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  Tocca a noi

di Stefano Benni - editoriale apparso all'indomani della bomba esplosa al quotidiano "Il Manifesto".

C'era una fogna da scoperchiare, anni di stragi, misteri, connivenze e logge neanche troppo segrete. La sinistra al governo ha rinunciato a guardarci dentro, forse i sondaggi sconsigliavano di sondare. E la destra ipocrita di Fini e Berlusconi non ha mai avuto il coraggio di fare i conti con la sua storia insanguinata, come ha fatto, stentatamente e dolorosamente, una parte della sinistra non istituzionale. Questo è il risultato. La fogna è ancora lì, con i suoi grandi impuniti e i suoi piccoli soldati.

Ma se è vero che vogliamo essere diversi dalla destra, non dobbiamo rassegnarci alla responsabilità. La democrazia, in Italia, va difesa giorno per giorno, non è genetica, è sulle spalle di chi la desidera. Tocca a noi, oggi più di ieri. Conosciamo i proclami di pulizia etnica di Previti, quando l'Italia avrà votato il suo epocale e irrevocabile destino. Possiamo impedirglielo, pur non possedendo la geometrica potenza della sua ideologia e dei suoi miliardi. Possiamo impedirglielo senza reclutamenti e bombe.

Tra la politica da salotto televisivo e il terrorismo c'è qualcosa che qualcuno continua a praticare, e molti altri potrebbero ancora scegliere: è la lotta serena e feroce delle idee e delle differenze, delle rinunce e delle sfide. Non mi interessa parlare di fascisti e di nemici, mi interessa parlare di compagni e amici che in questi anni ho avuto al mio fianco, a tratti gioiosamente, altre volte litigiosamente, ma sempre con stima e fratellanza. La destra non vuole la democrazia civile, tutt'al più una vivibilità aziendale del paese. E la sinistra istituzionale è pronta a sacrificare alla governabilità, all'economia, al potere mediatico, fette sempre più grandi di democrazia. Questi eventi possono terrorizzare, incattivire, stupire, trovare impreparati molti. Ma non noi.

Noi possiamo provare disgusto, paura, pietà ma non possiamo indietreggiare, né paralizzarci, né semplificarci in risposte simmetriche e irose. Questi eventi devono dare più responsabilità, e più necessità alle nostre idee, più desiderio di una democrazia non insanguinata, più volontà di scoperchiare la fogna. Guai a dividerci, guai a cercare frettolosi recinti di sopravvivenza partitica e ideologica. Una volta scrissi che la democrazia era qualcosa che i centri sociali capivano e desideravano molto più di Berlusconi. Lo confermo. Figuriamo il manifesto, che discuteva di dissenso e democrazia all'Est quando ancora il Papa scriveva commedie. Tocca a noi, amici, compagni ed esuberi, a noi più che a tutti gli altri, in modo totale e non rinviabile.

I lamenti, le delusioni, le verdette, le rivalse, lasciamole al mondo della piccola politica e del videocentrismo indifferente. Possiamo ancora vivere in un paese democratico, ma questo non verrà deciso il giorno del voto. Il sogno della sinistra che cambiava il mondo forse non esiste più. Ma la quotidiana fatica di battersi per le idee e le differenze della sinistra, esiste ancora. Questo è l'unico disinnesco di tutte le bombe. E chissà che non lo capisca anche chi, al governo, avrebbe dovuto capire, battersi e agire da un pezzo. Un po' di verità, vale l'un per cento di meno nei sondaggi? In stu artikulu: politica, sinistra, Manifesto.

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