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Giro93
Movimento
Lettera ai direttori dei giornali, da Un ponte per...
Gentile sig. direttore
il suo giornale ha riportato con evidenza nella
edizione odierna la notizia data dal New York
Times e poi ripresa dalla Reuter, dell'esistenza
di un vasto programma Usa di vaccinazioni contro
il vaiolo come prevenzione verso possibili attacchi
bioterroristi, mettendolo, inoltre, in relazione
con la questione irachena. Il risultato, in termini
di opinione pubblica, di questi articoli mi sembra
essere un aumento della paura, in particolare
verso l'Iraq e una conseguente crescita di consenso
verso il previsto attacco militare. Ci permettiamo
di segnalarle la possibilità che si tratti
di una operazione di preparazione psicologica
alla guerra cui il suo giornale, inconsapevolmente,
potrebbe partecipare. Esaminiamo i fatti: Quanti
saranno vaccinati? Ci sarà una vaccinazione?
L'ipotesi di vaccinazione di massa (500.000 persone)
contro il vaiolo, che leggendo la stampa di oggi
sembra scontata e decisa, a ben vedere non lo
è: Il documento a cui fa riferimento il
New York Times (Draft Supplemental Recommendation
of the ACIP on Use of Smallpox - Bozza di raccomandazioni
supplementari sull'uso del vaccino contro il vaiolo
del "Comitato Consultivo sulle pratiche di
immunizzazione" del 20 June 2002) è
solo una bozza attualmente all'esame del Dipartimento
di Salute Umana degli Stati Uniti
(HHS) e del Centro per il Controllo delle Epidemie
(CDC), che lo devono ancora approvare. Il documento
è stato elaborato su richiesta del CDC
come "aggiornamento delle pratiche di immunizzazione
dal vaiolo in caso di attacco bioterroristico".
Ad ogni modo il documento: a) non raccomanda la
vaccinazione della popolazione definedo "bassa"
la probabilità di attacco; b) raccomanda
"la vaccinazione delle persone designate
dalle autorità a investigare e seguire
i primi casi di vaiolo, che abbiano contato diretto
con i pazienti" lo ACIP raccomanda inoltre
che i centri di prima risposta al vaiolo (Smallpox
Response Team) una parte del cui personale sarebbe
vaccinato siano "almeno uno per ogni Stato"
(gli stati degli Usa sono 52); c) raccomanda "la
vaccinazione di personale selezionato nei servizi
designati come centri di riferimento per la cura
dei primi casi di vaiolo". Non si fanno numeri,
ma si dice che i "centri di riferimento"
dovrebbero essere individuati a livello ospedaliero.
Non si desume da tutto ciò nessun allarme
specifico (tutte le pratiche di immunizzazione
sono state sottoposte a revisione in seguito all'attacco
dell'11 settembre) né la previsione di
vaccinazione di massa. Lo stesso portavoce del
Dipartimento di Salute Umana, Bill Pierce, intervistato
dalla Reuter DOPO la pubblicazione delle "rivelazioni"
del NYT butta acqua sul fuoco dichiarando: "Il
numero delle persone eventualmente da vacinare
non è stato deciso" e "le raccomandazioni
sono molto generiche ed è necessario altro
lavoro del HHS e CDC per identificare i gruppi
da vaccinare". Da dove viene dunque la cifra
di 500.00? La cifra è riportata dal New
York Times come riferita da non meglio definiti
"federal officials" (Funzionari Federali).
Da quel momento (7 luglio 2002) la cifra 500.000
è stata ripresa da tutta la stampa mondiale
senza che fossa mai confermata da alcuno. La affermazione
"Il Governo Federale vaccinerà presto
circa mezzo milione di addetti ai servizi sanitari
contro il vaiolo" non è quindi, ad
oggi, vera: non esiste un piano di vaccinazione
di massa, né un allarme specifico. Esistono
documenti che raccomandano pre-vaccinazioni di
un certo numero di persone non specificato, nè
deciso, in caso di attacco bioterroristico. Esistono
esperti che fanno anche raccomandazioni più
drastiche come la vaccinazione di massa in caso
di attacco. Ma neanche questo avvalora né
l' esistenza del piano di vaccinazione, né
l'imminenza del pericolo. Ci sarà un attacco
al vaiolo? Sebbene ciò non sia detto esplicitamente
da nessun giornale la notizia pubblicata ieri
può portare a ritenere imminente o probabile
un attacco al vaiolo, con il conseguente allarme
pubblico che ciò può destare e il
conseguente rafforzamento del consenso ad azioni
militari. Ma in realtà nessun documento
o dichiarazione porta a concludere che ci siano
segnali concreti e circostanziati di tale attacco
(la cui probabilità è comunque definita
"bassa" nel documento dell'ACIP). Tutte
le procedure di immunizzazione sono state aggiornate
dopo l'11 settembre, così come numerose
altre procedure di sicurezza. Il fatto che sia
stato portato in questi giorni a compimento un
altro passaggio di questa revisione non vuol dire
nulla di più. Inoltre non sarebbe la prima
volta, (è avvenuto ad esempio nel bel mezzo
della polemica che ha investito la Casa Bianca
sulla sottovalutazione delle segnalazioni dell'FBI
e della CIA sulla possibilità di attacchi
terroristici) che negli Usa vengono diffuse notizie,
poi smentite o attenuate, sull'imminenza di attacchi,
in momenti cruciali del dibattito politico interno.
Cosa che obiettivamente riduce la affidabilità
di tali "indiscrezioni. L'Iraq Veniamo al
secondo punto rilevante: la connessione della
notizia di ieri con l'Iraq, che tutti i giornali
riportano nei titoli o in evidenza. Si tratta
di una questione della massima rilevanza perché
le notizie provengono da un paese che sta attivamente
preparando un attacco militare all'Iraq. L'Articolo
del NYT dice solo che [la notizia] "è
venuta nel mezzo della discussione sulla guerra
all'Iraq che esperti di terrorismo sospettano
di mantenere stock clandestini del virus".
Di "esperti" il NYT ne cita uno solo:
il presidente del "Centro Medico del Monte
Sinai" di New York, Kenneth Berns, che esperto
di terrorismo non è (ma di microbiologia
come si può agevolmente vedere su Internet).
Infatti egli si limita a dire che la probabilità
che l'Iraq possegga armi al vaiolo è "ragionevolmente
alta" (!) e che la probabilità che
lo usi contro gli Usa è "abbastanza
alta"(!!). Non essendo né un esperto
di terrorismo, né un esperto di armamenti
iracheni c'è da ritenere che "ragionevolmente"
o "abbastanza" alta sia la sua personale
opinione su ciò che l'Iraq potrebbe fare,
probabilmente influenzata da quanto legge sui
giornali, ma difficilmente può essere considerata
la opinione di un "esperto". Sul punto
conviene quindi interrogare chi di questo se ne
intende: chi di questo se ne intende: l'Unscom
(United Nations Special Commission for Iraq) e
l'Unmovic (United Nations Monitorino and Verification
Commission) incaricate dal Consiglio di Sicurezza
dell'Onu di mettere in pratica i programma di
disarmo non convenzionale dell'Iraq.
Ebbene: nel "Final Compendium - Desarmament
Report" del UNSCOM (United Nations Special
Commission for Iraq) del 25 gennaio 1999, firmato
da Richard Butler, che riassume in oltre 100 pagine
gli otto anni di attività della Commissione
non si fa mai nemmeno cenno alla presenza di ceppi
virali del vaiolo in Iraq (mentre si citano numerosi
altri agenti biologici). L'ex direttore dell'AIEA
e attuale capo dell'Unmovic Hans Blix, che ha
guidato per otto anni le ispezioni in Iraq sulla
parte nucleare del programma di disarmo, ha recentemente
dichiarato in una intervista di non ritenere probabile
un attacco chimico o batteriologico dall'Iraq,
pur non escludendo sia in possesso di tali armi
(non ha però parlato di vaiolo).
Inoltre: Nessuna dichiarazione di questi giorni
del Governo degli Stati Uniti (né lo fanno
i documenti sulle vaccinazioni che si limitano
a citare "il pericolo di attacchi bioterroristici")
nemmeno del Dipartimento di Stato o del Ministero
della Difesa, mettono in relazione la revisione
delle procedure sulle vaccinazioni sul vaiolo
con un pericolo concreto proveniente dall'Iraq.
La affermazione che il pericolo di attacco al
vaiolo potrebbe venire dall' Iraq non è
suffragata nemmeno da argomenti logici. Ad esaminarla
bene, la ipotesi appare invece illogica: il governo
iracheno si muove, come tutti i governi, seguendo
logiche politiche: per quale motivo nel momento
in cui è impegnato in colloqui con Kofi
Annan finalizzati a risolvere il contenzioso sul
ritorno degli ispettori Onu, dovrebbe mettere
in atto una iniziativa le cui conseguenze non
potrebbero che essere quelle della sua fine? Di
fatto tutte le iniziative recenti di politica
estera dell'Iraq sono viceversa inquadrabili nell'ottica
di allontanare la possibilità di un attacco,
dalla conclusione di accordi commerciali con tutti
gli Stati circostanti, al riconoscimento dei confini
del Kuwait, alla riapertura dei rapporti diplomatici
con l'Arabia Saudita, alla disponibilità
al rientro degli ispettori condizionata al fatto
che essi non siano usati, come in passato è
avvenuto, per operazioni coperte di intelligence
a favore degli Usa. Altro è sostenere,
come ha fatto il Governo Usa recentemente, che
ciò potrebbe avvenire come ritorsione contro
un attacco militare. La affermazione del New York
Times secondo la quale "esperti" (quali)
ritengono l'esistenza di depositi clandestini
di virus in Iraq" appare quantomeno affrettata
e non trova significativa conferma. Quanto alla
possibilità che Al Qaeda o altri gruppi
terroristici organizzino un attacco al vaiolo
sinceramente non ho conoscenze sufficienti per
ritenerla né probabile, né improbabile.
Le pongo una domanda che mi sembra legittima:
perché una notizia falsa o solo parzialmente
vera (l'esistenza di un piano di vaccinazione
di massa) è stata diffusa mettendola in
relazione con un possibile attacco biologico
dall'Iraq, quasi contemporaneamente alla "indiscrezione"
su un piano di attacco militare all'Iraq che ipotizza
una invasione via terra con l'impiego di decine
di migliaia di militari e la possibile perdita
di migliaia di vite umane, (e durante i colloqui
tra Kofi Annan e il ministro degli esteri iracheno)?
La possibilità che ciò non sia casuale,
ma sia finalizzato a strutturare il contesto giustificativo
di un attacco che, sino ad oggi, nessun paese
europeo, né del mondo arabo, sembra voler
avallare, mi sembra legittima. (D'altronde la
guerra in Vietnam non è iniziata con un
incidente - quello del golfo del Tonkino - poi
rivelatosi una bufala?). Di questi episodi di
disinformazione o di guerra psicologica, temo,
ne vedremo numerosi con l'avvicinarsi dell'attacco,
che sembra fissato in gennaio. L'auspicio che
formulo è che il suo, come gli altri giornali
italiani, vogliano trattare con maggiore attenzione
questo tipo di notizie.
La saluto cordialmente
Fabio Alberti
(presidente della associazione Un ponte per)
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