14 maggio 2001 - n.74
________________________________________ Sinistra 1. Hanno finalmente raggiunto
un accordo gli eredi di Harpo e
Chico Marx, i leggendari fratelli comici del cinema americano.
Fra i
due da molti anni era in corso una durissima vertenza legale
per
decidere chi avesse il diritto di rivendicare l'uso del
nome "Fratelli
Marx". Dopo una lunga e faticosa mediazione degli avvocati,
e una cena
a base di piatti tipici emiliani, i due hanno finalmente
acconsentito a
riconoscere l'uno all'altro la legittima discendenza dal
marxismo. "Non
escludiamo del tutto - ha dichiarato uno di loro - di potere
in futuro
organizzare uno spettacolo insieme".
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Sinistra 2. Ogni due italiani, ce n'e' esattamente uno di
destra e uno
di sinistra. L'italiano di destra, che e' un imbecille,
telefona,
prende gli ordini e va a votare. L'italiano di sinistra,
che e' una
persona intelligente, si prende a pugni in testa, si sputa
allo
specchio, si rade meta' faccia, si da' martellate sui testicoli
per
curare defaillances occasionali, si mette un calzino verde
e uno blu,
si infila due scarpe differenti (una da un milione e l'altra
da
trentamila lire), si automaledice un'ultima volta mentre
gira la
chiave, e infine esce di casa per andare a votare. Indovinare
quale dei
due italiani andra' al governo.
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Italia. Fra una cosa e l'altra i giudici hanno scoperto
che,
nell'omicidio della contessa Augusta Vacca, probabilmente
c'entra il
tesoro di Craxi: una parte dei fondi all'estero del partito
socialista
potrebbero essere finiti, attraverso uno dei suoi accompagnatori,
alla
contessa. Di questi soldi si era rapidamente, e minacciosamente,
parlato una settimana prima dell'omicidio, con uno scambio
di messaggi
fra alcuni dei personaggi dell'epoca, adesso impegnati in
operazioni
politiche di sopravvivenza. L'eredita' del passato grava
pesantemente
sul presente - e forse uccide.
Le indagini della procura di Chiavari sono ora indirizzate
alla
verifica dei movimento dei fondi attorno alla signora uccisa,
seguendo
l'ipotesi avanzata da tutti i giornali stranieri che si
erano occupato
del caso e - in Italia - soltanto dal Diario e da noi della
Catena.
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America. Trasmesso in diretta tivvu' il processo a un ragazzino
di
quattordici anni accusato di omicidio in Florida.
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Inghilterra. Reintrodotti nel centro di Londra i vespasiani,
aboliti
alcuni anni addietro e legati nella memoria dei tabloid
a ministri
tories e guardie della Regina.
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Cina. Circa sessanta minatori sepolti vivi in una miniera
di carbone ad
He Gang per una fuga di grisou. Altri cento minatori erano
morti in
passato nella stessa miniera. Stakanovismo e capitalismo,
insieme.
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America. A una svolta risolutiva la guerra fra Texas e Stati
Uniti. I
texani sono infatti riusciti a infliggere, in meno di due
mesi, danni
senza precedenti all'economia degli Stati Uniti, i cui disoccupati
aumentano ormai al ritmo di duecentomila al mese; sono inoltre
riusciti, con una brillante operazione tecno-finanziaria,
a tagliare
completamente l'energia elettrica per diverse ore al piu'
importante
stato dell'Unione rivale, la California.
Oltre a questi successi, i texani ne hanno conseguito uno
importantissimo in politica estera: Austin e' riuscita a
isolare
internazionalmente Washington, esclusa nelle ultime settimane
da due
importanti commissioni delle Nazioni Unite (diritti civili
e
antidroga).
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Pianeta. Lieve diminuzione nel 2001 degli accessi all'internet
negli
Usa.
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Pianeta. Titoli dai giornali su cio' che e' successo nel
mondo:
"Uccisa una neonata per rappresaglia".
"Marinano la scuola. Lapidati".
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Cronaca. Roma. "Un barbone dell'apparente eta' di cinquant'anni,
privo
di documenti, di carnagione bianca..." e' morto all'angolo
fra via
Statilia e via Santa Croce in Gerusalemme.
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Cronaca. Udine. Due autisti obbligano a scendere da un autobus
di linea
un utente nero, che aveva regolarmente pagato il biglietto
ma di cui
non gradivano il colore della pelle.
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Cronaca. Roma. Semaforo. Macchina ferma e finestrini aperti.
Il ladro
afferra la borsa della donna alla guida ma lei accelera,
lo trascina
per alcuni metri col braccio ancora dentro, scende, lo aiuta
a
rialzarsi, gli presta i primi soccorsi, lo fa salire a bordo
e lo
accompagna all'ospedale dove lavora come infermiera.
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Elezioni 1.
Il 6 gennaio del 1984, davanti alla sede
del mio giornale - il
direttore era stato ammazzato dalla mafia il giorno prima
- c'era un
gruppo di ragazzi fra i sedici e i diciott'anni. Erano le
otto del
mattino e la saracinesca del giornale era ancora chiusa.
"Che cosa
volete? - li apostrofai bruscamente - Abbiamo da fare, oggi.
Molto da
fare". "Siamo venuti per fare la diffusione militante
del giornale"
rispose il piu' anziano di loro. Io non sapevo ancora se
sarebbe
uscito, quel giorno, il mio giornale. Ma loro si'. Non ne
avevano il
minimo dubbio,e venivano - com'era stato loro insegnato
- a mettersi a
disposizione nel momento del pericolo. Erano comunisti.
Nessuno di quei ragazzi - Federazione Giovanile Comunista
Italiana,
Circolo di Sant'Agata Battiati, provincia di Catania, Sicilia
- ha
fatto una carriera nel partito. Ho incontrato qualche tempo
fa, per
puro caso, il loro "capo" (si chiamava Maurizio
Parisi, se puo'
interessare il nome di un comunista che non conta): adesso
e' un
giovane disoccupato sulla trentina, ma all'ingresso di casa
sua c'e'
sempre il manifesto col Che Guevara. Un ragazzo era stato
ucciso in
quegli anni, in provincia di Catania, solo perche' era della
Fgci: suo
padre, che era un mafioso, non si fidava di lui, che era
un comunista.
Il piu' famoso avvocato comunista dell'isola, l'avvocato
Riela, si rese
in quegli stessi anni protagonista di una polemica perche'
difendeva i
mafiosi. "Professionalita': difendo chi mi paga",
rispose il compagno
avvocato; e la polemica fini' li'.
Ricordo i compagni del mio paese passarsi i sacchetti di
sabbia, nel
Settantadue lungo l'argine, il giorno della grande alluvione.
Ricordo i
figiciotti col sacco a pelo, nel 1976 su in Friuli, i primi
da tutta
Italia - e, per qualche giorno, i soli - venuti inquadrati
e compatti a
soccorrere i terremotati. Ricordo la compagna Eliana, ex
staffetta
partigiana e ora organizzatrice sindacale, percorrere in
bicicletta i
villaggi della pianura per organizzare le contadine.
Ecco, questo partito e' quello che ha perduto le elezioni.
Non le ha
perdute adesso, le ha perse molti anni fa. Ed e' l'unico,
adesso, che
possa salvare il paese. Si contano le percentuali e i centesimi,
adesso, si disputa su chi sia il proprietario, adesso, della
parola "di
sinistra". Ma a Maurizio Parisi e ai suoi compagni,
chi ha qualcosa da
dire?
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Elezioni 2. Questo articolo usci' sui Siciliani la volta
che il signor
B. vinse le elezioni, tanti anni fa.
Questa casa non conosce la rassegnazione.
Questa piccola scritta stava
nella stanza di Winston Churchill durante la guerra. Subito
dopo la
sconfitta di Dunkerque - il corpo di spedizione britannico
era fuggito
a stento, i tedeschi dilagavano trionfalmente dappertutto
- Churchill
organizzo' immediatamente due cose, che a lui sembravano
parimenti
indispensabili e urgenti. Fece scavare trincee lungo la
costa,
distribui' le armi ai cittadini, predispose la resistenza
di tutti
dappertutto: se mai gl'hitleriani fossero riusciti a sbarcare.
E
predispose gli studi - con decorrenza immediata - per la
costruzione
dei nuovi mezzi da sbarco per l'esercito inglese. Perche'
sul fatto che
l'esercito di Sua Maesta' prima o poi sarebbe tornato in
Europa, egli
non aveva il minimo dubbio. E per quel giorno intendeva
debitamente
tenersi pronto.
Noi non cerchiamo scuse. Noi non attribuiamo la deplorevole
vittoria
della destra a errori o insufficienze di questi o quelli,
che pur ci
sono stati. Noi diciamo che se un Caponnetto ha potuto essere
sconfitto
a Palermo, evidentemente qualcosa di profondo, e di marcio,
e'
cresciuto nell'anima popolare. Noi non ci nascondiamo di
chi e' stata
la vittoria; non d'una destra moderata, civilizzata, europea,
ma d'una
armata nera che arruola fra i suoi ufficiali tutto il mercenariato
-
soprattutto in Sicilia - del passato regime. Non ne abbiamo
paura.
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Gladiatore Piscitello, presente!
"Porca mafia! Porci piduisti! Bestia
d'un gladio! E bestia io che mi ci
son messo!". Come ogni sabato, il gladiatore scelto
Antonio Piscitello,
impiegato di terza classe al municipio di Caloria,: bestemmiava
attorno
agli stivali della divisa. "Che hai?" urlo', come
tutti i sabati, la
signora Assunta. "Ho, ho... Ho che questi porci stivali...
Porco
gladio! Porco chi l'ha inventato e porco Presi...".
"Zitto, bestia! Ci
vuoi rovinare?". Con un sospiro, la signora Assunta
prese il
calzastivali, s'inginocchio' accanto al marito e alla fine
fra tutt'e
due, come Dio volle, riuscirono a farcelo entrare. Sul pianerottolo,
Piscitello si fece da parte per lasciare passare il capomanipolo
Pasquarelli: "Piscitello! A chi l'Italia?". "A
noi!". In piazza, la
solita solfa: "Gladiatoriii... A noi!".
"Gladiatoriii! Saluto al Duxe!". "Gladiatoriii...
Saluto al
Presidente!". Discorsi, impero, Somalia italiana, Albania
italiana,
Medioriente italiano, Giovinezza, Marcia presidenziale e
poi finalmente
tutti a casa. A casa - come ogni sabato - Piscitello si
stravacca
faticosamente sulla sua poltrona, la signora Assunta gli
toglie
faticosamente gli stivali, e poi il rito finale: la signora
va a
prendere il ritratto a colori del Presidente, lo regge -
pur
continuando a protestare - a braccia tese davanti a Piscitello,
e
Piscitello ("Porco che non sei altro! E io piu' porco
di te che ti sto
dietro!") ci sputa sopra. Infine il ritratto, debitamente
pulito col
panno, vien riportato in salotto, e Piscitello sprofonda
davanti alla
seicentodiciottesima puntata di "Fantastico gladio".
Col gladio, a dire il vero, Piscitello - alieno dalla politica
com'era
- non ci aveva mai avuto a che fare. Ma sessantacinquemila
lire al mese
sono sessantacinquemila lire, e la signora Assunta, a furia
di
conoscenze e di buone parole, era riuscita a farlo iscrivere
lo stesso.
"Tieni! E ringrazia il cugino Battista che te l'ha
fatto avere!". Il
brevetto di gladiatore, a Piscitello, gli era costato duecentomila
lire, perche' il cugino Battista, essendo socialista, aveva
voluto il
suo interesse in contanti. In compenso, lo aveva fatto iscrivere
come
gladiatore della prima ora.
Cosi', adesso, gli toccava anche stare a sentire il capufficio,
Purcheddu, che lo mandava a chiamare quand'era di buonumore:
"Noi
vecchi gladiatorri - faceva - noi pellacce... eh, Piscitello?
Noi che
sappiamo cosa vuol dire essere perseguitatti... Perche'
dovete
imparare, voialtri giovanotti, che cossa voleva dirre fare
i
gladiatorri una volta! Come si chiamava quel giudice, quella
testa
di... quel Casso'n, ecco! Ce n'e' voluta per levarci di
torno la gente
come lui... eh, Piscitello?". E Piscitello annuiva.
"Quel Casson! Ma ha fatto la fine che meritava, alla
fine. E quel Carlo
Palermo! E quel Mancuso! Ce n'e' voluta, eh, Piscitello?
No, no, non
fate questa faccia, camerati. Lo so anch'io che 'sti nomi
non si
potrebbero dire. Ma fra noialtri gladiatorri...". "Camerata
Purcheddu,
la sapete l'ultima sul camerata Martelli? Dunque: il camerata
Martelli
va a Washington per una visita di Stato...". Ma a questo
punto il
capufficio Purcheddu tossiva severamente, e tutti si rimettevano
al
lavoro.
Lasciamo trascorrere gli anni sulla vita dell'impiegato
Piscitello. La
guerra di Somalia, il Barhein, le leggi antislamiche, l'oro
alla
patria, l'Albania... A ognuna di queste memorabili svolte
della Storia,
il Duxe s'affacciava alla televisione urlando: "Lo
volete voi?" e
milioni d'italiani immediatamente sbraitavano "Si'!
Lo vogliamo!
Vogliamo vivere pericolosamente!". In realta', da lunghissimi
anni, gli
italiani non desideravano altro che di evitare ogni sia
pur minimo
fastidio: bastava tenere in casa un ritratto di Pertini
o una copia
della vecchia Costituzione per essere gia' schedati come
antipiduisti.
Neanche Piscitello era un eroe. E' con un certo stupore
dunque che lo
ritroviamo, nell'ottobre 2006, in un fascicolo della polizia.
"Il
nominato Piscitello Antonio trovandosi in un pubblico esercizio
veniva
pubblicamente sorpreso a sbadigliare, come da materiale
fotografico
allegato, in concomitanza alla trasmissione, da parte dell'Apparecchio
Televisivo Autorizzato, del Bollettino di Guerra numero
millecinquecentosei relativo all'avanzata delle nostre gloriose
truppe
nel deserto dello Yemen Occidentale...".
Nessuno fu mai in grado di provare che lo sbadiglio di Piscitello
avesse un significato politico, che in verita' neanche lui
stesso
sarebbe forse sarebbe riuscito a stabilire. Questo gli evito'
di essere
spedito al confino a Capo Marrargiu, ma non di essere sospeso
per un
mese, al municipio di Caloria, dal lavoro e dallo stipendio.
Un mese
che il povero Piscitello passo' quasi interamente a letto.
Il
ventinovesimo giorno, lo venne a trovare il capufficio Purcheddu.
"Comodo, comodo, Piscitello!".
"Ma eccellenza... Ma camerata...".
"Quale cameratta, Piscitello! Qua siamo fra gente liberra,
grazie a
Dio!".
"Ma... come... il Presidente... il gladio...".
A questo punto, successe
una cosa incredibile.
"Dai, Piscitello! - fece il capufficio Purcheddu -
La sento anch'io
radio Samarcanda!" e gli strizzo' l'occhio. Ora bisogna
sapere che il
nostro Piscitello da piu' d'un anno quasi tutte le sere,
chiuso nel
gabinetto, tirava rumorosamente la catenella, e poi accendeva
a
bassissimo volume la radio. La radio era assai disturbata,
e le parole
"amici italiani buonasera" arrivavano fioche e
lontanissime, fra lo
scrosci'o dello sciacquone: ma a Piscitello bastavano per
tirare avanti
un altro po'.
Prudenza avrebbe voluto, a quel punto, che Piscitello protestasse
indignato, che giurasse sul sacro nome del Duxe che mai
e poi mai... ma
non ne ebbe la forza. Rimase a guardare come un intontito
il capufficio
che metteva la mano in tasca, ne cavava alcuni biglietti
da un milione
e li deponeva garbatamente sul comodino. "Qua, Piscitello!
Ti ho dovuto
sospenderre, lo sai, perche' altrimenti la loggia... Ma
lo stipendio di
questo messe, se permetti, te lo voglio rifonderre io, di
tasca mia!".
Piscitello spalanco' tanto d'ochi, in un enorme sorriso
riconoscente.
Per un quarto d'ora rimasero a parlare di Samarcanda e della
misteriosa
voce del Colonnello Santoro, che secondo Purcheddu era piccolo
grasso e
coi baffi e secondo Piscitello invece alto, biondo e cogli
occhi
azzurri. Improvvisamente: "Perche' ora basta con questi
disfattismi,
Piscitello! - urlo' il capufficio - La prossima volta, Capo
Marrargiu,
altro che un mese!". Piscitello non ebbe il tempo di
impallidire, che
gia' la signora Assunta, che egli non aveva visto entrare,
era uscita,
e gia' il capufficio aveva nuovamente cambiato espressione
("Allora,
Piscitello: restiamo intesi, eh?"), gli aveva nuovamente
strizzato
l'occhio ed era uscito pure lui.
Piscitello non poteva saperlo. Ma la scoperta della democrazia,
che in
quei mesi andavano facendo il capufficio Purcheddu e molti
altri
italiani importanti come lui, in fondo era tutta una questione
di
spaghetti. Da un anno, infatti la MacDonald di Chicago era
entrata
pesantemente nel settore spaghetti: spaghetti sintetici,
naturalmente
(ottenuti dal disboscamento delle foreste ancora sopravvissute
in
Borneo e in Thailandia) ma pur sempre spaghetti: a milione,
a
tonnellate, a transatlantici interi. Ora, il mercato degli
spaghetti
era in mano da tempo immemorabile di alcune Incorporated
italiane, la
Fiat, la Berlusconi e la De Benedetti: nessuna delle quali
aveva voluto
dar retta alle pressanti ammonizioni ("il monopolio
degli spaghetti non
e' compatibile con la democrazia") del Presidente Schwartzkop.
Cosi',
la macchina si era messa in moto. Alcuni esperti scoprirono
che tutto
sommato anche l'Italia, con un po' di buona volonta', si
poteva
considerare parte del Medio Oriente. E il Medio Oriente
rientrava,
secondo gli Accordi di Las Vegas del 1997, nella sfera d'influenza
della Mac Donald.
Le truppe americane sbarcarono a Caloria nel marzo 2007.
La resistenza
fu minima, perche' gia' nelle tre settimane precedenti alcune
operazioni chirurgiche con missili ed elicotteri d'assalto
avevano
provveduto a spazzare via Palermo, Torino, Napoli, la parte
occidentale
di Genova, sei divisioni italiane e, purtroppo, un rifugio
probabilmente gremito da circa milleseicento orfanelli dell'Opera
San
Giovanni di Dio. La Guardia gladiatoria, che aveva giurato
di bagnarsi
sul bagnasciuga nel sangue degl'invasori d'Italia, si era
semplicemente
dissolta; il Duxe, travestito da soldato americano, era
stato catturato
dai partigiani a Milanofiori e fucilato sul posto.
A Caloria, dicevamo, gli americani sbarcarono senza incontrare
difficolta' alcuna, e nel giro di ventiquattrore avevano
gia'
installato un'amministrazione civile funzionante: ne facevano
parte
monarchici, vecchi agrari, due capimafia dissidenti, l'ex-segretario
del Pds, Cicciolina, il presidente dell'Usl-35 e il capo
della
gioventu' liberale. Tutti costoro si riunirono, formarono
una
Commissione per l'Epurazione, e mandarono a chiamare il
gladiatore
scelto Antonio Piscitello. Capo della Commissione era l'ex-capufficio
(ora Capodivisione) Purcheddu.
"Il Piscitello...", "Quel Piscitello...",
"Il nominato Piscitello..."
si sentiva confusamente enunciare da dietro la porta chiusa
della
Commissione. Dopo alcuni minuti la porta si apri' e Piscitello
ne venne
fuori, pallido, a testa bassa, senza una parola. "Ma
la prossima volta,
si riccordi - lo insegui' la voce del Commissario Purcheddu
- a Capo
Marraggiu la mando, altro che un mese!". Se ne torno'
a casa sua,
lentamente, e ando' difilato a ficcarsi a letto. Il ventinovesimo
giorno, lo venne a trovare il capodivisione Purcheddu...
(ha collaborato Vitaliano Brancati)
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La guerra di Filomena
"Erano tanti i ribelli, che numerose
furono anche le fucilazioni, e da
Torino mi scrissero di moderare queste esecuzioni, riducendole
ai soli
capi. Ma i miei comandanti di distaccamento, che avevano
riconosciuto
la necessita' dei primi provvedimenti, in certe regioni
dove non era
possibile governare se non col terrore, vedendosi arrivare
l'ordine di
fucilare soltanto i capi, rispondevano con questa formula:
"arrestati,
armi alla mano, nel luogo tale, tre, quattro, cinque capi
di briganti".
E io rispondevo : "Fucilate". Poco dopo il Fanti,
a cui il numero dei
capi parve straordinario, mi invito' a sospendere le fucilazioni
e a
trattenerre prigionieri tutti gli arrestati. Le prigioni
e le caserme
rigurgitarono".
"Io stesso vidi combattere con molto
valore nella banda Caruso una
donna con due revolver nelle mani, e affrontare presso Francavilla
la
mia cavalleria... ".
1) DE CESARE MICHEL1NA, da Galliano. Di anni
ventuno. Contadina.
Uccisa in conflitto il 15/4/1868.
2) VITALE GIUSEPPINA, da Bisaccia. Di anni ventitre'. Catturata
il
29/9/1864. Condannata a venti anni di carcere.
3) TITO MARIA GIOVANNA, da Buvo del Monte. Di anni venti.
Contadina. Condannata a quindici anni di carcere.
4) PENNACCHIO FILOMENA, da S.Sossio. DI anni ventitre' Contadina.
Catturata il 29/9/1864.
5)...
* * *
Filomena, dunque, faceva la contadina. Non
sappiamo che cosa facesse -
gli archivi del Regio Esercito non hanno niente in proposito
- a
quindici anni; ma possiamo immaginarlo. Nella primavera
del
cinquantasei, la contadina Filomena ha scoperto di essere
bella. E' una
cosa strana che i contadini siano belli, ma a quindici anni
succede.
Quella primavera, e' successo a Filomena e a un ragazzo
del suo paese,
un riccetto di cui non s'e' salvato il nome e che percio'
chiameremo, a
capriccio nostro, Giuseppe.
La vita di Pennacchio Filomena e' praticamente
tutta in quei tre o
quattro mesi di quella primavera. Uscire dalla chiesa e
sentirsi
guardata. Tornare all'abbeveratoio, la sera, e trovarci
- per caso - il
ragazzo Giuseppe. Essere belli insieme, senza averne paura.
E scoprire
le cose, trovarle - gli alberi, l'acqua, gli uomini, le
strade - pronte
a vivere con noi, avendoci fino a quel momento aspettato.
Tutto questo,
e' durato alcuni mesi. Poi, la seconda scoperta.
Noi non sappiamo dove. Forse, nei cesti di sua madre; o
sul viso
dell'amica non di molto piu' anziana e gia' sformata; o
in quello delle
donne che trascinano ingobbite dei pesi. L'adolescente guarda
con
un'attenzione dolorosa cio' che la vita sa fare. Arriveranno
in fretta
anche per lei le rughe, la voce roca, la tristezza del corpo.
Sara'
adulta anche lei. E presto anche la voce di Giuseppe si
fara' dura,
senza piu' tenerezze: la guardera' di sfuggita, tornando
ubriaco di
zappa, e le comandera' qualcosa. Cosi e' la vita degli uomini,
a San
Sossio - e la gioia, per i poveri, e' un bottino che dura
molto poco.
E' allora che la ragazza Filomena diventa donna. E' questa
sera che
Giuseppe, stringendola nel buio d'un fossato, non la sentira'
ridere:
la sbircera' dubbioso senza trovare il suo sguardo. Esitera'
un momento
prima di risentire, solido sotto il suo, il corpo della
ragazza; e di
ricominciare a toccarlo, con avida indifferenza. Lontano,
una campana
suona l'ora.
Una campana suona. Per le vie del villaggio
sfilano silenziosi dei
lancieri. Finestre chiuse, cavalli impolverati: arrivano
alla piazza.
Li attende un capannello di civili. Il tenente li ferma,
si fruga nella
giubba, sporgendosi di sella tende qualcosa al notaio Livolsi.
Il
notaio prende il foglio, lo legge, dice qualcosa all'ufficiale;
il
tenente non risponde, alza un braccio - nessuno dei cinque
o sei
contadini sui gradini della chiesa ha alzato in tutto questo
tempo la
testa - e la pattuglia riparte. Nessun bambino corre dietro
ai cavalli.
Appena fuori del paese il lanciere Moroni, ultimo della
fila, rallenta
appena il trotto e sputa in un fossato, vicino all'abbeveratoio.
E'
bastato a farsi distanziare di qualche metro dal drappello:
"E muoviti,
balengo! - soffia il sergente Stardi - Cosa aspetti, boja
faus!, i
briganti?". Moroni arrossisce, e sprona. Ed e' settembre,
settembre
1864.
I mondi sono pieni di bande. Colombo, dei lancieri di Novara,
l'hanno
inchiodato ad un albero. Colassi, l'hanno bruciato vivo.
Due compagnie
di bersaglieri han vendicato il Colassi. Nell'altro villaggio
invece
non s'e' trovato nessuno: non e' rimasto che bruciare le
case. Dicono
che ci siano anche delle donne, fra i briganti. Ma nessuno
le ha viste,
pensa il lanciere guardando la strada. Nessuno? In ognuno
di questi
sfottuti paesi, le vediamo. Con quei loro occhi bassi e
quella loro
faccia non-so-niente: le puttane! I maschi si capisce: non
vogliono
andare soldati, questa e' la verita', e allora si danno
alla macchia e
fanno i briganti. Ma le donne? Le donne cosa le porta, santiddio,
a
fare questa vita?
Filomena non saprebbe rispondere a questa
domanda. E' nascosta da
qualche parte, forse non lontano dai lancieri che sfilano
lungo il
margine del bosco, forse anzi li sta osservando - i mantelli
azzurri
contro il rosso dei tronchi - e forse proprio in questo
momento un uomo
le corre incontro e le tocca una spalla, e lei si volta.
Non possiamo
sentire - siamo troppo lontani - cosa dice l'uomo che e'
arrivato
adesso. Ha una faccia tarchiata, da pastore. Indica i soldati
ripetendo
qualcosa, poi ride. La donna fa di si' con la testa. L'uomo
si
allontana correndo e un attimo dopo sul roccione e' rimasta
solo la
ragazza. Giu' in basso i lancieri continuano a sfilare lentamente,
le
teste chine, i mantelli sul viso. Moroni si sta ancora chiedendosi
cosa
diavolo ci facciano le donne nei briganti e subito dopo
- per
associazione d'idee - se per Natale, a Novara, Carolina
gli dara' quel
che le ha chiesto nell'ultima licenza. Dall'alto, Filomena
continua a
osservare attentamente i soldati, compreso il lanciere Moroni
di cui
pero' non riesce ad indovinare i pensieri, ne' le interesserebbe
farlo.
"In nomedli Sua Maesta' Vittorio Emanuele,
per grazia di dio e volonta'
della nazione...".
(Filomena corre giu' dal costone verso il bosco -- Crociatet!
Serrare!
-- Filomena apre la bocca per urlare -- Pronti al comando!
Puntat! --
aaaaaah...atttia! - diodiodio non a me non puo' non... --
il fucile fra
le mani di Filomena -- un lanciere alza la carabina Filomena
e' quasi
al margine del bosco -- il fucile di Morovi spara -- Filomena
e' ai
cavalli -- Moroni apre la bocca scivola all'indietro sempre
a bocca
aperta gridando -- Filomena spara).
"Per avere in modo univoco e in concorso con le persone
appresso
identificate...".
(Ora trascina i piedi nel sentiero fra i sassi -- salire
salire
salvezza la montagna -- lancieri a cinquecento metri - solo
nove ancora
vivi in banda -- salire salire -- scia di sangue -- la nuca
di un
pastore gli occhi di Filomena -- un passo un passo un passo
Carmine
apre le braccia -- Carmine giu' su un masso ha la testa
spaccata --
fumo colpi di fuoco l'azzurro dei bersaglieri -- ancora
fumo ancora
colpi buio).
"Per questi motivi la corte, visti gli articoli...".
(Viso di Giuseppe - viso di donna anziana - interno di cucina,
fumo -
il funo degli spari - fumo della cucina, madre di Filomena
- veste
azzurra coi fiori - galline - vecchio schienapiegata suo
padre - occhi
stretti giovane contadino - chiesa la domenica mattina -
chi sta
urlando? - il sole il sole il sole uscendo nella piazza
- il viso di
Giuseppe - la montagna - i soldati).
"Alla pena di anni diciotto e mesi sei...".
(Il sole - il sole a mezzogiorno la montagna - troppo troppo
pesanti
scarponi militari - la bocca d'un soldato che scivola da
cavallo - il
viso di un ragazzo ma qualcuno sta urlando - e un soldato
e gli
occhiali - occhiali in faccia a quell'uomo - parla parla
parla - e
lontano sta urlando - e ancora un viso e vicino all'abbeveratoio
e la
sera - la sera).
"La sunnominata Pennacchio Filomena...".
(Braccia che la tirano via - chi sta urlando? - braccia
delle guardie
portano via i pastori - chi sta urlando? - guardie trascinano
via i
contadini le braccia delle guardie sulla faccia di Filomena
- facce
terrose facce di pietra contadini - nessuna voce nell'aula
soltanto -
l'urlo di Filomena sempre piu' via).
Adesso non riusciamo piu' a tradurre i pensieri
di Filomena, neppure
approssimativamente (ormai non ci sono, del resto, dei pensieri
completi: ma singole parole dialettali, e immagini; e molto
tempo e'
passato).
Ci sembra d'intuirvi - o desiderarvi - una luce; molto sfocata
tuttavia, e sempre piu' occasionale. Forse ci sono anche
dei visi,
dissolti uno sull'altro (un video disturbato); ma per brevissimi
istanti.
Normalmente, c'e' un respiro regolare e quello che e' sicuramente
- per
quanto qui possa sembrare strano - un sorriso. Ed e' per
noi gia'
autunno, autunno milleottocentosettantasei.
La luce piove serenamente, adesso, sui camerone rettangolare.
E'
l'ultima della giornata: le donne si raggrumano - a due
a due, a tre a
tre, contandosi remotissimi pettegolezzi - in questa o in
quella
chiazza che scivola dai finestroni sbarrati. Filomena sorride.
Il
contadino Carmine sul masso con la testa spaccata, il ragazzo
Giuseppe
che vive e adesso avra' quarant'anni. Filomena sorride.
L'aula del
tribunale di Vallo, le file dei pastori in catene... E gia'
nel porto
di Napoli ha fischiato una sirena e gia' contadini e pastori
salgono
goffamente il barcarizzo. Tanta acqua, san Sossio... E non
c'e' piu'
briganti, e non c'e' piu' la guerra: per la madonna! l'america,
quella
sola rimane. Nessuno ha chiesto grazia, e nessuno e' pentito:
ma la
montagna e' povera, e il Re ha troppi soldati. Cosi', guardarsi
indietro l'ultima volta, e salire.
(E nel camerone, da sola, una donna rugosa sorride. Sorride?
Chi lo sa
se e' la sua america, e forse col Giuseppe; lei sorride).
Ciao, Filomena.
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Millenovecentoquarantotto
Davanti alla chiesa ci sono le spade
le hanno messe i re antichi
nella piazza di sole la domenica
i vecchi guardano vivere.
La citta' sta sola sulle montagne
manda lontano polvere per le trazzere
alle stelle dell'alba escono i contadini
ritornano con l'ombra delle colline a sera.
E quando e' uscita per la prima volta
(una stoffa sbiadita su una canna)
noi guardavamo dietro la finestra
lui che parlava
e i suoi compagni attorno.
Davanti alla chiesa ci sono le spade
le hanno messe i re antichi
nella piazza di sole il comizio
noi guardavamo dietro le finestre.
La citta' sta sola sulla montagna
sulle trazzere navigano greggi
compagni la gabella non l'ha messa dio
l'ha inventata un uomo.
E quando l'hanno trovato nel burrone
(le mosche gli mangiavano la faccia)
noi guardavamo dietro le finestre
si guardavano attorno
quelli che l'hanno ammazzato.
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"A che serve vivere, se non c'e' il coraggio di lottare?"
(Giuseppe
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