotesi di vaccinazione di massa (500.000 persone) contro il vaiolo, che leggendo la stampa di oggi sembra scontata e decisa, a ben vedere non lo è: Il documento a cui fa riferimento il New York Times (Draft Supplemental Recommendation of the ACIP on Use of Smallpox - Bozza di raccomandazioni supplementari sull'uso del vaccino contro il vaiolo del "Comitato Consultivo sulle pratiche di immunizzazione" del 20 June 2002) è solo una bozza attualmente all'esame del Dipartimento di Salute Umana degli Stati Uniti
(HHS) e del Centro per il Controllo delle Epidemie (CDC), che lo devono ancora approvare. Il documento è stato elaborato su richiesta del CDC come "aggiornamento delle pratiche di immunizzazione dal vaiolo in caso di attacco bioterroristico". Ad ogni modo il documento: a) non raccomanda la vaccinazione della popolazione definedo "bassa" la probabilità di attacco; b) raccomanda "la vaccinazione delle persone designate dalle autorità a investigare e seguire i primi casi di vaiolo, che abbiano contato diretto con i pazienti" lo ACIP raccomanda inoltre che i centri di prima risposta al vaiolo (Smallpox Response Team) una parte del cui personale sarebbe vaccinato siano "almeno uno per ogni Stato" (gli stati degli Usa sono 52); c) raccomanda "la vaccinazione di personale selezionato nei servizi designati come centri di riferimento per la cura dei primi casi di vaiolo". Non si fanno numeri, ma si dice che i "centri di riferimento" dovrebbero essere individuati a livello ospedaliero. Non si desume da tutto ciò nessun allarme specifico (tutte le pratiche di immunizzazione sono state sottoposte a revisione in seguito all'attacco dell'11 settembre) né la previsione di vaccinazione di massa. Lo stesso portavoce del Dipartimento di Salute Umana, Bill Pierce, intervistato dalla Reuter DOPO la pubblicazione delle "rivelazioni" del NYT butta acqua sul fuoco dichiarando: "Il numero delle persone eventualmente da vacinare non è stato deciso" e "le raccomandazioni sono molto generiche ed è necessario altro lavoro del HHS e CDC per identificare i gruppi da vaccinare". Da dove viene dunque la cifra di 500.00? La cifra è riportata dal New York Times come riferita da non meglio definiti "federal officials" (Funzionari Federali). Da quel momento (7 luglio 2002) la cifra 500.000 è stata ripresa da tutta la stampa mondiale senza che fossa mai confermata da alcuno. La affermazione "Il Governo Federale vaccinerà presto circa mezzo milione di addetti ai servizi sanitari contro il vaiolo" non è quindi, ad oggi, vera: non esiste un piano di vaccinazione di massa, né un allarme specifico. Esistono documenti che raccomandano pre-vaccinazioni di un certo numero di persone non specificato, nè deciso, in caso di attacco bioterroristico. Esistono esperti che fanno anche raccomandazioni più drastiche come la vaccinazione di massa in caso di attacco. Ma neanche questo avvalora né l' esistenza del piano di vaccinazione, né l'imminenza del pericolo. Ci sarà un attacco al vaiolo? Sebbene ciò non sia detto esplicitamente da nessun giornale la notizia pubblicata ieri può portare a ritenere imminente o probabile un attacco al vaiolo, con il conseguente allarme pubblico che ciò può destare e il conseguente rafforzamento del consenso ad azioni militari. Ma in realtà nessun documento o dichiarazione porta a concludere che ci siano segnali concreti e circostanziati di tale attacco (la cui probabilità è comunque definita "bassa" nel documento dell'ACIP). Tutte le procedure di immunizzazione sono state aggiornate dopo l'11 settembre, così come numerose altre procedure di sicurezza. Il fatto che sia stato portato in questi giorni a compimento un altro passaggio di questa revisione non vuol dire nulla di più. Inoltre non sarebbe la prima volta, (è avvenuto ad esempio nel bel mezzo della polemica che ha investito la Casa Bianca sulla sottovalutazione delle segnalazioni dell'FBI e della CIA sulla possibilità di attacchi
terroristici) che negli Usa vengono diffuse notizie, poi smentite o attenuate, sull'imminenza di attacchi, in momenti cruciali del dibattito politico interno. Cosa che obiettivamente riduce la affidabilità di tali "indiscrezioni. L'Iraq Veniamo al secondo punto rilevante: la connessione della notizia di ieri con l'Iraq, che tutti i giornali riportano nei titoli o in evidenza. Si tratta di una questione della massima rilevanza perché le notizie provengono da un paese che sta attivamente preparando un attacco militare all'Iraq. L'Articolo del NYT dice solo che [la notizia] "è venuta nel mezzo della discussione sulla guerra all'Iraq che esperti di terrorismo sospettano di mantenere stock clandestini del virus". Di "esperti" il NYT ne cita uno solo: il presidente del "Centro Medico del Monte Sinai" di New York, Kenneth Berns, che esperto di terrorismo non è (ma di microbiologia come si può agevolmente vedere su Internet). Infatti egli si limita a dire che la probabilità che l'Iraq possegga armi al vaiolo è "ragionevolmente alta" (!) e che la probabilità che lo usi contro gli Usa è "abbastanza alta"(!!). Non essendo né un esperto di terrorismo, né un esperto di armamenti iracheni c'è da ritenere che "ragionevolmente" o "abbastanza" alta sia la sua personale opinione su ciò che l'Iraq potrebbe fare, probabilmente influenzata da quanto legge sui giornali, ma difficilmente può essere considerata la opinione di un "esperto". Sul punto conviene quindi interrogare chi di questo se ne intende: chi di questo se ne intende: l'Unscom (United Nations Special Commission for Iraq) e l'Unmovic (United Nations Monitorino and Verification Commission) incaricate dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu di mettere in pratica i programma di disarmo non convenzionale dell'Iraq.
Ebbene: nel "Final Compendium - Desarmament Report" del UNSCOM (United Nations Special Commission for Iraq) del 25 gennaio 1999, firmato da Richard Butler, che riassume in oltre 100 pagine gli otto anni di attività della Commissione non si fa mai nemmeno cenno alla presenza di ceppi virali del vaiolo in Iraq (mentre si citano numerosi altri agenti biologici). L'ex direttore dell'AIEA e attuale capo dell'Unmovic Hans Blix, che ha guidato per otto anni le ispezioni in Iraq sulla parte nucleare del programma di disarmo, ha recentemente dichiarato in una intervista di non ritenere probabile un attacco chimico o batteriologico dall'Iraq, pur non escludendo sia in possesso di tali armi (non ha però parlato di vaiolo).
Inoltre: Nessuna dichiarazione di questi giorni del Governo degli Stati Uniti (né lo fanno i documenti sulle vaccinazioni che si limitano a citare "il pericolo di attacchi bioterroristici") nemmeno del Dipartimento di Stato o del Ministero della Difesa, mettono in relazione la revisione delle procedure sulle vaccinazioni sul vaiolo con un pericolo concreto proveniente dall'Iraq. La affermazione che il pericolo di attacco al vaiolo potrebbe venire dall' Iraq non è suffragata nemmeno da argomenti logici. Ad esaminarla bene, la ipotesi appare invece illogica: il governo iracheno si muove, come tutti i governi, seguendo logiche politiche: per quale motivo nel momento in cui è impegnato in colloqui con Kofi Annan finalizzati a risolvere il contenzioso sul ritorno degli ispettori Onu, dovrebbe mettere in atto una iniziativa le cui conseguenze non potrebbero che essere quelle della sua fine? Di fatto tutte le iniziative recenti di politica estera dell'Iraq sono viceversa inquadrabili nell'ottica di allontanare la possibilità di un attacco, dalla conclusione di accordi commerciali con tutti gli Stati circostanti, al riconoscimento dei confini del Kuwait, alla riapertura dei rapporti diplomatici con l'Arabia Saudita, alla disponibilità al rientro degli ispettori condizionata al fatto che essi non siano usati, come in passato è avvenuto, per operazioni coperte di intelligence a favore degli Usa. Altro è sostenere, come ha fatto il Governo Usa recentemente, che ciò potrebbe avvenire come ritorsione contro un attacco militare. La affermazione del New York Times secondo la quale "esperti" (quali) ritengono l'esistenza di depositi clandestini di virus in Iraq" appare quantomeno affrettata e non trova significativa conferma. Quanto alla possibilità che Al Qaeda o altri gruppi terroristici organizzino un attacco al vaiolo sinceramente non ho conoscenze sufficienti per ritenerla né probabile, né improbabile. Le pongo una domanda che mi sembra legittima: perché una notizia falsa o solo parzialmente vera (l'esistenza di un piano di vaccinazione di massa) è stata diffusa mettendola in relazione con un possibile attacco biologico dall'Iraq, quasi contemporaneamente alla "indiscrezione" su un piano di attacco militare all'Iraq che ipotizza una invasione via terra con l'impiego di decine di migliaia di militari e la possibile perdita di migliaia di vite umane, (e durante i colloqui tra Kofi Annan e il ministro degli esteri iracheno)? La possibilità che ciò non sia casuale, ma sia finalizzato a strutturare il contesto giustificativo di un attacco che, sino ad oggi, nessun paese europeo, né del mondo arabo, sembra voler avallare, mi sembra legittima. (D'altronde la guerra in Vietnam non è iniziata con un incidente - quello del golfo del Tonkino - poi rivelatosi una bufala?). Di questi episodi di disinformazione o di guerra psicologica, temo, ne vedremo numerosi con l'avvicinarsi dell'attacco, che sembra fissato in gennaio. L'auspicio che formulo è che il suo, come gli altri giornali italiani, vogliano trattare con maggiore attenzione questo tipo di notizie.
La saluto cordialmente
Fabio Alberti
(presidente della associazione Un ponte per)

 

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