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Il cinico non è adatto a questo mestiere
di angelo luca pattavina

Titolo: “Il cinico non è adatto a questo mestiere”
Autore: Ryszard Kapuscinski, a cura di Maria Nadotti
Edizione: Piccola Biblioteca Morale Tascabili E/O (2002)
Anno di prima pubblicazione: 2000 (Edizioni E/O)

Conversazioni sul buon giornalismo.
Quello di un uomo che ha deciso di portare avanti un autentico agire giornalistico, improntato a una scelta etica molto forte: quella del sacrificio, del rischio, dell’esperienza diretta, della relazione con gli altri e della condivisione.
Un mestiere, quello del giornalista, in cui non si smette mai d’imparare, inglobato in un mondo che cambia continuamente attorno a noi ed insieme a noi, e che richiede comunque persone che lo raccontino in maniera intelligente, realista, scettica, ma senza mai scadere nel cinismo.
Un mestiere dove è fondamentale avere molta attenzione e rispetto sia per il lettore che per i soggetti protagonisti delle notizie. Un mestiere che, se fatto in maniera veramente seria, dovrebbe smettere di far contare l’attrazione, dovrebbe smettere di “vendere” informazione, ma che invece dovrebbe essere un gionalismo “intenzionale”, basato su buone doti empatiche, capace di raccontare per ottenere qualcosa, capace di dare voce a chi non ne ha, capace di far capire che non si è mai da soli al centro del mondo.
Un mestiere che consuma e dove si invecchia presto.
L’esperienza di uno dei più originali e complessi giornalisti del nostro secolo, raccontata attraverso gli estratti di tre incontri diversi: uno ad un convegno avvenuto a Capodarco di Fermo nel 1999, un’intervista di Andrea Semplici ed ancora un incontro con il critico d’arte John Berger ad un convegno svoltosi a Milano nel 1994.
Un giornalismo d’autore. Di razza e di classe. Ma anche, se così si può dire, “popolare”. A metà strada tra reportage e letteratura.
E se pensate che questo sia un giornalismo troppo “romantico” per essere vero ed efficace, allora siete troppo cinici. Ed “il cinico non è adatto a questo mestiere”.
Parola di giornalista.

“Kapuscinski riesce a sparire tra la gente, a farsi prendere ovunque per uno del posto. E’importante, per capire la natura dei suoi libri e il segreto della loro profonda, intelligente, umanissima capacità di penetrare i nodi della più complessa attualità politica, ricordare che proprio questa è la chiave della sua metodologia di lavoro e della sua cifra di scrittore.”
Maria Nadotti

«Il contrario di un racconto non è il silenzio o la meditazione, bensì l’oblio... L’uomo compie delle azioni, spesso coraggiose. Tra quelle meno coraggiose, ma nonostante questo efficaci, c’è l’atto del raccontare. Questi atti sfidano l’assurdità e l’assurdo. In che cosa consiste l’atto del raccontare? Mi sembra che sia una permanente azione di retroguardia contro la permanente vittoria della volgarità e della stupidità. I racconti sono una dichiarazione permanente del vissuto in un mondo sordo.»
John Berger

«... La nostra professione è una lotta costante tra il nostro sogno, la nostra volontà di essere del tutto indipendenti e le situazioni reali in cui ci troviamo, che ci costringono invece ad essere dipendenti da interessi, punti di vista, aspettative dei nostri editori... In generale si tratta di una professione che richiede una continua lotta e un costante stato di allerta... »
Ryszard Kapuscinski

 

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