articolo
d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili |
Depressi da morire - La vita media
dell'uomo svedese è attualmente di 76 anni, ma gli abitanti dell'Estonia
hanno un'aspettativa di vita di soli 63 e i russi di 60. Il divario
tra i due pezzi d'Europa esisteva anche in passato, ma in tutto
il blocco sovietico la situazione era rimasta stazionaria fino agli
anni '80. Ora invece le differenze si vanno allargando in modo preoccupante.
E' un fenomeno recente, che coincide temporalmente con gli anni
'90 e che necessita di una spiegazione, almeno ipotetica. Non per
caso all'argomento è stato dedicato un seminario internazionale
a Budapest, alla fine di maggio, con la partecipazione di epidemiologi,
demografi e ricercatori sociali di tutti i paesi. Le cifre, oramai
accumulate in abbondanza, parlano chiaro e dicono che i tradizionali
fattori di rischio della salute, come il fumo, la cattiva alimentazione,
l'inquinamento ambientale, non sono sufficienti a spiegare il fenomeno,
che si addensa in particolare tra gli uomini di mezza età (dai 30
ai 45 anni). L'inquinamento ambientale, per esempio, è addirittura
diminuito in molti posti, per effetto della chiusura di molte industrie
di stato. Una delle ricerche presentate al convegno è stata realizzata
da Marcus Viigimaa, dell'università di Tartu in Estonia. Confrontando
campioni analoghi di adulti estoni e svedesi, risulta che i primi
hanno una probabilità tre volte maggiore di morire per malattie
cardiache. I dati clinici dei due gruppi (colesterolo, trigliceridi,
grassi corporei) sono abbastanza analoghi e dunque non spiegano
la drammatica differenza; nemmeno l'uso intenso di sigarette da
parte degli estoni è in grado di renderne conto. La conclusione
di Viigimaa, ricavata anche dalle risposte a un questionario, è
che la causa vera, pur se non immediatamente fisiologica, è di tipo
psicosociale. In generale il medio adulto svedese risulta più fiducioso
in se stesso, maggiormente capace di controllare la propria vita
e, soprattutto, meno depresso del suo coetaneo al di là del mar
Baltico. Una ricerca analoga è stata condotta a Vilnius in Lituania,
sempre avendo gli svedesi come paragone. Ne deriva la conferma che
è lo stress interiore a fare la differenza; in situazioni di tensione
i maschi svedesi esibiscono reazioni dell'organismo più rapide e
efficaci, mentre quelli di Vilnius rispondono più blandamente, come
se il loro organismo fosse perpetuamente stressato. Anche in occidente
del resto la correlazione tra situazioni lavorative o di vita poco
soddisfacenti e le malattie cardiovascolari è stata ampiamente verificata
in diversi casi di studio celebri condotti sia in Inghilterra che
in America. Ma allora il problema si sposta: da dove deriva la fatica
mentale e la depressione degli adulti dell'Europa dell'Est? L'ipotesi
avanzata al seminario di maggio è strettamente legata ai cambiamenti
sociali degli ultimi anni. Sostiene Maria Kopp, sociologa di Budapest,
che "le persone avevano un'elevata aspettativa di miglioramento
della propria vita" per effetto del crollo del blocco sovietico,
ma le delusioni successive sono state cocenti. Concorda una sua
collega americana, Virginia Cain dil National Institutes of Health:
"Il passaggio alle economie di mercato permette di controllare sperimentalmente
l'impatto dei bruschi cambiamenti sociali sulla salute della popolazione".
Commenta a sua volta la rivista americana Science (vol.288, p.1732):
"L'euforia del 1989 ha lasciato il passo all'incertezza. Le persone
avevano conquistato il controllo della propria vita, ma la vita
stessa era divenuta come camminare sulla fune senza alcuna rete
protettiva". La risposta in molti casi è stato un arrendersi e un
abbandonarsi. La European Science Foundation ha varato un progetto
di ricerca quadriennale per verificare più sistematicamente i legami
tra la sofferenza psicologica di massa e la mortalità adulta nei
paesi dell'Europa dell'Est, ma se così stanno le cose, il rimedio
non è evidentemente di tipo sanitario. Morire
di capitalismoarticolo apparso su Il Manifesto, 20 giugno
2000di Franco Carlini******July, 2000
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