articolo
d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili |
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Girodivite - n° 60
/ gennaio 2000
"Però non mi immaginerei in una scuola diversa"
- intervista a Blanca, giovane maestra in una scuola "a rischio" di Catania.
Blanca, grandi occhi verdi, ha l'entusiasmo dei suoi 27 anni.
Insegna da quattro anni - matematica disegno e inglese - in una
scuola elementare di Catania, una delle scuole "a rischio" come
le chiamano perché frequentate da bambini provenienti dai quartieri
popolari e degradati. I bambini provengono dal quartiere attorno
ma anche dai quartieri vicini, San Cristoforo e Librino, due dei
quartieri mitici del degrado catanese. La sua esperienza è quella
di chi sta in una zona di frontiera, a diretto contatto di quella
che con eufemismo si dice "situazione difficile". "Alcuni dei
nostri bambini sono sotto tutela del Tribunale", dice Blanca.
Lei prima di questo lavoro non aveva alcuna esperienza d'insegnamento.
Catapultata in prima linea, senza alcun tipo di supporto. "Una
scuola priva di continuità didattica, vi sono assegnati insegnanti
senza esperienza, senza tutor di supporto. Pensa che quando sono
arrivata io, i posti erano ancora vacanti. Del nostro gruppo siamo
rimaste in tre, tra cui un'insegnante di sostegno - una presenza
per noi preziosissima, il nostro vero punto di forza". Uno dei
problemi più grossi è proprio il turn over elevato. "Per ogni
insegnante valida che rimane, ce ne sono state almeno due che
ci hanno mandate, persone assolutamente incompetenti". Gli incarichi
sono annuali, poche sono le persone veramente motivate che rimangono,
la maggior parte resiste per accumulare punteggio e con l'obiettivo
di andarsene al più presto. "Non è facile restare con questi bambini,
se non ci sai fare". I bambini che frequentano la scuola hanno
l'orario continuato, fino alle 16. "I bambini di quinta sono più
alti di me, sono più forti". Molto forte in loro la tentazione
di esibire la loro forza, giungere a vere e proprie prove di forza
con l'insegnante, la sfida violenta. "Eppure se li sai prendere
sono le persone più dolci e affettuose di questo mondo". Sono
bambini che provengono da famiglie spesso con gravi problemi.
"La cosa che mi sconvolge di più è che sono già da piccoli rassegnati".
Subiscono le imposizioni dei genitori e dei grandi, spesso le
botte. "Tu ti affezioni a questi bambini e poi te li vedi spuntare
pestati. Spesso non te ne accorgi neppure: non hanno segni esteriori.
Eppure vedi che c'è qualcosa che non va, li vedi più irrequieti
del solito. E allora scopri i segni della violenza dietro le orecchie
o nei corpi. In questi casi occorre avere molto tatto, si deve
stare attenti a come parlare con i genitori". Loro sono giovani
maestrine, non hanno spesso esperienza né alcun tipo di aiuto,
ad esempio da parte di psicologi. Blanca ricorda quando ha fatto
venire un gruppo di suoi amici, musici e giocolieri, la felicità
di questi bambini. In quella occasione la strada non era più solo
il luogo dove essere scaraventati da parte di genitori impossibilitati
a accudirli. La scuola dispone anche un campo di calcio, i ragazzi
hanno le divise, si è svolto un torneo di calcetto. Anche questo
è servito moltissimo. "Mi ricordo quello che succedeva un paio
di anni fa. Bastava un attimo di distrazione e si scatenavano
delle vere e proprie risse. Li vedevi fare cerchio attorno ai
due che si pestavano, e fare il tifo, proprio come si comportano
i grandi". Il problema è che fuori dell'orario scolastico questi
bambini non hanno nessuno che li segua, nessuno chiede loro se
hanno fatto i compiti. "Ci sono bambine che a quattro anni già
svolgono tutti i lavori di casa: puliscono per terra, lavano i
piatti, puliscono il bagno. Pensano al fidanzato da piccolissime.
L'unica via per uscire di casa è, per le bambine il matrimonio,
per i bambini il lavoro - diventare meccanici o carrozzieri. La
realtà è poi che alcuni bambini smettono di venire perché vanno
a rubare". "Già i loro genitori sono persone che occorrerebbe
aiutare. Sono spesso più giovani di me. A 12-13 anni si rimane
incinte. In quinta elementare le bambine sono già donne a tutti
gli effetti. Per questo cercano la pace lontano da casa, con la
fuitina. La fuitina è pensata come l'unica soluzione
alla loro vita". "In queste condizioni tu ti senti responsabile,
devi poter dire qualcosa che però sia di utile e di concreto.
Sennò ci si sente impotenti, si perde ogni senso al proprio lavoro".
Blanca dice dell'entusiasmo momentaneo quando la scuola è stata
classificata "a rischio". Si pensava a nuovi mezzi e finanziamenti.
Tutto si è risolto nel presentare un progetto, e per quelli che
firmeranno di rimanere per tre anni in quella scuola senza chiedere
il trasferimento un aumento di stipendio (tre milioni l'anno):
non un soldo per i progetti. "A noi manca davvero di tutto", dice
Blanca con amarezza: "Non abbiamo carta, non abbiamo matite, non
abbiamo colori. E in più ci sono i problemi didattici, perché
poi noi parliamo una lingua che non è la loro". L'unica presenza
più assidua nel quartiere è quella di alcune figure del cattolicesimo
sociale tradizionale catanese, come padre Pignataro, e padre Sannio.
L'anno scorso uno dei suoi bambini nel periodo della festa patrona
di Catania, sant'Agata, non era venuto a scuola. Era andato "a
buscàrisi i soddi" insieme a altri suoi due compagni facendo il
posteggiatore. Era tutto felice, quando era tornato, perché insieme
avevano guadagnato 50 mila lire. "E tu lo sai quanto ti toccherà
a te, ora?" gli aveva chiesto. Il bambino sorpreso le aveva detto
di no, non lo sapeva quanto faceva 50 diviso 3. "Se venivi a scuola
ora lo sapevi e non ti facevi fregare", gli aveva detto lei. Blanca
dice di una sua esperienza con una organizzazione non-governativa
in Tunisia, la costruzione di una scuola. "Eppure tu vedi la differenza.
I bambini tunisini non hanno niente a livello materiale, ma hanno
le famiglie, il loro affetto. Sono felici con pochissimo. I nostri
bambini invece hanno tutto a livello materiale. I loro genitori
suppliscono in questo modo all'affetto, comprando loro di tutto.
Telefonini, motoscooter, vestiti anche di sottomarca ma firmati.
Eppure i loro genitori sono sempre assenti. I loro padri non ci
sono, sono latitanti. L'unico modo che hanno per intervenire è
quello di picchiarli, ma se uno dà botte a un bambino quello non
capirà mai dove sbaglia". "Probabilmente, prima di pensare a fare
qualcosa per questi bambini occorrerebbe pensare a fare qualcosa
per i loro genitori, per le loro mamme". Si tratta di donne giovanissime,
che hanno spesso il marito in galera o che se n'è andato. La loro
scolarizzazione è ferma ai primi anni delle medie. Blanca pensa
a un centro sociale, aperto alle mamme, che permetta l'incontro
tra le donne, il dialogo sui problemi, l'informazione soprattutto,
sulle cose più concrete e quotidiane. Blanca mi saluta con un
grande caldo sorriso. "Ora sono preoccupata", mi dice, "perché
uno dei miei bambini non viene da diverso tempo. E io so che è
a rubare bici...".
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Argomenti di questa pagina:
Catania, scuola, bambini
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Released online: January, 2000
******July,
2000
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