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Giro91
Tanto per abbaiare
Tanto per abbaiare
di riccardo orioles
20 maggio 2002 - n.127
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Falcone. Nessun popolo ha mai
avuto giudici tanto appassionati e fedeli
quanto il popolo siciliano. Nessuno li ha mai traditi
tanto. Noi
siciliani, che un tempo - nella nostra rozzezza
- non cedevamo ad
alcuno in dignita' e coraggio, oggi ci spintoniamo
l'un con l'altro per
giungere primi a leccare le scarpe dei nemici di
Falcone.
Per questo, fra tante voci di ipocriti e di patteggiatori
che con
commosse parole celebrano l'anniversario di Falcone,
non ci sara' la
nostra. Noi siciliani dovremmo infatti avere in
questo giorno il pudore
- almeno quello - di starcene zitti; o di covare
in silenzio il dolore
e la determinazione.
Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani,
Rocco Di Cillo,
Antonio Montinaro, Paolo Borsellino, Emanuela Loi,
Agostino Catalano,
Walter Cusina, Vincenzo Li Muri e Claudio Traina:
questi nomi -
magistrati famosi e umili soldati - sono l'unica
cosa che un siciliano
possa scrivere oggi, dieci anni dopo, per ricordare
e per continuare.
* * *
Dieci anni dopo la morte di Falcone, mezza Sicilia
e' - come sempre -
in rivolta per l'acqua. L'acqua non mancherebbe,
che' non mancano i
fiumi. Ma la speculazione sull'acqua e' sempre stata
uno dei business
della mafia. Pochi mesi fa, nella diga dell'Ancipa
- la principale -
diversi milioni di metri cubi d'acqua sono stati
scaricati in mare per
il mancato funzionamento di una valvola da dieci
euri.
Questa notizia, che i nostri lettori avevano avuto
tempestivamente, e'
stata a suo tempo ignorata dalla stampa nazionale.
In Sicilia, e' stata
data solo dall'edizione regionale di Repubblica.
Poiche'
quest'edizione, per accordi con l'editore Ciancio,
non viene diffusa a
Catania, ecco che meta' dei siciliani (e tutti gli
altri italiani) sono
stati tenuti all'oscuro di cio' che succedeva alla
loro acqua.
Cosi' come e' stata tenuta sottotono la polemica
fra il governo
regionale e il generale dei carabinieri Jucci, cui
il precedente
governo (di centrosinistra) aveva affidato l'emergenza
acqua. Jucci
aveva lavorato presto e bene, denunciando gli interessi
e proponendo
sanzioni e provvedimenti. I siciliani, pero', avevano
votato
massicciamente per gli esponenti di Berlusconi ("convivere
con la
mafia") i quali, per prima cosa, avevano mandato
a casa Jucci. Anche
Dalla Chiesa, appena arrivato a Palermo, per prima
cosa aveva fatto
censire i pozzi della provincia per mettere in piedi
un
approvvigionamento regolare.
Le proteste dell'ufficiale avevano trovato pochissima
udienza sulla
stampa locale e nazionale. Oggi in meta' delle citta'
siciliane l'acqua
arriva poche ore al giorno, e i contadini sono costretti
a comprarla
dai mafiosi. Il resto sono chiacchiere: i siciliani,
del resto, hanno
diritto di voto e hanno votato - nella loro furbesca
coglionaggine -
per restare all'asciutto.
* * *
Come si stava bene in Sicilia quando c'erano i Cavalieri
(quelli
dell'apocalisse mafiosa), dice l'editorialista del
principale giornale
siciliano, Zermo; e non gli risponde nessuno, salvo
il solito
"ossessionato dalla mafia" Claudio Fava.
Che fesseria in sostanza
l'illusione (dice l'editorialista del principale
giornale italiano,
Merlo) dei "professionisti dell'antimafia"
di cui gia' parlava
Sciascia. Che belli quei vecchi pezzi da novanta
del "Giorno della
Civetta": mafiosi si' ma insomma "uomini
di rispetto" con cui si poteva
dialogare alla pari, guardandosi rispettosamente
negli occhi da baffo a
baffo. E che bella antimafia, quella di Sciascia!
Nobile, attenta al
folklore, elegante nei circoli perbene; nemicissima
dell'illusione (da
"professionisti") che il potere mafioso
si potesse abbattere per
davvero, e tutti insieme.
* * *
Non c'era solo Sciascia in Sicilia, che mori' ricco
e rispettatissimo e
a tarda eta' e nel suo letto. C'erano anche altri
scrittori. Che
morivano poveri, dopo essersi venduti la casa per
fare i loro giornali.
Morivano per la strada, a colpi di pistola. E un'ora
dopo la loro morte
la mafia giornalista cominciava gia' a calunniarli
per cancellarne
anche il ricordo dalla faccia della terra. Anch'essi
avevano qualcosa
da dire, sui mafiosi. Scriveva - per esempio - Giuseppe
Fava:
< Sciascia e' convinto che la mafia sia un sottile
gioco di cervello.
La condizione umana non e' influente: la poverta',
l'ignoranza, il
dolore non entrano nel gioco. In nessuno dei personaggi
di Sciascia,
dietro la violenza, ci sono mai la sofferenza sociale
dell'uomo, il
dolore dell'individuo, la sua disperazione di potere
altrimenti
modificare il destino, e cioe' gli antichi ed immutati
dolori del Sud:
miseria, solitudine, ignoranza.
I personaggi entrano in scena e sono gia' disegnati,
con tutti i loro
abiti indosso, ognuno deve recitare la sua parte
gia' scritta, senza
mai spiegare il perche', essi sono il buono, il
cattivo, l'uccisore, il
testimone, la vittima, senza mai dare spiegazione,
com'e' accaduto: per
quale dolore, ribellione o inganno quel tale sia
nel ruolo di assassino
e l'altro in quello della vittima.
Sciascia non narra mai di grandi passioni sentimentali.
Nel suo
universo la donna, come costante essenziale di tutte
le altre vicende
umane, non esiste. Protagonisti sono i capipopolo
e gli assassini, i
cardinali, i ruffiani, i colonnelli dei carabinieri,
i ministri, i
confidenti di polizia, i teologi, i vicere', gli
accattoni: la donna
mai!
Sciascia non ha un'idea politica precisa. Quasi
certamente e' convinto
che la politica sia un mezzo che la societa' offre
all'uomo per
realizzarsi come individuo, non certo uno strumento
della societa' per
risolvere i suoi problemi. E' una specie di liberale
di sinistra,
politicamente fermo alla Sicilia del dopo Crispi,
nella quale i grandi
problemi della societa' potevano essere risolti
dal superiore talento
di alcuni uomini, mai dalla trascinante violenza
o dalla ribellione e
disperazione delle masse.
Queste grandi forze possono essere utilizzate storicamente
da alcuni
individui, mai essere protagoniste. Anche la politica
dunque non e' uno
scontro dei bisogni popolari dell'umanita', che
non ha percio' cicli
politici in evoluzione, l'uno diverso dall'altro
e determinati da
nuove, profonde necessita' storiche, da un eterno
gioco di poche
intelligenze opposte. >
* * *
Facile fare antimafia alla moda, fra scetticismi
e cerimonie, alla
maniera di Merlo o Sciascia. Facile, e popolare,
perche' non fa male a
nessuno. Difficile invece, e impopolare come poche
altre cose al mondo,
fare antimafia vera e concreta - e dunque potenzialmente
"eversiva" -
seguendo l'insegnamento di uomini come Giuseppe
Fava. Eppure, alla
lunga, l'antimafia difficile fa piu' strada. Con
quale attenzione e
rispetto ascoltavano il nome e le idee di Giuseppe
Fava i ragazzi di
Catania e Palermo ieri, i giovani matematici della
Normale di Parigi o
i liceali del "profondo Veneto" di Valdagno
oggi!
In questi ragazzi, ieri come oggi, c'e' tutta la
speranza che ci fa
respirare. Questione di non disperdersi, di mantenere
il filo, non
mollare. Ma finche' sulla terra ci saranno menti
giovani e cuori non
ancora venduti, la lotta contro i poteri inumani
- fra cui quello
mafioso - non sara' mai chiusa. A queste menti e
cuori vale la pena di
affidarsi fiduciosamente, con serenita'. Un giorno
riusciremo a far
sgorgare l'acqua dai rubinetti di Caltanissetta.
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Mafia 1. Secondo Piero Grasso, procuratore capo
a Palermo, gran parte
degli appalti siciliani sono ancora in mano alla
mafia. "Le indagini
hanno svelato la presenza di un diffuso sistema
di manipolazione
illecita, non riconducibili come in altre regioni
italiane solo a
fenomeni di malcostume".
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Mafia 2. Settantadue testimoni, non mafiosi "pentiti"
ma cittadini che
hanno civilmente collaborato con la giustizia, hanno
scritto a Ciampi
per denunciare la drammatica situazione in cui vivono
da quando lo
stato italiano ha deciso di abbandonarli al loro
destino. "Signor
presidente, in uno stato civile i testimoni non
dovrebbero andare in
esilio", "Perche' chi ha testimoniato
contro i criminali deve vivere
nascondendosi?", "Lo stato non ci tutela",
"Una volta dovetti chiedere
l'elemosina", "Limoni spremuti, dopo un
poco la protezione viene meno".
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Mafia 3. E' possibile che venga prossimamente assassinato
l'avvocato
Guarnera Enzo, da Catania. Questa valutazione si
basa sui seguenti
elementi oggettivi e a conoscenza di tutti:
1) L'avvocato Guarnera e' uno dei pochissimi legali
siciliani che si
siano resi disponibili ad assistere in giudizio
pentiti e dissociati di
mafia. Questo ha concentrato sulla sua persona un
numero assolutamente
inusuale - circa centocinquanta in tutto - di incarichi
giudiziari
molto scomodi per Cosa Nostra. Solo in questo momento,
sta fornendo
assistenza giuridica a trentanove pentiti: altrettante
mine vaganti per
i boss mafiosi, ciascuna delle quali puo' essere
disinnescata (specie
con la nuova legislazione) privando i pentiti del
difensore di cui si
fidano e costringendoli dunque a ritrattare.
2) Almeno uno di questi assistiti ha dichiarato
a Guarnera che "Le
vogliono fare la pelle; se ne vada da Catania".
3) L'avvocato Guarnera e' altresi' uno dei testimoni
nell'inchiesta
mafia-imprenditori di San Giovanni La Punta, di
cui abbiamo riferito in
passato.
4) La scorta dell'avvocato Guarnera gli e' stata
tolta il 20 aprile di
quest'anno. Il ritiro della scorta e' stato disposto
con l'assenso del
prefetto Alberto Di Pace (che non ha ricevuto Guarnera,
che chiedeva di
essere ascoltato) e dei dirigenti della Procura
di Catania (alcuni dei
quali citati nell'inchiesta di cui Guarnera e' testimone).
5) Le misure di protezione di cui l'avvocato Guarnera
attualmente
dispone sono le seguenti:
- un'automobile passa occasionalmente sotto casa
sua ("Ma scusate,
perche' allora non ritirate anche questa?".
"Sa, e' per rassicurare i
condomini");
- i poliziotti gia' membri della sua scorta, in
segno di stima, lo
hanno portato "informalmente" al poligono
di tiro per insegnargli a
sparare.
Tutti questi punti sono perfettamente noti alle
autorita' preposte alla
sicurezza fisica dell'avvocato Guarnera, e in genere
alla tutela
dell'ordine pubblico a Catania e in Italia. Se l'avvocato
Guarnera, a
causa della sua attivita' antimafiosa, venisse assassinato,
le
autorita' di cui sopra non potrebbero pertanto ad
alcun titolo invocare
l'ignoranza della situazione.
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Fiat. Epos abusivo. Le macchine, la Fabbrica, le
ribellioni; Romiti che
alla fine arriva alla testa dei quarantamila crumiri
e salva il regno,
nei lontanissimi Ottanta; congiure shakesperiane
(ancora Romiti, e il
dimenticato Ghirella), tradimenti, battaglie, colpi
di scena; zefiri
goldoniani, con l'Avvocato che sorride alla platea;
e tragedie vere,
quei ponti da cui si uccidono il giovane erede umano
a fine secolo o
l'operaio cassintegrato anni Settanta.
Tutto questo, nel nulla. "Piena di fracasso
e di furia/ significante
nulla".
La Fiat in verita' non era che un'azienda come tante,
di proprieta' di
una sola famiglia come un mulino dell'ottocento
o una coppia di vacche.
Faceva pessime e vecchie macchine, che si vendevano
molto poco in
Europa, e si vendevano in Italia solo perche' lo
stato, come per le
Trabant, le finanziava.
Non c'e' nessun mistero, nella caduta. E' morto
Cuccia, il salva-Fiat
di Corte, e in capo a un paio d'anni la Fiat non
c'e' piu'. Sabaudi
fino in fondo: quotano Ferrari in Borsa, per far
grana; e nello stesso
momento (son nati nei bulloni e nei cavalli, loro,
mica nel marketing)
buttano al cesso l'immagine idilliaca del prodotto
con la pubblica
truffa di Schumacher. Persuasi che la Ferrari sia
ancora un oggetto di
metallo e benzina e non invece, come tutti ormai
sanno, un ologramma 3D
da manga giapponese.
Va bene. Particolari da conservare: l'ultimo primo
ministro,
Cantarella, era siciliano: come dire, a suo tempo,
quasi negro; il
vecchio, colle ultime forze, era riuscito ad agguantare
uno scudetto di
calcio e ne era infantilmente fiero; contemporaneamente,
nella prima
afa romana, i politici sdoganavano sottobanco i
sabaudi prima serie, i
Savoia. Meglio riusciti, alla fine, i napoletani.
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L'ora di religione. Alcuni leghisti piu' puri, per
contrastare
l'imborghesimento del loro leader (che ora s'e'
fatto cattolico e vuole
il crocifisso) hanno proposto invece di esporre
alla venerazione degli
studenti, nelle aule della Padania, il dio Po: in
bottiglie da minerale
da mezzo litro, da appendersi sopra la cattedra
fra il ciampi e (visto
che Bossi ci tiene) il crocifisso.
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Il cuore oltre l'ostacolo. Veramente non sarebbe
proprio il cuore ma
un'altra cosa quella che alcuni universitari romagnoli
hanno ritenuto
opportuno di sacrificare al professore in cambio
della promozione
all'esame. Un episodio analogo, un paio di mesi
prima, si era svolto in
termini piu' tradizionali, fra "normali"
studentesse e professore.
Siamo merce, no?
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Parigi. Un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro
erano stati creati
negli anni successivi all'introduzione delle trentacinque
ore. Le
trentacinque ore verranno ora abolite al nuovo governo,
minoritario ma
al potere grazie alle divisioni della sinistra.
In Italia, le ultime -
e poco pubblicizzate - rilevazioni danno un calo
del 4,1 per cento
(mese febbraio) nel settore industria, con una perdita
di circa
trentaduemila posti di lavoro: il dato peggiore
dal '95.
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Londra. Sei morti nel tradizionale deragliamento
di fine settimana,
ormai un'istituzione dei trasporti britannici da
quando sono state
privatizzate le ferrovie. Visibilita' perfetta,
nessun errore umano,
l'incidente viene unanimemente attribuito alle pessime
condizioni del
materiale rotabile e della manutenzione. Dopo gli
spaventosi incidenti
di due anni fa (trenta morti) e dell'anno scorso
(dieci morti e 76
feriti) il governo aveva promesso inchieste e minacciato
sanzioni alle
ditte che risparmiano sui binari. Quest'anno, poiche'
il numero dei
pendolari distrutti risulta tutto sommato ridotto,
non ha fatto nemeno
quello.
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Cambridge. I fanatici islamici hanno insegnato parecchio
a quelli
"occidentali", ma ancora ci mancava un
caso Rushdie. Ci ha pensato il
famoso attore americano John Malkovich, in una conferenza
ufficiale nel
cuore culturale d'Inghilterra: "Bisogna sparare
a Robert Fisk - ha
detto - E' un amico di Saddam e contesta la nostra
politica in Medio
Oriente". Fisk, inviato di guerra da molti
anni per conto
dell'Indipendent, si e' dichiarato perplesso ed
anche - data la
popolarita' di Malkovitch - preoccupato.
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Roma. Cerimonia per i tre anni di presidenza di
Carlo Azeglio Ciampi.
Un reparto di uniformi di corazzieri (senza corazzieri
dentro) ha
presentato le armi, gli ottoni della banda dei carabinieri
(senza
carabinieri) hanno suonato l'inno, la folla sulla
piazza (in cui non
c'era nessuno) ha applaudito, il portone del Quirinale
(senza che si
vedessero guardaportoni) s'e' aperto, e infine dal
palazzo e' uscito,
sorridendo e salutando, nessuno.
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Kabul. Salto di qualita' nella guerra fra i vari
capi tribali (fino a
pochi mesi fa presentati come responsabili, moderati
e filooccidentali)
che controllano le singole regioni del paese. Dai
bazooka delle prime
settimane dopo l'occidentalizzazione si e' ora passati
all'uso
massiccio di missili, una scarica dei quali ha messo
fuori uso
l'aeroporto di Jalalabad, uno dei pochi rimasti
nel paese. Le notizie
sugli scontri post-talebani non vengono in genere
riferite dalla stampa
italiana.
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Olimpia. Bronzo agli azzurri nel Campionato Mondiale
di Concussione
organizzato da Transparency International, una fondazione
multinazionale che si occupa di monitorare episodi
e trend di
corruzione politico-imprenditoriale nel mondo. I
responsabili della
Fondazione si sono detti schifati dai pessimi risultati
conseguiti da
australiani, svedesi, svizzeri, austriaci e canadesi:
"Non sarebbero
capaci di rubare le caramelle a un bambino".
Apprezzabili invece le
performances di Hong Kong, Malaysia e Giappone.
Entusiasmante quella
dei russi (la squadra sovietica e' salita sul podio
con la medaglia
d'oro) e degli outsider sud-coreani, la cui insospettata
dinamicita'
(non e' la prima volta: ricordate Pak-doo-ik?) ci
ha strappato una
medaglia d'argento che avremmo tutto sommato meritato
di vincere per
capacita', impegno e preparazione.
"Ci rifaremo l'anno prossimo - ha detto il
C.T. degli azzurri -
L'Italia merita un posto adeguato alla sua storia,
e noi in questo
sport non siamo mai stati secondi a nessuno. Solo
da pochi anni la
Russia e' riuscita a mettere in discussione la nostra
tradizionale
egemonia, e la sconfitta con la Corea e' solo un
infortunio passeggero
che sapremo recuperare".
Forza, ragazzi. Qui Olimpia e' tutto, a voi studio.
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Giuseppe (vedi lettera di Lea precedente) wrote:
< Desidero innanzitutto ringraziare
Lea per le chiarificazioni che ha
avuto la forza di fare, nonostante il probabile
peso dell'offesa che ha
sentito nella mia precente email. Vorrei aggiungere
qualche piccola ma
importante puntualizzazione, presente anche nella
precedente mail, ma
purtroppo persa nella citazione di Orioles.
> Quanto a me, ha ragione signor Giuseppe.
Non mi trovo in compagnia
> solo di ebrei. Ma persino del reverendo Martin
Luther King, che
> scrisse a gente come lei: "Dite che
non siete antisemiti e che siete
> solo antisionisti. E io vi rispondo: Dite
la verita'. Che cos'e'
> l'antisionismo? E' il rifiuto di riconoscere
al popolo ebraico un
> diritto fondamentale, lo stesso che invece
si riconosce a tutti gli
> altri popoli dell'Africa e dell'Asia
Ad eccezione ovviamente dei Kurdi, nonche' di
parecchie etnie aborigene
in Africa, i cui nomi non sono talvolta nemmeno
noti. Nonche' di alcuni
popoli europei come i baschi, o i celti in Galles,
o i bretoni. E le
varie etnie spazzate via, spesso senza lasciare
traccia, sotto
l'ingerenza e la "comunistizzazione"
dell'URSS (quanti di voi sanno
cosa e' un Komi?)
Cosa differenzia gli ebrei da tutti gli altri?
Trovo a questo una sola
risposta: l'essere stati il popolo vittima dell'Olocausto
- che a
differenza degli altri sterminii etnici ha il
"vantaggio" di essere
stato "pubblicizzato" (mi scusi, Lea,
se ne parlo in maniera cosi'
fredda; non l'ho vissuto in prima persona, ne'
parenti miei hanno
subito nulla del genere; non ci sono Primo Levi
nella mia famiglia).
Non molta gente sa che in Viet-Nam sono morti
tanti civili quanti ebrei
nei campi di concentramento nazisti (oh, in maniera
incomparabilmente
meno atroce, certo!). Sottovoce, pero', come i
milioni di persone
scomparse nelle dittature sudamericane. Quando
quattromila persone
spariscono pero' in un attentato a due grattacieli,
in maniera evidente
e plateale, una nazione si puo' arrogare il diritto
di ridurre un
polvere un'altra nazione gia' precedentemente
ridotta in macerie.
Nessuno ha mai proposto di bombardare gli USA,
pero'.
> Il poeta Paul Celan, signor Giuseppe, spezzo'
la sua dolorosa
> resistenza al ricordo di Auschwitz uccidendosi.
E scrisse prima di
> morire: "Sion, fuggiamo da te e tu ci
rincorri, poiche' siamo i tuoi
> figli". Non riconoscere ai figli e alle
figlie di Sion il loro
> diritto di esistere come nazione, e' la stessa
cosa che non
> riconoscere all'ebreo il suo diritto di esistere
come diverso, signor
> Giuseppe.
Un ebreo non ha piu' diritto di un kurdo. Non
di meno, ma non di piu'.
Ma tutto il discorso e' puramente accademico.
Lo Stato di Israele e'
stato fondato, e pertanto ha, in quanto tale,
diritto ad esistere.
La cosa che mi dispiace soprattutto (per Lea,
e per tutti gli ebrei) e'
che un fascista sanguinario come Sharon possa
usare il proprio essere
ebreo in difesa delle proprie azioni, tacciando
chiunque lo critichi di
antisemitismo. E' un po' come uno che si deve
vergognare di essere
comunista per via dell'URSS e della Cina e di
Bertinotti, o di essere
socialista per via di Craxi, o di essere italiano
per via di
Berlusconi. Solo che molto peggio.
Non so perche', ma accusare gli antisionisti di
antisemitismo mi sembra
come eguagliare i socialistI ai fascisti, o il
comunismo all'Unione
Sovietica. Io, quando devo pensare al comunismo,
penso ai kibbutzim.
Che tra l'altro avevo gia' citato nell'altra email,
Lea, mi dispiace
che una parte cruciale dell'altro mio messaggio
sia andata perduta,
perche' ha generato piu' malintesi del dovuto
- per questo spero che
Riccardo abbia stavolta il buon senso di inoltrare
per intero i miei
messaggi. O che mi dia il tuo indirizzo email
affinche' possa farlo io,
ammesso che ti fidi di uno stupido ignorante antimperialista
antisemita. >
* * *
Nota: Mi scuso con Giuseppe e Lea per aver condensato
i loro messaggi:
tecnicamente, la Catena non puo' supportare piu'
di un certo numero di
caratteri. Chiedo loro il permesso di metterli
in contatto direttamente
fra loro (per motivi di privacy non do' mai indirizzi
email in
pubblico) e li prego di continuare anche sulla
Catena il loro
dibattito, che e' drammaticamente vitale. (r.o.)
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Mimmo Lombezzi wrote:
< La proposta di "silenziare" Biagi,
Santoro, Mannoni e Vespa durante
le amministrative (e magari anche dopo, tranne
Vespa) ha fatto
insorgere Comunisti, Criptocomunisti e giornali
stranieri insufflati
dai Comunisti (come "l'Ecomunist") ma
bastano tre argomenti a zittire
la canea :
1) l'aver "silenziato" (cioe' non trasmesso)
il filmato di Rai2 sugli
scontri del G8 ha sicuramente contribuito a rasserenare
gli animi
2) idem per l'ultima intervista a Borsellino,
trasmessa 6 anni dopo.
3) la televisione di stato durante le elezioni
dovrebbe trasmettere
soprattutto inni nazionali per responsabilizzare
e partite (anche
vecchie) per rasserenare la gente tranquillamente
seduta in casa. >
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Simonide<sikelianoi@eleutheros.el> wrote:
< Se passi per Palermo, ricorda
ai siciliani
che noi cademmo qui, obbedienti alle leggi. >
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Per collaborare a questa e-zine, o per criticarla
o anche semplicemente
per liberarsene, basta scrivere a ricc@libero.it
-- Fa' girare.
"A che serve vivere, se non c'e' il coraggio
di lottare?" (Giuseppe
Fava)
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