|
Giro88
Punto G
In esclusiva per i lettori di Girodivite, e di Dario
e Franca Rame News le prime pagine
dell'autobiografia di Dario Fo a cura di Franca
Rame
I miei primi dieci anni
di vita
12 APRILE 2002
Prologo
Quella che vi propongo non e' la storia della
mia vita di attore, autore e
capocomico, ma piuttosto un frammento della mia
infanzia. Anzi e' solo
l'inizio, il prologo della mia avventura a partire
dal tempo in cui mai mi
sarebbe passato per il cervello che quello del
teatrante sarebbe stato il
mio mestiere definitivo.
Ricordo che Bettelheim pediatra, autore di una
rivoluzionaria teoria sulla
formazione caratteriale ed intellettiva degli
individui, diceva: "Di un uomo
basta che mi diate i primi sette anni della sua
vita, li' c'e' tutto, il
resto tenetevelo pure".
Io ho voluto esagerare: ve ne offro dieci piu'
qualche puntata verso la
maturita'... credetemi, e' gia' fin troppo!
Dio: capo dei Capostazione.
Tutto dipende da dove sei nato, diceva un grande
saggio. E, per quanto mi
riguarda, forse il saggio ci ha proprio azzeccato.
Tanto per cominciare, io devo dire grazie a mia
madre, che ha scelto di
partorirmi a San Giano, quasi a ridosso del Lago
Maggiore. Sotto la rocca si
son scoperti reperti di un tempio romano dedicato
a Giano bifronte, dio
della guerra, ma guarda caso grande protettore
dei fabulatores comicos. In
verita' non e' stata mia madre a scegliere, ma
le Ferrovie dello Stato che
hanno deciso di spedire mio padre a prestare servizio
in quella stazione.
Si', mio padre era un capostazione, se pure avventizio.
La fermata di San
Giano era cosi' poco importante che spesso i macchinisti
la sorpassavano
senza manco accorgersene. Tanto che un giorno
un viaggiatore, stanco di
ritrovarsi scaricato alla fermata seguente, ha
tirato il segnale d'allarme.
Il treno si e' ingrippato dopo una lunga frenata
arrestandosi nel bel mezzo
di una galleria. Un "merci" che lo seguiva
e' franato addosso al treno
bloccato. Non ci sono stati morti, per miracolo.
Solo un ferito grave: il
passeggero che aveva tirato l'allarme; infatti
il disgraziato e' stato
picchiato da tutti gli altri viaggiatori, compresa
una suora.
Ma con l'arrivo di mio padre le cose alla stazione
di San Giano sono
cambiate all'istante. Felice Fo era uno che destava
rispetto e soggezione.
Quando si piazzava con il suo cappello rosso calcato
fino agli occhi, ritto
sulla rotaia, brandendo la bandiera da segnale,
rossa anche quella, i treni
si fermavano tutti... Tutti gli accelerati, s'intende,
e anche gli
omnibus... che poi in totale erano quattro.
Io sono venuto al mondo fra un omnibus ed un "merci",
in quella fermata
sussidiaria a quattro passi dal lago (Antelacus,
e' scritto su un reperto
romano). Erano le sette del mattino quando mi
sono deciso a far capolino fra
le gambe di mia madre. La donna che fungeva da
levatrice mi ha tirato fuori
e sollevato come fossi un pollo, per i piedi.
Poi velocissima, mi ha
assestato una gran pacca sulle natiche... ho urlato
come un segnale
d'allarme. In quell'istante transitava l'omnibus
delle sei e mezza... che
era naturalmente in ritardo. Mia madre ha sempre
giurato che il mio vagito
aveva superato di gran lunga il fischio della
locomotiva.
Dunque io ho visto la luce a San Giano per decisione
unica delle Ferrovie
dello Stato, ma li' son nato solo per l'anagrafe.
In verita', per quanto mi riguarda sono venuto
al mondo e ho preso coscienza
a 30-40 chilometri un po' piu' in su, lungo la
costa del Lago, a Pino
Tronzano e qualche anno dopo a Porto Valtravaglia,
sulla sponda magra del
lago Maggiore. Entrambi sono stati i miei "paesi
delle meraviglie". I luoghi
che mi hanno scatenato le fantasie piu' pazze
e hanno determinato ogni mia
scelta futura. Il trasloco di tutta la famiglia
era stato un'altra volta
deciso dalla direzione delle EFFE-EFFE-ESSE-ESSE,
compartimento di Milano.
Milano! Mi ricordo che la prima volta che ci sono
andato e' stato con mio
padre. Ero molto piccolo e lui doveva andarci
per sostenere un esame da
movimentista, sperava di venir promosso capostazione
di seconda classe,
livello C. Ma perche' farsi accompagnare in quel
viaggio da me, un bambino
cosi' piccolo? Ho sempre sospettato che mi volesse
con se' per scaramanzia.
Tutti in casa, compresi i parenti acquisiti, erano
convinti che io portassi
una fortuna sfacciata. Infatti io ero nato con
la camicia, come si dice,
cioe' ero uscito tutto avvolto nella placenta
di mia madre. Un segnale
mitico di buon auspicio.
Arrivati a Milano, poco prima di entrare nel grande
hangar della Stazione
Centrale, il treno ha cominciato a rallentare
vistosamente... procedeva a
passo d'uomo. Papa' Felice - pa' Fo, come lo chiamava
mia madre - ha
abbassato il finestrino e mi ha fatto sporgere
fino a mezzo busto "Guarda
lassu'" e mi indicava un ponte altissimo
issato su centine d'acciaio, sotto
il quale transitavano tutti i convogli. Una enorme
passerella zeppa di fari
puntati in ogni direzione. Una serie di cabine
di vetro, illuminate da
lampade fortissime e colorate. Quella macchina
fantastica era sorretta da
piloni giganteschi.
"Cos'e'?""E' il centro operativo
da dove si comanda il movimento di tutti i
treni, compresi gli scambi e i semafori."
In quel momento ero convinto: dentro quelle cabine
di vetro, splendenti di
luci, ci doveva essere di sicuro Dio, con tutti
i Santi dei capostazione.
Non avevo dubbi: il Padreterno non era altro che
il direttore generale delle
FF.SS. Era lui che organizzava tutto il movimento
dei ferrovieri, lo
spostarsi dei treni, progettava macchine e la
nascita dei figli dei
capostazione!
Ma torniamo al nostro trasloco da San Giano a
Pino Tronzano.
Nel primo trasloco dalla stazione di San Giano
a quella di Pino, alla
frontiera con la Svizzera, tutti i mobili della
famiglia erano stati
caricati su un vagone merci. Il viaggio non durava
piu' di un'ora e mezza.
Mi aveva fatto molta impressione veder smontare
i letti e gli armadi.
Credevo li stessero spaccando a pezzi e cosi'
sono scoppiato in un pianto
disperato. Mio padre mi aveva subito tranquillizzato:
"Vedrai che appena
arrivati, li rimetteremo insieme!"
Ahime', nel caricare "la roba", la stufa
di ghisa si era rovesciata dal
vagone e si era sfasciata... mia madre ha mandato
un urlo straziante. Io
l'ho presa per mano e l'ho confortata: "Tranquilla,
come arriviamo, il papa'
ri-incolla tutto!"
Oh, antica fiducia nei padri!
Il vagone era stato agganciato al treno sul quale
anche noi si era saliti.
Quindi, come siamo arrivati a Pino Tronzano, hanno
staccato il nostro vagone
merci e aiutati da due facchini, mio padre e mia
madre hanno cominciato a
scaricare i pezzi da rimontare.
Io ero letteralmente affascinato da quel posto:
la stazione era piu' grande
di quella dov'ero nato... noi si abitava sopra,
al primo piano.
Un centinaio di metri piu' sotto, a picco, c'era
il lago.
Alle spalle montava una parete rocciosa, dentro
la quale era scavata una
strada che, disegnando un gran numero di tourniche',
saliva fino al paese:
una cinquantina di case abbarbicate quasi una
sull'altra come in un
bassorilievo della Colonna Traiana. C'era una
torre antica, un campanile con
sotto la pieve e un gran palazzo che ospitava
il Municipio, la scuola e pure
il pronto soccorso.
I facchini e i miei non avevano ancora terminato
lo scarico ed ecco che
arriva il prete: veniva a darci il benvenuto e
a benedire la casa con le
pareti intonacate di fresco. Con lui c'era un
chierichetto che mi ha portato
subito a vedere dove, dietro la stazione, si trovava
un gran recinto con
alberi da frutto e molto terreno coltivato; c'era
anche un pollaio con un
fracco di galline e delle gabbie basse con dentro
i conigli. Il capostazione
che c'era prima di noi, non potendo portarseli
tutti con se', ne aveva
lasciati gran parte in regalo ai nuovi arrivati
che eravamo proprio noi...
oh, grazie!
Il cantoniere guardia scambi, cioe' l'assistente
di mio padre, ci avvertiva
che purtroppo galline e conigli ogni tanto riuscivano
a scappare fuori dal
recinto, cosicche' immancabilmente qualcuno di
loro finiva sulle rotaie,
proprio mentre arrivavano i treni. Ad ogni modo,
le povere vittime
ferroviarie - o almeno le loro appetitose spoglie
- erano quasi sempre
"recuperabili": bastava decidere per
lo spezzatino in umido, cosi' nessuno
s'accorgeva della gran tranciata. Devo dire che
raramente in casa nostra si
riusciva a cucinare un pollo o un coniglio intero!
Dario Fo e Franca Rame
|