Giro88
Palestina aprile 2002
Non c'entra
di luigi pintor, Il Manifesto
13 aprile 2002
L'antisemitismo che ho respirato
nell'aria da ragazzo e che ho visto in azione
con i miei occhi è una cosa che oggi non
esiste. Se ci fosse lo sentirei a naso, perché
ha una puzza nauseabonda. Era fatto di deportazioni,
emarginazione, pogrom, annientamento. Con i miei
occhi in realtà non l'ho mai visto, perché
non ero polacco o tedesco. Ma le fotografie dei
campi di concentramento non sono mai uscite dalla
memoria della mia generazione e hanno determinato
le nostre scelte di vita. Qui da noi c'è
gente che specula sull'antisemitismo, con disonestà
intellettuale, magari per mettersi in mostra e
farne uso commerciale o elettorale. Non meritano
attenzione. Ma ci sono molti, ebrei o non ebrei,
che invece avvertono un pericolo e reagiscono
con veemenza e passione. Credo però che
danneggino la loro causa.
Israele e la sua esistenza come
stato non corrono alcun rischio. E' un paese forte
e ricco come pochi ed è garantito come
nessun altro su scala internazionale. Solo uno
sconvolgimento mondiale potrebbe metterlo a repentaglio
così come solo uno sconvolgimento mondiale
lo ha fatto nascere.
Ieri c'è stata a Gerusalemme
un'altra strage suicida e quindi non è
un giorno adatto per fare questo discorso. Ma
invece sì, perché se la vita in
quella terra, in Israele e in Palestina ancor
più, è certamente invivibile l'antisemitismo
non c'entra niente o quasi.
Lì c'è un conflitto
territoriale e nazionale come in tutto il medio
oriente c'è un conflitto regionale. E'
carico di storia, di incompatibilità etniche
e religiose e di molte altre cose, ma vederlo
in questa luce anziché nella sua materialità
non porta da nessuna parte. Più è
complesso, più va affrontato nei suoi tratti
essenziali.
Un tratto essenziale è il
dilemma annientamento-convivenza. Non è
per antisemitismo che il mondo arabo non riconosce
Israele ma perché lo considera un intruso
e lo teme. E non è occupando territori
non suoi che Israele garantirà meglio la
propria sicurezza e felicità, l'identità
e la memoria del suo popolo.
Non è per partigianeria
che ammiro gli ebrei che in patria e fuori, anche
a Washington, si espongono a persecuzione per
difendere l'immagine di Israele dai danni che
la guerra le infligge. Custodiscono una giusta
memoria di sé e della propria storia e
dànno alla bestia antisemita la risposta
più alta.
Così come i ragazzi palestinesi
che lanciavano sassi contro i carri armati hanno
praticato una delle più alte forme di lotta
di liberazione del nostro tempo, di cui gli attentati
suicidi sono un disperato e tristissimo esito.
Non siamo equanimi? E' solo che
non dimentichiamo che tra i contendenti gli uni
sono molti forti e ricchi e gli altri molto deboli
e poveri. Pensate che non conti? E neanche dimentichiamo
che il razzismo ha oggi per bersaglio nuove vittime
totalmente indifese e miserabili. Voi lo dimenticate?
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