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Giro92
Mafie da morire
Processo su boss e appalti: i retroscena della campagna
elettorale '99 a Palma
"Voglio il maresciallo
sindaco" E il mafioso telefonò a Sodano
di enrico bellavia, da www.palermo.repubblica.it
del 16.06.2002
I telefonini dei boss mettono
di nuovo nei guai i politici. Questa volta nell'Agrigentino.
E svelano che la campagna elettorale del '99 per
la corsa a sindaco di Palma di Montechiaro fu
pesantemente condizionata. Il processo di Agrigento
su mafia e appalti, concluso venerdì con
un secolo di carcere, fa emergere un inedito retroscena:
il clan di Cucciuvì sostenne un candidato
che era addirittura l'ex maresciallo dei carabinieri
della cittadina, Paolo Salvato. Per il determinante
appoggio del Ccd si mobilitò il più
influente della cosca, quel Giovanni Bellanti,
imprenditore, che i boss avevano designato come
loro «ministro dei Lavori pubblici».
Ed è il telefonino di Bellanti che è
diventato una miniera preziosa per i magistrati
della Direzione antimafia di Palermo: fu lui a
chiamare l'allora sindaco di Agrigento, Calogero
Sodano, oggi senatore. Dopo essere finito in manette,
il boss ha anche candidamente ammesso quei contatti
politici: ai magistrati ha spiegato che Sodano
procurò un incontro con il senatore Francesco
D'Onofrio, che all'epoca era pure assessore della
Provincia di Agrigento. «Quest'ultimo all'inizio
era riluttante - dice Bellanti - ma a fronte delle
nostre insistenze acconsentì a che Salvato
venisse candidato con l'emblema del Ccd».
Bellanti è stato già condannato
a dicembre, con il giudizio abbreviato, dal gip
Antonio Caputo. Sette anni e due mesi di carcere,
è stato il verdetto: con l'accusa di associazione
mafiosa, estorsione e turbativa d'asta. Dopo essere
finito in manette, nel blitz del maggio del 2000,
l'imprenditore ammise solo qualche comportamento
spregiudicato nel mondo degli appalti e della
politica. Ma come uomo d'affari e attivista politico.
Non certo come boss della nuova mafia di Palma,
quella nata sulle ceneri della faida tra Cosa
nostra e gli «infedeli» della Stidda.
Il sostituto procuratore Luca Crescente sapeva
già che c'era dell'altro. Le dichiarazioni
di alcuni pentiti avevano fatto presagire uno
scenario ben più ampio. Il resto lo hanno
svelato le intercettazioni fatte dalla polizia
nell'auto di Bellanti. Il telefonino del boss
ha confermato: una consulenza del perito informatico
della Procura, il vice questore Gioacchino Genchi,
ha tracciato i confini di alleanze e complicità.
Il 3 maggio '99, ad esempio, di questo si è
parlato al processo di Agrigento: fu una giornata
nera per Bellanti: «Prima era stata revocata
l'aggiudicazione di un appalto - ha spiegato il
pm nella requisitoria - poi un funzionario inaspettatamente
così onesto e coraggioso gli aveva sbattuto
la porta in faccia». Ma c'era anche dell'altro
di cui occuparsi. Alle 11,21 il boss chiama dal
proprio cellulare l'utenza 0335 824068, «intestata
- spiega l'accusa - al municipio di Agrigento
e riconducibile al sindaco di allora». Alle
16,30 Bellanti chiama lo 0368 3766063, utenza
in uso al candidato sindaco Salvato. E resta con
lui a parlare per un minuto e 23 secondi. Alle
19,36 e alle 20,10 Bellanti chiama ancora l'utenza
del primo cittadino di Agrigento.
Così il processo, denominato "Aleph",
ha aperto uno squarcio inedito sul laboratorio
della nuova mafia che era diventata Palma di Montechiaro.
In nome degli affari, i vari «gruppi familistici»,
come ha spiegato il pm Luca Crescente nella requisitoria,
«avevano stipulato vari accordi di non belligeranza,
con ripartizione per aree d'influenza delle risorse
disponibili». Tutti gli imprenditori edili
che intendevano lavorare nella zona «sapevano
di doversi rivolgere immediatamente a Bellanti».
Non erano sfuggiti i servizi di raccolta e smaltimento
dei rifiuti. In un clima di generale indifferenza.
I magistrati hanno denunciato persino «connivenze
del comando della polizia municipale con i vari
gruppi mafiosi». Ma qualcuno, all'interno
del palazzo comunale, resisteva ai boss. Bellanti
lo aveva capito. L'8 maggio del '99 viene intercettato
mentre programma il dopoelezioni: «Dobbiamo
avere le chiavi di tutte le stanze». «Con
calma, ci porteremo pure le carte», risponde
il suo interlocutore. E programmano una turnazione
dei funzionari. Il 20 maggio Bellanti dice soddisfatto:
«Saranno quattro anni di felicità».
Ma il risultato elettorale bocciò ogni
aspettativa.
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