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articolo d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili

Girodivite - n° 60 / gennaio 2000

Pippo Baudo o il Gabibbo?

di SF

"E' stato il miglior sindaco che abbiamo avuto in cinquant'anni". A parlare così è un barista di piazza Bellini, a Catania. Soggetto: Enzo Bianco divenuto ora ministro degli interni nel governo D'Alema bis. Il punto di vista del barista riflette certamente interessi e una sensazione elementare dei fatti politici. Ma il tono di voce è quello di chi usa il dialetto stretto catanese, aspro e popolare. L'avventore con cui scambia battute è un tizio ben vestito, accento italico. "I fascisti ne dicono male, ma non è vero", insiste il barista. Certamente gli anni di amministrazione di Enzo Bianco hanno fatto breccia nella coscienza scaltrita e ostica dei catanesi. Quella che negli anni Settanta era la città "più nera" d'Italia, la città dei Drago e dei Santapaola, dei Cavalieri del Lavoro e delle quotidiane rapine nella centralissima via Etnea, alla fine degli anni Ottanta ha conosciuto una "nascita" fatta di proliferare di pub e di attività culturali, di musica, di manifestazioni pubbliche e mostre che l'hanno portata all'attenzione nazionale finalmente non più per fatti di sangue o di degrado. Enzo Bianco salito al potere nello stretto corridoio di mesi che ha visto la dissoluzione del vecchio apparato di potere, ha saputo gestire non solo una transizione ma un mutamento che ha inciso sui modi stessi che i cittadini hanno di vivere la propria città.

Prima dello scadere le suo mandato naturale, Enzo Bianco ha fatto la scelta di proiettarsi sul piano nazionale. Una perdita per Catania e un'acquisizione per il Paese? Forse è troppo presto per dirlo, ma certamente tra i sindaci nuovi delle grandi città, sindaci democratici e che hanno governato con schieramenti di centro-sinistra, l'esperienza di Bianco è stata tra le più preziose e importanti.

Per Catania giunge ora il difficile compito di vivere il dopo-Bianco. Per lo schieramento del centro-sinistra si tratta di trovare una personalità in grado di raccoglierne la difficile eredità - difficile proprio per i "successi" raggiunti e vantati. Con in più il problema della pioggia di miliardi che sono sul punto di arrivare, per il finanziamento delle grandi opere infrastrutturali - Catania è tra le pochissime città italiane che (a parte Roma con il giubileo) vede i bilanci gonfiarsi.

La campagna elettorale parte ora. Con la destra - guidata da Musumeci indiscusso leader e reggitore della Provincia (nella mai confessata spartizione esistente per cui la Provincia va alla destra e la città alla sinistra, in modo che qualsiasi sia il Governo nazionale, arrivino comunque i soldi di finanziamento per le imprese catanesi) che ha già messo le mani avanti desiderosa di conquistare una delle città-simbolo della sinistra italiana e siciliana. La sinistra invece vive la sua crisi. Alle ultime elezioni europee nonostante il grande trionfo di Bianco (non eletto per una questione di ripartizioni nazionali di voti) DS e Rifondazione si attestano come partiti non oltre all'8%. In questi anni la gestione individualista di Bianco non ha prodotto un ceto politico di sinistra visibile. Nelle prime informali riunioni politiche, si cominciano a fare i primi nomi: quello di Beretta, ex segretario del DS, moderato e di formazione cattolica. Alcuni hanno fatto persino il nome di Pippo Baudo, a testimoniare l'assoluta povertà di alternative. La destra vorrà contrapporre a Pippo Baudo il Gabibbo facendolo scendere da Genova? In una delle ultime elezioni politiche cittadine uno dei personaggi più votati per la destra è stato il forza-italiota Zeffirelli. Non essere di Catania non è un problema per i grossi partiti che vogliano fare il facile pieno di voti con i "personaggi".

A Catania siamo ancora in una fase iniziale. Claudio Fava, leader del DS siciliano e a suo tempo antagonista di Bianco, sconta la debolezza regionale di un partito che non riesce, nell'isola, a costruire una rete organizzata e politica ed è costretta ad affidarsi alla certezza dei piccoli ras locali. Nelle ultime importanti elezioni dell'isola, per l'amministrazione di Siracusa, Fava e i DS hanno appoggiato Fausto Spagna, ex DC e leader dei "popolari": un appoggio che ha provocato oltre che la sconfitta - Siracusa è ora fortemente in mano alla destra - la ribellione interna allo schieramento del centro-sinistra e tra i DS.

Un quadro politico che viene complicato per la presenza del "convitato di pietra". Rappresentato da Mario Ciancio Sanfilippo, segretario della FIEG ma soprattutto proprietario dell'informazione unica dell'isola (il quotidiano «La Sicilia», le due principali televisioni private), e dagli interessi dei grandi imprenditori catanesi. Un quadro economico che ha visto sempre di più rafforzarsi - più ancora che ai tempi dei cavalieri del lavoro degli anni Settanta e Ottanta - le 3-4 famiglie che controllano economicamente la città. E di recente si è parlato di un pool di imprenditori siciliani, con l'onnipresente Ciancio, a fare da cordata per l'acquisizione del Banco di Sicilia, il più grosso istituto di credito dell'isola e tra i maggiori del Meridione. Cordata tutta "patriottica" per impedire che la privatizzata Banca di Sicilia vada a finire in mano a imprenditori "forestieri". Ciancio è riuscito a sopravvivere all'eliminazione dei vecchi amici Cavalieri del lavoro, ha stretto una allenza non ideologica con gli amministratori del nuovo corso che garantivano la continuazione del vitale flusso dei finanziamenti. Sono state queste tra le maggiori ombre dell'amministrazione Bianco, nell'assenza di una imprenditoria altra e di un ceto politico realmente alternativo.

Argomenti di questa pagina:
Catania, crisi della sinistra, politica, Enzo Bianco
 

 


Released online: January, 2000


******July, 2000
 
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