segnali dalle città invisibili
  Giro88 Palestina aprile 2002
Parlano i soldati israeliani

Il testo seguente è la traduzione di una sottoscrizione firmata da molti soldati Israeliani che dichiarano il loro rifiuto a future partecipazioni ad azioni militari nei Territori Occupati, che ritengono azioni illegittime ed immorali. Credo sia importante far conoscere la loro posizione, e sapere della loro esistenza, sono persone che sono state più volte sul fronte ed hanno vissuto in prima persona gli orrori di questa guerra. Ora dicono basta, condannano le azioni militari nei Territori, e si rifiutano di prenderne parte. Rischiano tutti dei processi e condanne militari, alcuni sono già stati condannati. La loro è una presa di posizione importante per il processo di pace, e credo sia importantissimo che l'opinione pubblica sia a conoscenza della loro esistenza, perché non siano soli in questo momento sicuramente difficile.
Seguono alcuni articoli tratti dallo stesso sito, storie raccontate da alcuni tra i più di duecento e cinquanta (a oggi 16 Marzo 2002) soldati che hanno sottoscritto questa dichiarazione.
Giorgio Galizia
Nota: testo tratto dal sito www.seruv.org.il/defaultEng.asp

TRADUZIONE A CURA DI GIORGIO GALIZIA
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DICHIARAZIONE
Noi, ufficiali e soldati riserve di combattimento della Forza per la Difesa di Israele, che siamo cresciuti con i principi del Sionismo, del sacrificio e del dono per il popolo di Israele e per lo stato di Israele, che abbiamo sempre servito in prima linea, e che eravamo i primi a portare a termine qualsiasi missione, leggera o pesante, con il fine di proteggere e rinforzare lo stato di Israele.
Noi, ufficiali e soldati di combattimento che abbiamo servito lo stato di Israele per molte settimane ogni anno, nonostante il caro prezzo alle nostre vite private, che abbiamo servito come riservisti in tutti i Territori Occupati, e abbiamo ricevuto ordini e direttive che non avevano niente a che vedere con la sicurezza della nostra nazione, ma che avevano il solo fine di mantenere il nostro controllo sul popolo Palestinese. Noi, che abbiamo visto con i nostri occhi il prezzo di sangue che questa Occupazione esige da entrambi i lati.
Noi, che avvertiamo come gli ordini ricevuti nei Territori distruggano tutti i valori che abbiamo assorbito crescendo in questa Nazione.
Noi, che ora comprendiamo che il prezzo dell'Occupazione è la perdita dell' umanità dell'IDF (Forza per la Difesa di Israele) e la corruzione dell' intera società israeliana.
Noi, che sappiamo che i Territori non sono Israele, e che gli insediamenti sono destinati infine ad essere evacuati.
Noi qui dichiariamo che non combatteremo più questa Guerra degli Insediamenti.
Noi non dobbiamo continuare a combattere oltre i confini del 1967, con il fine di dominare, espellere, affamare e umiliare un popolo intero.
Noi qui dichiariamo che continueremo il servizio nella Forza per la Difesa di Israele in ogni missione che serva alla difesa di Israele.
Le missioni di occupazione e oppressione non servono a questo scopo - e non avremo parte alcuna in esse.
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Questi sono articoli che sono stati scritti da alcuni di questi soldati che hanno sottoscritto la precedente dichiarazione. Troverete il testo originale Inglese sul sito indicato in precedenza, assieme all'originale Ebraico.
Primo articolo:
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Come ufficiale combattente per la Forza per la Difesa di Israele, ho prestato servizio in tutto il West Bank e nella striscia di Gaza. Non sono naif. A volte devi uccidere per sopravvivere. Nel nome dello stato di Israele, ho inseguito bambini che mi tiravano pietre. Ho pattugliato le vie dei campi di rifugiati. Ho picchiato su porte di latta nel mezzo della notte. Ho cercato testi sovversivi tra i materassi e le coperte. Ho sentito piangere bambini. Ho buttato giù la gente dal letto per fargli cancellare slogan dai muri. Ho fatto rispettare il coprifuoco. Ho combattuto contro bandiere palestinesi appese ai pali della luce. Ho fermato veicoli. Ho confiscato carte di identità. Ho trasferito detenuti ammanettati nel retro della mia jeep. Ho sparato ai rivoltosi. Ho fermato centinaia di macchine ai posti di blocco. Ho piazzato un posto di osservazione sul tetto di un negozio di torte sulla strada principale di Gaza. L'occupazione è la routine. Giorno dopo giorno. Ora dopo ora.
Per trentacinque anni.
Io credevo che fosse una guerra "senza scelta". Dopo tutto, abbiamo rivoltato ogni pietra nella nostra ricerca della pace.
Abbiamo costruito più di 100 colonie. Vi abbiamo installato 200.000 persone. Abbiamo perso combattenti, bambini, madri. Tutto per la sicurezza dello stato. Per la pace. Per fermare il prossimo attentatore suicida. Per 35 anni una bandiera nera sventolava orgogliosa sui nostri capi, ma ci siamo rifiutati di vederla.
Mai più.
Capitano (res.) Itai Haviv
[nota alla traduzione: "la bandiera nera" è un riferimento alla famosa sentenza di una corte israeliana in seguito al massacro del 1965 a Kafr Qasm. In questa sentenza i giudici dissero che ogni soldato ha il diritto e l'obbligo di rifiutare ordini chiaramente illegali, sui quali "sventola una bandiera nera". Nei passati 45 anni neanche un soldato è stato protetto da una corte militare per essersi rifiutato di eseguire un ordine perché era un ordine "bandiera nera"].
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Secondo articolo:
Quella notte ero un po' ubriaco. Eravamo tutti lì, a bere alla salute di Daniel che era venuto fin dalla Francia e aveva giurato l'aliyah per poter servire fedelmente il Paese, l'esercito e Tali, la ragazza, assistente sociale militare.
Abbiamo stappato un Johnny Walker che Tali aveva ricevuto da suo fratello, e stavamo ascoltando i Doors, mentre fumavamo un po' di hashish. Non puoi essere un vero soldato dei Nahal Corps senza bere Johnny Walker, ascoltare i Doors, o fumare hashish. E i più speciali utilizzano tutti e tre. Eravamo appena tornati dal Libano, e dopo una settimana di R&R siamo stati spediti direttamente nei Territori, a Gaza.
Non c'è un altro posto come Gaza. Con il suo mare azzurro e dell'eccellente hummus che, anche se gli aggiungi una tonnellata di pane Pita, olive schiacciate e patatine fritte, non ti costerà più di 10 shekels, anzi avrete ancora il resto. Lasciate che vi parli di queste Olive di Gaza. Prima di tutto, sono le più amare del mondo. La gente di Gaza dice che le olive prendono il loro amaro dalla vita nella striscia di Gaza. Dalla pressione della nostra occupazione, e di quella prima, e di quella prima di quella. E le olive non sono solamente amare, possono anche farti impazzire tanto sono salate. E questo dipende dalle lacrime delle donne di Gaza. Le lacrime che versano negli oliveti passano tramite le radici nelle olive.
Le donne di Gaza sono state le vere eroine. Mentre gli uomini erano occupati a coltivare le miserie della vita, e cercavano un modo per liberarsi da questa o da quella occupazione, le donne si curavano dei figli, preparavano il cibo e lavoravano nei campi. Era nei campi che avevano i momenti migliori. In solitudine piangevano per i loro giovani e per i loro sogni; per i figli uccisi o mandati in prigione, o per i figli che sarebbero stati uccisi o mandati in prigione.
E le olive - loro assorbivano tutto, e - al contrario di come potrebbe sembrare - hanno un ottimo sapore e vanno benissimo con il whisky. Improvvisamente pensai a mia madre che non dorme la notte.
Ho provato a spiegarle che non facevamo altro che bere whisky e mangiare olive schiacciate. Ma lei non mi credeva, mia madre, e cominciava a piangere.
Diceva di aver paura. Che faceva brutti sogni. La mamma e i suoi sogni. Le ho detto di non preoccuparsi e di non piangere, perché se piangeva l'acqua nell'acquedotto di Israele sarebbe diventata salata, e sarebbe stata colpa sua. E questo che è successo a Gaza, ed è per questo che sono oppressi e occupati. Ma non servì a niente, non c'è nessuno come mamma.
Tali disse che Jim Morrison era il re e incominciò a ballare. Era bellissima, Tali! Con i suoi modi diretti e la sua pancia piatta e il suo seno con i capezzoli dritti come due colline nella prateria. Daniel cominciò a ballare con lei e si baciarono. Io me ne stavo seduto e pensavo a Daniel, che era una vittima della vita. Un essere umano la cui vita si era incasinata e nessuno ci stava facendo attenzione.
La settimana scorsa, durante la dimostrazione vicino alla moschea verde, Daniel ha sparato accidentalmente alcuni colpi nella folla e una donna incinta di Gaza rimase uccisa. Io corsi da lei, cercando di portarle aiuto, ma stava già morendo. Mi mandò uno sguardo triste, aveva gli occhi gonfi di lacrime. Aveva una pancia di 5 mesi, e sapevo che aveva perso il bambino. Sanguinava abbondantemente dall'addome e mi ci volle un po' ad inserirle la IV e cominciare la trasfusione.
E' morta alle 6 pm. Roni, il dottore militare, e io abbiamo cominciato a piangere. Manny, l'autista, borbottava che era solo un araba. Morta, e allora? Ma anche lui era triste, e si vedeva che stava avendo un brutto momento. Gli ho dato un bacio sulla fronte e gli ho detto di andare al quartier generale. Nessuno disse una sola parola a Daniel.
Ci fu un'inchiesta e fu stabilito che era stato un incidente. Un proiettile vagante. Ma nessuno parlò a Daniel. Dissi a Roni che Daniel aveva bisogno di un periodo di pausa, che dovevamo parlargli, che mi sembrava strano. Ma Roni era occupato e noi tutti eravamo occupati: ci furono altre dimostrazioni e altra gente venne uccisa e mi sentivo come se stessi impazzendo. Ci hanno insegnato a sparare con i nostri fucili, a fare imboscate, saltare da un aereo, portare i nostri equipaggiamenti, correre, cadere, correre di nuovo. Si sono dimenticati di insegnarci a parlare, piangere, perdonarci. Daniel guardò Tali, le diede un altro bacio, e disse che usciva un attimo a pisciare.
Gli ho chiesto se voleva compagnia. No, mi ha detto, stai qui e tieni d' occhio Tali per me. Sono rimasto con Tali.
Un minuto dopo, abbiamo sentito un colpo.
Tal Belo
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Terzo articolo:
Il 5 febbraio 1985, mi sono alzato ho lasciato casa mia, sono andato al Centro di Servizio Obbligatorio su Rashi Street a Gerusalemme, ho detto addio ai miei genitori, sono salito a bordo del vecchio pulmino sgangherato che andava alla Stazione di Incorporazione Militare e sono diventato un soldato.
Esattamente 17 anni più tardi, mi ritrovo in uno scontro testa a testa con l 'esercito, mentre la maggior parte della gente intorno mi beffeggia e deride. Quelli di Destra mi vedono come un traditore che sta sfuggendo alla guerra santa che è qui dietro l'angolo. Il Centro politico mi punta il dito ipocritamente e mi incolpa di minare la democrazia e politicizzare l' esercito. E la Sinistra? La giusta, stabile Sinistra "moderata" che solo ieri mi corteggiava per il mio voto ora mi volta le spalle. Tutti blaterano su cosa sia o non sia legittimo, rivelando nel procedere la profondità della loro ignoranza di teoria politica e la loro incapacità di distinguere una vera democrazia da un regime da terzo mondo sullo stile di Juan Peron.
Quasi nessuno chiede la cosa più importante: perché un tizio qualunque, nel mezzo della vita, lavoro, bambini si alza una mattina e decide che non ci sta più a giocare quel gioco? E come mai non è l'unico, ma ci sono cinquanta, scusate, cento. scusate ancora, adesso quasi duecento tizi qualunque come lui che hanno fatto la stessa cosa?
La generazione dei nostri padri singhiozza: li abbiamo nuovamente imbarazzati. Ma non è forse tutta colpa vostra? Su cosa ci avete cresciuti? L'etica universale e la giustizia universale, da un lato: pace, uguaglianza e libertà per tutti. E dall'altra: "gli Arabi vogliono gettarci a mare", "Sono tutti furbi e primitivi. Non puoi fidarti". In una mano le canzoni di John Lennon, Pete Seeger, Bob Dylan, Bob Marley, i Pink Floyd. Canzoni di pace e amore, contro il militarismo e la guerra.
Nell'altra mano, canzoni su una ragazza a bordo di un carro armato dopo il tramonto sul campo: ".Il carro è tuo e tu sei nostra." [ allusione a una canzone popolare israeliana].
Io sono stato cresciuto con due sistemi di valori: uno era il codice etico, e l'altro quello tribale. E non ho mai creduto potessero coesistere.
Così ero quando sono stato chiamato per il servizio militare. Non entusiasta, ma come se stessi partendo per una sacra missione di coraggio e sacrificio per il bene della società. Ma quando, invece di una sacra missione, un ragazzo di 19 anni si ritrova a commettere il sacrilegio di violare la dignità e la libertà di esseri umani, non osa chiedere- neanche a se stesso- se sia OK oppure no .
Cerca semplicemente di comportarsi come tutti gli altri, e cerca di integrarsi. Gia così ha abbastanza problemi, e, ragazzi, quant'è lontano il weekend.
Ti ci abitui in fretta, e molti imparano anche ad apprezzarlo. Dove mai puoi andare in pattuglia - il che vuol dire camminare nelle strade come un re, importunare e umiliare i pedoni come più ti piace, e far birichinate con i tuoi compagnoni - e al tempo stesso sentirti come un grande eroe che difende la sua patria? Le imprese di Gaza sono diventate racconti eroici, una fonte di orgoglio per Giv'ati, allora un brigata piuttosto nuova che soffriva di poca autostima.
Per molto tempo non riuscivo a comprendere l'intera faccenda dell'
 "eroismo". Ma poi, da sergente, mi sono ritrovato in carica, e qualcosa si è rotto dentro di me. Senza pensare, sono diventato il perfetto impositore dell'occupazione. Ho chiuso la questione con pivellini che non dimostravano abbastanza rispetto. Ho strappato i documenti di identità di uomini dell'età di mio padre. Ho colpito, molestato, sono servito da cattivo esempio - tutto questo nella città di Kalkilia, a nemmeno 5 km dalla casa-dolce-casa dei miei nonni. No. Non ero l'aberrazione, ero esattamente la norma.
Avendo finito il servizio militare obbligatorio, sono stato congedato. E poi è cominciata la prima Intifada (quante ancora ce ne spettano?). Ofer, un camerata che era rimasto nell'esercito diventò un eroe: l'eroe del secondo processo di Giv'ati. Comandava una compagnia che trascinò un detenuto dimostrante palestinese in un aranceto e lo picchiò a morte. Come disse il verdetto, Ofer fu considerato il colpevole e responsabile in capo della faccenda. Passò due mesi in carcere e fu degradato - credo che quella fu la condanna più severa data ad un soldato Israeliano durante tutta la prima Intifada, nella quale circa un migliaio di palestinesi furono uccisi. Il comandante di battaglione di Ofer testimoniò che c'era un ordine dalle alte sfere di usare i pestaggi come legittimo metodo di punizione, coinvolgendosi così nella faccenda. D'altro canto Efi Itam, il comandante di brigata, che era stato visto picchiare gli arabi in svariate occasioni, negò di aver mai dato un simile ordine, e così non venne mai indagato. Oggi ci da lezioni sulla condotta morale, sulla sua strada di una nuova carriera in politica. (nella presente Intifada, accidentalmente, la maggior parte degli incidenti che coinvolgono la morte di Palestinesi non vengono nemmeno investigati. A nessuno importa).
E nel frattempo, stavo diventando sempre di più un civile. Mi capitò per le mani una copia di "The Yellow Wind" (Il Vento Giallo)[un libro sulla vita nei Territori Occupati, dello scrittore israeliano David Grossman, disponibile in Inglese] che era appena uscito. Lo lessi, e mi colpì all' improvviso. Finalmente capii cosa avevo fatto laggiù.
Cominciai a vedere che mi avevano ingannato: Mi hanno insegnato a credere che c'era qualcuno lassù che si occupava delle cose. Qualcuno che sa "cose" che sono più grandi di me, il piccolo uomo. E che anche se a volte i politici ci deludono, le "sfere militari" sono sempre in guardia, giorno e notte, tenendoci al sicuro, ogni singola loro decisione il risultato della sacra necessità. Si, ci hanno ingannati, i soldati delle Intifada; esattamente così come avevano ingannato la generazione che fu fatta a pezzetti nella guerra di Attrition e nella guerra dello Yom e Kippur, esattamente come avevano ingannato la generazione che sprofondò pesantemente nei fanghi libanesi durante l'invasione del Libano. E la generazione dei nostri genitori continua a tacere.
Ancora peggio, capii che ero cresciuto con due sistemi di valori opposti. Credo che la maggior parte della gente capisca già in tenera età che deve decidere tra due sistemi di valori: uno astratto, faticoso, che non è per niente divertente e molto difficile da verificare, e un altro che ti chiama da ogni parte, che determina chi è su e chi è giù, chi è re e chi è pariah, chi è uno di noi e chi è nostro nemico. Contrariamente al buon senso comune, io ho scelto il primo. E siccome in questo paese l'analisi del costo-beneficio che paragona un sistema all'altro è così sbilenca, non posso criticare quelli che scelgono il secondo.
Ho scelto la prima strada, e mi sono trovato come volontario in un piccolo ufficio pieno di fumo in Est Gerusalemme, a scovare cartelle su morti, brutalità, vizi burocratici o semplici molestie quotidiane. Mi sentii che stavo rimediando, almeno in parte, alle mie azioni dei giorni nella brigata Giv'ati. Ma mi sembrava anche come se stessi cercando di svuotare l'oceano con un cucchiaino.
Un bel giorno fui richiamato per la prima volta per doveri di riservista nei Territori Occupati.
Con isteria contattai il comandante della mia compagnia. Mi calmò: staremo solo in un avamposto al di sopra del fiume Giordano. Non ci aspettiamo contatti con la popolazione locale. E fu davvero quello che feci, ma alcuni dei miei amici provvedevano alla sicurezza per il terminal del Ponte Damia [dove i Palestinesi attraversano dalla Giordania a Israele e viceversa]. Questi erano i giorni prima della Guerra del Golfo e una gran parte di rifugiati Palestinesi arrivavano dal Kuwait ai Territori Occupati (dalla padella alla brace). I soldati riservisti - in gran parte di Destra - rimasero sconcertati nel vedere le loro commilitoni donne di stanza nel terminal strappare felicemente coperte e cappotti dei bambini per assicurarsi che non contenessero esplosivo. Anche io ero sconcertato nel sentire le loro storie, ma ero anche speranzoso: i soldati riservisti sono esseri umani dopotutto, qualunque siano le loro idee politiche.
Queste speranze furono infrante tre anni più tardi, quando passai tre settimane con una celebrata compagnia di ricognizione nelle rovine confiscate di una Villa ai confini con l'Abasans.
Qui capii che lo stesso riservista umano poteva trasformarsi in un orrendo macho meschino e regredire completamente ai suoi giorni di giovane coscritto. Gia durante il tragitto sul bus verso la striscia di Gaza, i soldati competevano tra loro su quale dei loro "eroici" racconti di pestaggi omicidi durante l'Intifada fosse il migliore (nel caso non aveste colto il
punto: i pestaggi erano davvero omicidi, pestavano a morte). Andare in pattuglia con questi una sola volta era il massimo che potevo tollerare. Andai dall'ufficiale di collocamento e richiesi di fare solo compiti di guardia. Agli ufficiali di collocamento piacciono quelli come me, la maggior parte dei soldati non sopporta di stare più di due ore nella base.
Così incominciò la nauseante e vergognosa routine, una routine che durò tre turni da riservista nei Territori Occupati: 1993, 1995, e 1997. La "grigio-pallida" routine del rifiuto. Per molte settimane di seguito mi trasformavo in un eremita "prigioniero della coscienza", a fare la guardia ad un avamposto, o a un trasmettitore da tempo dimenticato in cima a qualche montagna, un recluso. Mi vergognavo di dire alla gran parte dei miei amici perché avevo deciso di prestare servizio in questo modo. Non avevo l'energia per sentirli dire che razza di mollaccione ero diventato. Mi vergognavo anche di me stesso. Questo era il modo più semplice per uscirne. Insomma, mi vergognavo di tutto. Mi stavo salvando l'anima. Non facevo direttamente del male, facevo solo in modo che altri potessero farlo mentre io facevo la guardia. Perché non mi rifiutai completamente? Non lo so. Era in parte la pressione ad uniformarsi, in parte il processo politico che ci diede un bagliore di speranza che l'intera faccenda dell'occupazione sarebbe presto finita. Più di tutto era anche la mia curiosità di vedere cosa stava veramente succedendo.
E proprio perché sapevo così bene, di prima mano, dopo anni di esperienza che cosa stava succedendo li, quale era la realtà laggiù, non avevo difficoltà a vedere, attraverso la nebbia della guerra e la tenda di menzogne, che cosa stava succedendo durante i primi giorni della seconda Intifada. Per anni l'esercito si era nutrito di frasi come "siamo stati troppo buoni nella prima Intifada"e "se solo ne avessimo uccisi un centinaio nei primi giorni, tutto sarebbe andato diversamente". Adesso l'esercito aveva la licenza di fare le cose a modo suo. Sapevo troppo bene che [l'ex primo ministro] Ehud Barak stava dando via libera all'esercito, e che [l' odierno Capo dello Staff] Shaul Mofaz stava prendendo il massimo vantaggio da questo per massimizzare lo spargimento di sangue.
In quel momento, avevo due figli, maschi, e sapevo dall'esperienza che nessuno - non una singola persona nel mondo intero - avrebbe fatto si che i miei figli non dovranno servire nei Territori Occupati quando raggiungeranno i 18 anni. Nessuno, tranne me. E nessuno tranne me dovrà guardarli negli occhi quando saranno adulti e dirgli dove era papà quando tutto questo stava succedendo. A me era chiaro, questa volta non sarei andato.
E poi scoprii che non ero solo. Come scoprire la vita su un altro pianeta.
La verità è che capisco perché tutti se la prendono con noi. Abbiamo rovinato la loro piccola perfezione nell'ordine delle cose. Il santo Status Quo dichiara che la Destra ha l'esclusivo diritto di celebrare il sangue e chiederne altro. Il ruolo della Sinistra, d'altro canto, è di vagire seduti sulle loro poltrone bevendo vino e aspettando la venuta del Messia che con un singolo tocco della sua bacchetta magica farà scomparire la Destra assieme ai Coloni, gli Arabi, il brutto tempo e l'intero Medio Oriente. E' così che si aspettano vada il mondo. E allora perché date così fastidio, qual è il vostro problema? Ragazzacci!
Disgrazia su di te, cara istituzione della Sinistra! Non sei stata attenta! Il Messia è già venuto. Ha usato la sua bacchetta magica, ha visto che le cose non sono così semplici, è stato abbandonato nel mezzo della battaglia, ha perso quota, ed è infine stato assassinato, con tutti noi (si, anche io) a guardare dalle confortevoli poltrone. Dimenticatelo. Un Messia non passa due volte! Non esiste il pasto gratuito.
Davvero non vi accorgete di cosa stiamo facendo, del perché siamo usciti dalle righe?
Non capite la differenza tra una cauta attenzione, un rifiuto personale ed uno pubblico, organizzato? (e non sbagliatevi al riguardo, il rifiuto personale è la scelta più semplice). Davvero non lo capite? Allora lasciate che ve lo enunci interamente.
Primo, noi dichiariamo la nostra dedizione al primo sistema di valori. Quello che è elusivo, astratto, e non remunerativo. Noi crediamo nel codice morale conosciuto generalmente come Dio (e i miei amici atei che hanno anche firmato questa lettera dovranno perdonarmi - noi tutti crediamo in Dio, il vero Dio, non quello dei rabbini o degli Ayatollah).Crediamo che non ci sia spazio per il codice tribale, che il codice tribale semplicemente camuffa l' idolatria, un idolatria con la quale noi non dovremmo cooperare. Coloro che lasciano prendere il sopravvento a una simile idolatria finiranno per l' essere loro stessi delle offerte incenerite.
Secondo, noi (così come altri gruppi che sono anche più disprezzati e
molestati) mettiamo i nostri corpi sul fronte, nel tentativo di prevenire la prossima guerra. La più inutile, idiota, crudele e immorale guerra nella storia di Israele.
Noi siamo il ragazzo cinese davanti al carro armato. E tu? Se non sei in vista, allora vuol dire che probabilmente sei dentro il carro armato, a dare indicazioni all'autista.

Assaf Oron Sergente First Class Fanteria

 

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