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Giro92
Mafie da morire
Documenti: Mafia, otto ergastolani di Trapani in
libertà per un cavillo
Il Tribunale del riesame ha
annullato la sospensione dei termini di custodia
cautelare perchè il provvedimento era arrivato
in ritardo
PALERMO. Un errore spalanca le
porte del carcere a sette killer di mafia (e ad
un ottavo che era agli arresti domiciliari), tutti
condannati all' ergastolo in primo grado. E altri
due avrebbero potuto riacquistare la libertà
per lo stesso cavillo, ma restano in cella perchè
devono scontare altre condanne.
Il caso riguarda un gruppo di imputati del processo
«Omega» che ricostruisce venti anni
di guerre di mafia in provincia di Trapani: oltre
40 omicidi tra i quali l' uccisione del sindaco
di Castelvetrano, Vito Lipari, e faide che tra
il 1980 e il 1992 hanno segnato le tappe della
scalata al vertici dell' organizzazione dei boss
alleati di Totò Riina. La scarcerazione
degli otto ergastolani è stata decisa dal
tribunale del riesame su richiesta della difesa.
Dopo la sentenza di primo grado, e in attesa del
giudizio di appello, il sostituto procuratore
generale Vittorio Teresi aveva chiesto ai giudici
della corte d' assise d' appello una sospensione
dei termini di custodia cautelare. La decisione
è però arrivata dopo che i termini
erano scaduti. C' è stata quindi una impugnazione,
ma la scarcerazione è stata una prima volta
evitata con l' emissione di nuovi provvedimenti.
Un successivo ricorso contro i nuovi provvedimenti
di custodia cautelare stavolta è stato
accolto dal tribunale del riesame. E così
sono stati liberati Leonardo Ciaccio, Francesco
D'Amico, Raffaele Urso, Antonino Rallo, Gaspare
Raia (l'unico agli arresti domiciliari), Nunzio
Spezia, Giuseppe Bonafede e Vito Marceca. Per
altri due imputati, Santo Mazzei e Vito Mazzara,
la scarcerazione è stata evitata per via
di altre condanne: Mazzara, in particolare, sta
scontando un altro ergastolo per l'uccisione dell'
agente di custodia Giuseppe Montalto.
Il processo «Omega» era stato promosso
sulla base delle dichiarazioni di un collaboratore,
Antonino Patti, che aveva ricostruito la catena
di delitti collegati al ricambio dei vertici di
Cosa nostra a Trapani. Eliminati o emarginati
gli uomini delle famiglie Minore e Rimi di Alcamo,
erano emersi i nuovi capi: Matteo Messina Denaro,
uno degli ultimi grandi latitanti, Mariano Agate,
Salvatore Madonia e Nino Melodia.
Il processo di primo grado si era concluso nel
maggio 2000 con 33 ergastoli e 31 condanne a 380
anni complessivi. Le assoluzioni erano state 15.
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