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Giro89 Movimento
I giornalisti del "Corriere" temono l'abbraccio mortale del premier
di Roberto Rossi, da L'Unità online, 2 maggio 2002

Verso le 12.00 uno dei «servi della Procura» prende la parola. Ha la cravatta rossa male allacciata e poca dimistichezza con assemblee societarie. Nella sala dove si discute il bilancio della Holding di Partecipazioni Industriali spa - la società che controlla il 100% della Rcs e, conseguentemente, il Corriere della Sera - di conti non parla. Parla invece di libertà di parola e di scrittura.
Il «servo della Procura» altro non è che Raffaele Fiengo, membro del comitato di redazione del Corriere della Sera. Un sindacalista di lunga data tra le mura del quotidiano di via Solferino. La citazione è sua e serve a descrivere il clima che si respira tra i piani alti del primo quotidiano d'Italia. Un clima fatto di pressioni e interferenze che «ogni giorno si fanno sempre più forti».
«Le pressioni - ha detto Fiengo leggendo degli appunti scritti a mano - trovano resistenza nell'orgoglio dei 360 giornalisti e dei 1.000 collaboratori. I commenti e gli articoli di fondo del giornale non sono certo contro il governo Berlusconi, ma noi abbiamo il principio di non nascondere nulla, anche ciò che non è gradito a Palazzo Chigi. Non potevo immaginare - ha affermato davanti agli azionisti di HdP - le proteste quando pubblichiamo articoli sgraditi alla presidenza del Consiglio e le telefonate ingiuriose di personaggi inquisiti. Hanno detto alla direzione che siamo "servi della Procura"».
Ma perché Fiengo - intervenuto assieme a Ivo Caizzi altro membro del Cdr - ha alzato la voce proprio davanti all'assemblea degli azionisti di controllo della società? «Si legge che il patto di sindacato - ha fatto presente Fiengo - si aprirà a uomini vicini al presidente del Consiglio. Come amministratori avete il dovere di agire non solo nell'interesse monetario, non siete estranei a quanto sta avvenendo, chiediamo che la libertà del Corriere non sia intaccata».
Fiengo non lo nomina, ma è implicito il riferimento a Salvatore Ligresti - imprenditore siciliano specializzato in costruzioni e assicurazioni (Sai, parte di Fondiaria) - amico e sodale del nostro presidente del Consiglio da lungo tempo. Ligresti, socio della holding con un 4,8%, potrebbe entrare presto all'interno del patto di sindacato della società - un accordo parasociale fra i principali azionisti per il controllo della società - in scadenza il prossimo 18 maggio. Un ingresso gradito all'inquilino di Palazzo Chigi, il quale potrebbe anche ricambiare con una modifica della legge che regola l'editoria (che, per la sola carta stampata, impedisce a un soggetto di avere più del 20% del mercato nazionale).
Un'ipotesi che l'amministratore delegato della società, Maurizio Romiti, ritiene auspicabile «perchè ci permetterà di operare in condizioni di parità con gli altri gruppi europei». E che, in un certo senso, la sta rendendo operativa attraverso l'accordo con la Poligrafici Editoriale (società che stampa Il Giorno, Il Resto del Carlino e la Nazione). Una società di cui Hdp possiede il 7% circa delle azioni, ma presto salirà al 10%, comprate a peso d'oro (quasi il triplo del valore di mercato).
L'appello di Fiengo non è passato sottotraccia. Lo stesso Romiti ha fornito una delle prime rassicurazioni. «Credo che quello che è avvenuto nel corso dell'ultimo anno - ha detto Romiti - sia la dimostrazione di quanto i soci tengano fortissimamente all'indipendenza del quotidiano. Il Corriere ha deciso di parlare degli azionisti di Hdp senza peli sulla lingua, di scrivere cose condivisibili o no, anche sgradevoli, ma nessuno ha mai pensato di fermare la penna, di chiedere al direttore di cambiare la linea».
L'intervento di Fiengo ha seguito di pochi giorni un'altra dichiarazione che ha lasciato il segno. Quella di Cesare Romiti, padre di Maurizio nonché presidente della Rizzoli Corriere della Sera. «Mi sembra di vedere una voglia di limitare la libertà - aveva detto Romiti qualche giorno fa - di non permettere che ciascuno possa esprimere quello che pensa con tutta la libertà che dovrebbe essere consentita». Allora eravamo sulla scia del caso Santoro-Biagi-Luttazzi. In molti lo avevano legato a quel fatto fatto. Alla luce di quanto detto quei giorni, l'intervento di Fiengo fa assumere alla vicenda un contorno più netto.

 

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