"Quello che abbiamo bisogno di cercare
e di trovare, quello che abbiamo bisogno di levigare e perfezionare
fino a renderlo magnifico e lucente è un nuovo tipo
di politica. Non la politica di governo, ma la politica
della resistenza. La politica dell'opposizione. La politica
di costringere a rendere conto"
A scrivere questo è una donna, una
scrittrice indiana. Si chiama Arundhati Roy. E' uno dei
volti e dei pensieri che si aggirano attorno a ciò
che viene chiamato "movimento no-global" e che
ha avuto a Porto Alegre - a cui dedichiamo in questo numero
di Girodivite uno speciale - un momento di verifica importante.
E' il secondo grande appuntamento di questa internazionale
degli auto-convocati (e uso non a caso questi due termini
che hanno significato per chi conosce la storia del movimento
operaio e studentesco degli ultimi decenni in Europa). Un
appuntamento che ha visto una presenza massiccia di italiani,
"tutti a Porto Alegre", quasi a compensare le
sconfitte di casa nostra con il governo Berlusconi che non
solo governa da destra ma dice all'opposizione di centro-sinistra
quello che deve fare, fa l'arbitro del gioco e il telecronista
(ricordate la vecchia battuta? "se Berlusconi avesse
le tette farebbe anche l'annunciatrice televisiva".
Oggi sappiamo che non era una battuta). In un Paese in cui,
lo scrive Cossiga, è in atto un golpe strisciante
di tipo peronista.
I compagni e le compagne tornati da
Porto Alegre sono tornati galvanizzati. Ogni tanto ci vuole.
Ora si torna a lavorare. A cominciare da... Già,
da cosa cominciamo? Conflitto d'interessi, leggi fasciste
sugli immigrati, leggi mafiose sulle rogatorie internazionali,
la mafia con cui "dobbiamo abituarci a convivere"
come dice Lunardi, le megaopere come lo Stretto di Messina,
l'attacco ai giudici di mani-pulite, 40 mila insegnanti
cattolici assunti e i "precari" tagliati e i fondi
della scuola dirottati alle private... E' strano, ma si
ha sempre l'impressione che si faccia un gran parlare, e
che i "grandi temi" siano solo l'occasione per
la logorrea televisiva. I conflitti reali, questi non appaiono
più in televisione. A Gela per esempio sta accadendo
qualcosa. L'industria ex di Stato si rifiuta di produrre
senza inquinare in barba persino ai finanziamenti possibili.
La gente difende il posto di lavoro sapendo benissimo che
questo significa cancro per sé e per i propri figli.
Il nemico sono gli ambientalisti e i giudici che vogliono
(pazzi) applicare delle leggi dello Stato. Chi parla alla
gente di Gela? Chi torna a fare volantinaggio per le strade,
chi educa e indica - ma quotidianamente, non dal pulpito
di una cattedra - al mondo che è possibile?