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Girodivite - n° 58 / novembre 1999 - Reggio Calabria, lavoro

A Reggio per il lavoro

comunicato sulla mobilitazione dei lavoratori socialmente utili (LSU) a Reggio Calabria
MOBILITAZIONE REGIONALE DEGLI
LSU-LPU IL 20/11/99 A REGGIO CALABRIA

La vicenda dei lavori socialmente utili e di pubblica utilità (LSU ed LPU
468/97 e il cosiddetto Pacchetto Treu) diventa, ogni giorno che passa,
sempre più emblematica di una situazione di estremo disagio sociale dovuto
alla disoccupazione strutturale di massa, da un lato, e dell'impasse delle
politiche d'intervento per combatterla, dall'altro. 140 mila lavoratori e
lavoratrici in tutta Italia (ma soprattutto al Sud) sopravvivono ormai da
circa tre anni con un reddito di 800 mila lire (oggi "aumentato" di 50 mila
lire) pagate dallo stato per lo svolgimento di attività socialmente utili
presso enti locali, provincie, regioni, enti pubblici non governativi,
ministeri e cooperative sociali. Queste attività costituiscono un insieme
estremamente variegato che va dall'assistenza agli anziani, dalla tutela
dell'ambiente e dalla fruizione dei beni culturali allo svolgimento di
mansioni assolutamente ordinarie all'interno delle amministrazioni
pubbliche. Nel secondo caso, estremamente diffuso, si è assistito ad una
vera e propria copertura surrettizia (perché contraria ai termini della
normativa) di vuoti nelle piante organiche del pubblico impiego ad ogni
livello. LSU ed LPU si trovano normalmente a svolgere attività presso gli
uffici degli enti locali, eseguono la manutenzione ordinaria e straordinaria
presso scuole, asili nido, ospedali ed altre strutture pubbliche, guidano
gli scuola-bus ed i camions della nettezza urbana, sono dietro gli sportelli
dell'Inps, dei catasti, degli uffici imposte e del registro, si trovano
persino negli uffici di collocamento.
A fronte di questo coinvolgimento capillare all'interno della macchina
amministrativa a tutti i livelli, nonché all'attivazione di iniziative
aggiuntive di utilità sociale in più settori (assistenza, tutela ambientale,
valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale), i LSU e LPU
si vedono non solo remunerati con il misero salario di cui si è detto, ma si
trovano anche privi di contributi previdenziali, di stabilità lavorativa e
di diritti sindacali. Com'è possibile che ciò avvenga, e che l'autore di
tutto, violazioni di legge comprese, sia lo stesso stato italiano? Finora è
stato o è parso sufficiente coprire il tutto dietro una cortina fumogena di
parole e rappresentazioni mistificatorie. Innanzitutto, si è costantemente
teso a negare che i LSU ed LPU svolgessero davvero delle attività utili, o
che svolgessero delle attività tout-court. I commenti dei vari esponenti del
governo, a partire dai vari ministri del lavoro e a finire allo stesso
D'Alema, non hanno finora perso occasione di dichiarare esplicitamente la
presunta natura assistenzialistica dei LSU ed LPU, in questo costantemente
appoggiati dalla maggior parte delle testate giornalistiche e dai principali
organi di informazione radiotelevisiva. L'utilità di fatto delle attività
dei LSU ed LPU viene quindi ipocritamente disconosciuta, ed i lavoratori
denigrati e presentati come massa di assistiti. Essi svolgerebbero un lavoro
che non è un lavoro, in cambio del quale è giusto che non percepiscano un
vero stipendio ma solo un sussidio di disoccupazione (come recita la
fascetta dell'Inps). Essi non potrebbero quindi rivendicare una dignità di
lavoratori, né pretendere di ottenere delle garanzie o addirittura
l'assunzione in pianta stabile. È bene pertanto che se ne stiano zitti e
buoni mentre qualcuno provvede a studiare "come va svuotato il bacino degli
LSU/LPU".
Il coperchio su questa gigantesca mistificazione della realtà dei fatti è
stato fatto abbondantemente saltare dal movimento dei LSU ed LPU
autorganizzati, e lo stridore della contraddizione, nonché l'urgenza dei
bisogni insoddisfatti, è tale che neppure il nuovo ministro del lavoro Salvi
si è potuto sottrarre dall'affermare che "c'è stato un uso distorto degli
LSU presso le amministrazioni" (incontro con Cobas, Rdb ed altre
rappresentanze di base presso il ministero del lavoro, Roma, 8 ottobre
1999). I lavoratori e le lavoratrici sono stufi/e della precarietà, del
calpestamento dei propri più elementari diritti, del disconoscimento della
rilevanza sociale delle attività svolte, della negazione della dignità e
della considerazione che loro compete in quanto persone e lavoratori/rici.
Le azioni di lotta sinora svolte e quelle che seguiranno nei prossimi mesi
hanno come obiettivo la presa di coscienza da parte di tutti i LSU ed LPU
dei propri problemi e diritti negati, del fallimento o dell'inattuabilità
delle varie soluzioni approntate dal governo, della necessità di una vasta
lotta per l'assunzione stabile nella pubblica amministrazione.
La situazione presenta numerosi paradossi e contraddizioni dovute ad un
impianto normativo fragile e poco previdente. Si è inteso, da un lato,
intervenire per ammortizzare le conseguenze dell'improvvisa impennata della
disoccupazione nel nostro paese in seguito alla stretta deflazionistica del
1992, e alla congiuntura sfavorevole che ne seguì, attraverso una misura di
sostegno al reddito; dall'altro, si è inteso mascherare questo intervento
come misura per l'occupazione. Si parlò di piani d'impresa, di inserimento
dei lavoratori in cooperative o società miste che avrebbero dovuto trovare
una collocazione sul mercato, di professionalità e di formazione, a partire
da misure-tampone da null'altro in realtà ispirate se non dalla necessità di
offrire una risposta rapida al disagio dilagante. I risultati sono sotto gli
occhi di tutti ben espressi dalla situazione che abbiamo sopra descritto.
Così come era avvenuto per l'art. 23 della finanziaria per il 1988, non si
fece altro che mobilitare ingenti quote di disoccupati iscritti agli uffici
di collocamento in base alla qualifica o al carico familiare per inserirli
in attività per le quali non si prevedeva un futuro. Il governo però aveva
fatto i conti senza l'oste: l'avviamento in progetti LSU ed LPU presso enti
statali di ogni ordine e grado veniva ad incrociare la tendenza ai tagli di
bilancio e alla riduzione del personale nel pubblico impiego (attraverso il
blocco del turnover e la mobilità interna). Il risultato è stato la
copertura dei vuoti lasciati nelle piante organiche da lavoratori
regolarmente assunti che andavano in pensione con lavoratori precari e
sottopagati, dei veri e propri lavoratori in nero statali privi di diritti e
garanzie.
È questo il primo vistosissimo fallimento del disegno governativo: malgrado
fosse esplicitamente vietato l'uso di LSU ed LPU a copertura di mansioni
ordinarie, intendendo così sancire l'eccezionalità della misura, si è
assistito ad una corsa sfrenata da parte di ogni amministrazione dello stato
a trarre vantaggio dalla disponibilità di una forza-lavoro estremamente
flessibile e competente, senza dover assumere alcun obbligo verso di essa, e
per lo più a costo zero!
Sono del tutto infondati quindi gli argomenti volti a sostenere il
gonfiamento delle piante organiche pubbliche (Scopelliti): la filosofia e la
prassi della destrutturazione e flessibilizzazione del settore del pubblico
impiego ha portato ad un contenimento della crescita organici negli ultimi
anni, a fronte di un fabbisogno immutato da parte delle amministrazioni.
Queste, da un lato, sono state costrette a ricorrere al mercato per
procurarsi quei servizi essenziali all'espletamento delle proprie funzioni;
dall'altro, si sono rivolte massicciamente al contributo di LSU ed LPU.
Appaiono pertanto risibili le ampie professioni di intenti circa una
collocazione stabile degli LSU ed LPU: la flessibilità sfrenata, che nel
pubblico impiego avanza senza maggiori garanzie di come avviene nel settore
privato, mal si concilia con la necessità di offrire garanzie salariali e
previdenziali, nonché stabilità occupazionale, a quanti lavorano in un
settore vitale per il benessere collettivo in una società democratica degna
di questo nome.
Che dire poi della formazione? Lo Stato fa un gran parlare di formazione e
riqualificazione, spendendo miliardi in campagne pubblicitarie che invitano
quasi-pensionati, che già possiedono un loro personale carico di qualifiche
e professionalità duramente acquisite, a studiare per poter continuare a
lavorare, ma poi i giovani laureati, i neo-laureati vengono inviati a fare
esperienza (a che cosa servirà poi questa decantata esperienza se a 50 anni
devi reinventarti una qualifica) presso privati, borse lavoro e pip,
percependo uno stipendio che giustamente rifiuterebbe chiunque, ben 7.500
lire l'ora, senza contributi, senza ferie, senza malattia, senza diritti.
Come possiamo credere ad uno stato che propaganda la professionalità e poi
paga un giovane medico meno della donna delle pulizie, che non ha bisogno di
nessuna specifica competenza per svolgere il suo lavoro. Lo stato ha messo a
disposizione dei vari enti alte professionalità, ingegneri, architetti,
bibliotecari, geometri, ragionieri, periti agrari, chimici, operatori e
programmatori di computer, assistenti sociali e la lista di quanto si
potrebbe allungare, e tutto questo all'ente è costato solo l'assicurazione.
La beffa per questi lavoratori non-lavoratori è che vengono definiti
assistiti, ma c'è da chiedersi chi assiste chi. Le borse lavoro chi hanno
assistito? Il lavoratore della borsa lavoro deve ringraziare l'impresa che
lo ha sfruttato. I LSU e LPU devono ringraziare lo stato che gli ha permesso
di riparare le fognature, curare i boschi, riordinare le biblioteche,
riaprire un museo, pulire le scuole.
Le soluzioni che il governo sta studiando sono del tutto insufficienti a
risolvere il problema. Le cooperative e le società miste non garantirebbero
il lavoro a tutti ma solo ad una parte dei lavoratori impegnati nel
progetto, lavoro che sarebbe tra l'altro sottopagato e precario. Ridicola è
anche la proposta di dare un incentivo a quelle imprese private che
volessero assumere un LSU, infatti questa proposta non è stata accettata
dalle imprese e il governo per rendere più appetibile la sua offerta abbassa
ulteriormente il prezzo e prevede l'incentivo anche per contratti a tempo
determinato, con il beneplacito delle rappresentanze istituzionali dei
lavoratori. Per le qualifiche più basse é già prevista una riserva del 30%
nei concorsi pubblici, ma la 144/99 che la prevede anche presso enti che non
si sono giovati di LSU, è inapplicata. Per le qualifiche più alte ci si
nasconde dietro la foglia di fico del rispetto dei diritti degli altri
lavoratori. Infatti da un lato si dice di voler garantire a tutti i
disoccupati la possibilità di accesso ai posti di lavoro tramite concorso ma
dall'altro lato questo crupolo garantista sparisce quando gli stessi "posti"
devono essere assegnati attraverso il sistema delle cooperative o società
miste. Ed è proprio in questa posizione che chiaramente traspare e si fa
visibile la filosofia che sta dietro le proposte del governo per "svuotare
il bacino LSU/LPU". Si vuole  trasformare completamente il settore del
pubblico impiego, esternalizzaziondo i servizi, rendendo precario il lavoro,
facendo dell'efficienza un mito a scapito dei diritti di tutti i lavoratori.
I lavoratori socialmente utili, quelli di pubblica utilità e del Pacchetto
Treu si sono uniti al di fuori di qualsiasi contesto politico e sindacale,
per contestare questa nuova impronta che si vuole dare al lavoro. Contro la
precarietà e per il riconoscimento dei propri diritti i LSU/LPU
autorganizzati di tutta la Calabria scenderanno in piazza a Reggio Calabria
il 20 novembre con un corteo che muoverà da piazza Italia alle 10.00 in
occasione della visita del ministro del lavoro Cerare Salvi alla Prima
Conferenza Regionale sul Lavoro, per rivendicare:
· L'assunzione degli LSU, LPU-468/99, LPU pacchetto Treu da attuarsi con la
copertura delle piante organiche, con piani straordinari per la tutela del
patrimonio ambientale, culturale, storico-artistico e per il potenziamento
dei servizi sociali;
· I contributi previdenziali retroattivi;
· I diritti sindacali;
· La proroga agli LPU del pacchetto Treu;
· La soluzione della situazione di incertezza, riconoscimento dell'anzianità
di servizio per i bidelli;
· Alla regione: adeguamento alle modifiche all'art.12 dlgs 468 (integrazione
300.000 lire). 


Released online: November, 1999

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