segnali dalle città invisibili
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Portasudeuropa
di valentina lo faro

8 marzo 2002. Il sipario del teatro Gobetti di Torino
si apre, a luci soffuse, su uno stanzone-magazzino.
Lungo le pareti sono accatastate file di giornali, al
centro c'è una scrivania ed a questa scrivania una
donna. Questa donna è Khalida, una giornalista
algerina; quello che sta facendo in questo momento non
è il solito lavoro di routine.
No! lei non può più scrivere le sue cronache di
costume sul festival di Cannes come in passato... quel
passato che scorre lentamente tra le diapositive sul
muro, accompagnate dalle sue parole ciniche e
nostalgiche allo stesso tempo. Adesso è occupata a
combattere la sua battaglia sociale ed insieme
personale, anche se ci rende consapevoli fin dalle sue
prime battute che la sua fine è vicina ed è di fronte
ad una scelta comunque tragica "se taci, muori... se
vivi, muori".

Tutta la piéce è scandita da questa frase che Khalida
ripete tra sé e sé per ricordarci che accanto al
nostro mondo "occidentale" tranquillo e democratico,
c'è ne un altro parallelo infernale, dove le parole
costano molto, anche la vita.
Questo mondo, sul quale si apre la porta Sud
dell'Europa, è l'Algeria, ormai da tempo oppressa dal
fondamentalismo islamico.

La storia di Khalida è ambientata
nell'Algeri odierna, dove il regime
integralista vuole cancellare, con un solo colpo di
spugna, qualsiasi forma di occidentalizzazione,
retaggio culturale della colonizzazione francese, con
cui tanti, come lei, si erano abituati a convivere.
Khalida si oppone fervidamente a tutto questo,
continuando a vestire all'occidentale, senza tuttavia
rinnegare la sua cultura ed il suo Dio.

Quel foulard, che porta come una donna europea
disinvoltamente al collo, è lo stesso che subito dopo
lascia cadere trepidante sul capo, nell'ora in cui il
muezzin richiama i suoi fedeli alla preghiera.
Prega e combatte Khalida, scrivendo pezzi clandestini,
che invia all'agenzia France-Presse e stendendo, in
collaborazione con altre donne algerine, un manifesto
femminile a difesa della libertà di espressione.
Eppure è costretta a rifugiarsi in questo
"sotterraneo" del suo mondo, che è tutto ciò che resta
di quel giornale Le Soir d'Algerie, di Zuobir Soussi,
purtroppo distrutto, realmente, da un attentato
l'undici febbraio del 1996.

Ci trascinerà con sé Khalida in un lungo ed estenuante
monologo... morirà Khalida ma solo nella piéce, non
nella nostra mente di spettatori increduli; qui
continuerà a tormentarci la sua voce e attraverso
questa voce risuonerà in noi l'eco di quelle migliaia
di vittime alle quali, con violenza, la parola è stata
tolta.

Solo così, non dimenticando, il suo sacrificio non
sarà stato inutile, come quello di tanti altri
martiri laici, che hanno lottato con armi incruente,
determinati a resistere anche tra le macerie.
Di questi martiri laici fanno parte anche Ilaria Alpi
e Mariagrazia Cutuli alle quali la regista Stefania
Fericioli e l'autrice del testo Maria Pia Daniele
hanno voluto dedicare questo spettacolo.

Il Progetto
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