segnali dalle città invisibili
  Giro92 Mafie da morire
Mafia e dettagli

a cura di Virgilio Fagone (www.gds.it)

L’ALLARME APPALTI
«In Sicilia, in un solo anno, il 96 per cento degli appalti nel settore edile-stradale che ammontavano a meno di dieci miliardi, sono stati aggiudicati con ribassi inferiori all'1 per cento».È l’allarme lanciato il 6 maggio scorso dal procuratore aggiunto di Palermo, Sergio Lari, che denuncia il pericolo di infiltrazioni della mafia nei lavori pubblici.

AFFARI A GONFIE VELE
La mafia, secondo gli inquirenti, vede andare gli affari a gonfie vele. Sviluppa i suoi traffici più tradizionali. Ricicla nell’economia legale i proventi delle attività illecite. Si infiltra negli appalti pubblici. "Cosa nostra conserva intatte le sue capacità di condizionamento dell'economia, a cominciare dai grandi appalti", ha denunciato il 14 maggio in commissione Antimafia il procuratore Pietro Grasso.

IL DIRETTORIO DI COSA NOSTRA PERDE UN PEZZO
Il direttorio di Cosa nostra, con l’arresto di Nino Giuffrè (il 16 aprile del 2002), ha perso una pedina fondamentale. Adesso al vertice, oltre al capo Bernardo Provenzano, restano il palermitano Salvatore Lo Piccolo e il trapanese Matteo Messina Denaro

L’ALLARME DEL PG FAVARA
Se all'interno di Cosa Nostra prevarranno «i fattori di crisi» sulla «strategia di mimetizzazione», vi potrebbe essere la possibilità di «una ripresa di azioni violente contro esponenti delle istituzioni». È l'allarme che il procuratore generaledella Cassazione Francesco Favara ha lanciato nella relazione con la quale ha aperto l'anno giudiziario. Gli affari della mafia, secondo Favara, vanno a gonfie vele: «Proseguono i tradizionali traffici illeciti e la ricerca di inserimenti nel contesto economico e produttivo, mediante il reinvestimento dei proventi in attività legali e la capillare infiltrazione negli appalti».
 
LA STRATEGIA PROVENZANO
In base all’ultimo rapporto della Dia, Provenzano sta costruendo una Cosa nostra a sua immagine e somiglianza, meno incline a ricorrere al delitto per non suscitare allarme, più attenta a eludere le infiltrazioni dei pentiti, impegnata a entrare massicciamente nel mondo degli affari. La mafia tende ad assumere una connotazione di organizzazione snella, formata da un livello di elite con pochi ”uomini d’onore” accuratamente selezionati cui sono affidati gli affari più delicati.

PIZZO, PAGA L’80 PER CENTO DEI COMMERCIANTI
Palermo e Catania si confermano capitali delle estorsioni in Italia. L’80 per cento dei negozianti, in base a una ricerca di Confesercenti, paga il pizzo. Una «tassa» che complessivamente ammonta a 36 mila miliardi l’anno. Il dato viene confermato dal procuratore di Palermo Pietro Grasso, che ha lanciato l’allarme sulla diffusione capillare sul territorio del racket delle estorsioni.

QUATTRO UOMINI AL POTERE
Bernardo Provenzano, il capo ricercato da 38 anni, Matteo Messina Denaro, Antonino Giuffrè e Salvatore Lo Piccolo sono i latitanti che compongono la dirigenza di Cosa nostra. Ma ci sono anche alcuni capimafia detenuti che gestiscono le attività criminali all’interno delle carceri. Provenzano ha costituito un direttorio supersegreto per la gestione dell’organizzazione.

L’ELITE DI COSA NOSTRA
La mafia tende ad assumere una connotazione di organizzazione snella, formata da un livello di elite con pochi ”uomini d’onore” accuratamente selezionati cui sono affidati gli affari più delicati. La gestione di alcune attività criminali sul territorio è sempre più spesso affidata ad elementi esterni. Si fa raro il ricorso alla formale investitura di «uomini d’onore».

COLLABORAZIONI IN CALO 
L’allarme è stato lanciato dal Csm. Nel triennio 1997-2000 il numero dei nuovi pentiti è passato da 238 a 105. Un calo aggravato dal fatto che sono «di più basso profilo» rispetto al passato, con un «indubbio danno» per l'azione di contrasto a Cosa nostra. La decima commissione del Csm ha anche evidenziato la discesa del numero delle proposte di collaborazione accolte nello stesso periodo di tempo: da 193 a 45 (-76,68 per cento).

LA LINEA DELLA DISSOCIAZIONE
Alcuni boss detenuti cercherebbero la linea della dissociazione e di un'apertura di dialogo con lo Stato per evitare i rigori del carcere speciale. Tra i capimafia protagonisti di questa apertura - secondo la Dia - potrebbe esserci anche Salvatore Riina.

IL CASO CALÒ
L’ex cassiere della mafia Pippo Calò ha inviato una lettere ai giudici nella quale annuncia la sua dissociazione e ammette di aver fatto parte di cosa nostra. Un’iniziativa concordata con gli altri boss, secondo i giudici, nel tentativo di smontare il «Teorema Buscetta» che è costato una pioggia di ergastoli ai boss.

SEQUESTRI PER 10 MILA MILIARDI
Negli ultimi otto anni le indagine della procura di Palermo sui patrimoni dei boss hanno portato al sequestro di beni per diecimila miliardi. In tutta Italia, invece, così come annunciato dal ministro della Giustizia Roberto Castelli, sono mille i provvedimenti di confisca.

GLI "STRANIERI" IN ITALIA.
Le organizzazioni criminali straniere si sono radicate in Italia crescendo ed espandendosi fino a trasformarsi in mafie che operano in accordo con la criminalità locale e internazionale. Gli inquirenti puntano il dito soprattutto contro i gruppi albanesi e kosovari. Le associazioni criminali, in generale, sono passate da un'organizzazione per lo più regionale ad una dimensione che ha consentito loro di ignorare le frontiere, diversificando le attività illecite e rinforzando i legami tra i singoli gruppi. una realtà molto variegata che però si integra rapidamente.

COSA NOSTRA SI RIMODELLA
La mafia, indebolita dalle perdite subite, si sta rimodellando superando consolidati principi mafiosi: taglia il personale e ricorre a un numero minore di uomini, sostiene la Dia nella sua relazione semestrale. Ma in base ai dati dell'ultima ricerca dell'Eurispes, la mafia ha nuovamente cominciato a reclutare i giovani. (Relazione semestrale Dia, Giornale di Sicilia, 5 ottobre 2000)

RACKET, PRESSIONE ANCORA FORTE
Il commissario antiracket Tano Grasso denuncia: l'80 per cento dei negozianti palermitani è costretto a pagare il pizzo ma il numero delle denunce continua a essere bassissimo. (Giornale di Sicilia, 29 ottobre 2000)

 

 

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