Giro82
/ Movimento / Documenti "Resistere" come La Repubblica ha dato la notizia
sul "caso Borrelli", il 12 gennaio 2002 (Repubblica
web).
"Resistere, resistere, resistere come
sulle linea del Piave". Il procuratore generale di
Milano Francesco Saverio Borrelli va in trincea contro il
governo
e difende a spada tratta l'indipendenza dei giudici. Una
relazione, dura, durissima quella con la quale l'ex capo
di Mani pulite ha scelto di aprire la sua ultima
(andrà comunque in pensione) inaugurazione dell'anno
giudiziario milanese. Una relazione senza mezzi termini
davanti a una platea tesissima, con molti
magistrati in toga nera (una forma di protesta indicata
dall'Anm) applausi scroscianti per Ilda Boccassini e Gherardo
Colombo, i rappresentanti di Forza Italia che abbandonano
la sala. E da Roma, subito, (mentre in tutte le sedi si
ripetevano scene ad alta tensione) la replica del ministro
Guardasigilli Roberto Castelli: "L'indipendenza della
magistratura non è in discussione, ma non lo è
neanche quella del governo".
Nel suo discorso Borrelli è partito
subito pesante: "Le
riforme sono punitive", "rimandare i processi
è
oltraggio alla giustizia", ha detto, e ha denunciato
"le
campagne di rabbiosa informazione". Poi, l'appello
alla
"resistenza". A quel punto, i rappresentanti di
Forza
Italia (Fabio Minoli, Fabrizio Cicchitto e Alberto De
Luca) hanno abbandonato in segno di protesta l'aula
magna del Palazzo di Giustizia milanese denunciando,
"indignati", che quello del procuratore generale
era un
"vero e proprio comizio". "C'è un
limite a tutto", ha detto
De Luca e Minoli ha spiegato: "Non posso accettare
che venga detta in maniera diretta da Borrelli la frase
sulla scorta ridotta alla dottoressa Boccassini in quanto
impegnata a sostenere l'accusa in un processo contro il
presidente del Consiglio".
Ma la tensione è rimasta
alta: con magistrati e
pubblico che premevano
per entrare nell'aula
gremita senza riuscirvi.
E, alla fine del discorso
di Borrelli, quando il pm
del processo Sme, Ilda
Boccassini, è uscita
dall'aula. C'è stato un
applauso lunghissimo e
si è sentito anche un grido: "Ritorniamo alla
legalità".
E in aula, come promesso, è apparso
anche Antonio Di
Pietro. C'è stato un lungo abbraccio con Borrelli.
L'ex
magistrato (che abbandonò il pool Mani pulite nel
1994) ha voluto così sottolineare la totale sintonia
con il
suo vecchio "capo". Più tardi, Di Pietro
ha commentato
così: "Oggi è stato il giorno della mia
rivincita. Dopo sei
anni ho rimesso piede in un tribunale, dopo che per sei
anni ho girato le aule di giustizia per portare a casa il
mio onore".
IL DISCORSO. Borrelli, andando persino oltre
le
attese, ha ribadito quello che pensa a proposito delle
iniziative del governo: "Le riforme annunciate, meglio
minacciate con trasparenti intenti punitivi verso una
magistratura certamente non al massimo dell'efficienza,
ma altrettanto certamente indipendente, ben poco
hanno a che fare con l'efficienza". Di seguito, gli
altri
punti toccati dal procuratore capo.
SEPARAZIONE DELLE CARRIERE: a questo
proposito il procuratore milanese ha ribadito il suo
punto di vista già esternato ieri: "Si parla
di
separazione delle carriere, più blandamente ma
ingannevolmente delle funzioni, tra requirenti e
giudicanti. Una scelta che, se motivata dalla temuta
arrendevolezza dei giudici ai pm dovrebbe almeno
essere supportata da studi sul campo e da
monitoraggi. Se motivata invece dall'intenzione di
vincolare il pm all'esecutivo, come con ingenua
imprudenza si è fatto capire in Parlamento,
vulnererebbe indirettamente la stessa indipendenza del
giudice penale e la signoria della legge".
PROCESSI: Borrelli è
stato duro con gli
avvocati. Ha parlato ("e
mi astengo dal citare gli
esempi, pur clamorosi,
offerti da esperienze in
corso") del lavoro dei
difensori, indirizzato, a
volte, "soltanto a
rimandare o ad
ostacolare il processo".
Per Borrelli tali pratiche
dovrebbero essere sanzionate come "oltraggio alla
giustizia".
ROGATORIE: Non ha mancato di ricordare gli
atti del
governo che, secondo lui, sono inidonei a creare una
valida giurisdizione europea. Così Borrelli: "Di
fatto allo
spazio giuridico europeo si è tentato, per fortuna
con
mezzi tecnicamente inidonei, di frapporre ostacoli, con
la legge sulle rogatorie e con il mandato di arresto
europeo e l'orchestrazione di campagne di rabbiosa
informazione". Di fronte a questa situazione, dovere
della collettività è, ha concluso Borrelli,
"resistere,
resistere, resistere come su una irrinunciabile linea del
Piave" sul terreno della questione morale.
SCORTE: Le protezioni sono state "ridotte
a magistrati
esposti a rischi di incolumità personale per vendette
mafiose e/o per rancori politici". In proposito, a
braccio,
ha aggiunto: "Scorte tolte proprio a quei magistrati,
sì
proprio a quelli, che sostengono l'accusa contro il capo
del governo".
CAMPAGNA POLITICA: Il pg di Milano ha parlato
di
una "sconcertata fase della nostra civiltà giuridica",
citando "accuse generiche di parzialità"
da parte di
"rappresentanti anche elevati della classe politica",
e
parlando di "insistenza martellante degli imbonimenti
televisivi".