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Girodivite - n° 58 / novembre 1999 - Firenze, Migranti

Migranti nella fortezza Europa

documento della Commissione migranti in preparazione dell'anti-meeting di Firenze, del 19-21 novembre 1999.
MIGRANTI NELLA FORTEZZA EUROPA


Quando si parla di flussi migratori e di immigrazione in generale si corre
sempre il rischio di scivolare in interpretazioni politiche e sociali che
fanno riferimento a insiemi di categorie scientifiche e a letture oggettive
che seguono i canoni di riferimento per chi opera nel settore. Sia esso
quello dell’associazionismo sia nel più ampio movimento antagonista.
Ci accorgiamo nel tempo che parlare e affrontare la questione
dell’immigrazione, in tutti i suoi aspetti, supera qualsiasi riferimento
oggettivo. L’incredibile numero di risorse culturali, l’ampiezza di
contenuti, le tante differenze sono come un torrente in piena che rischia di
straboccare costantemente: nella discussione della commissione sui flussi
migratori di questo si deve tenere costantemente conto.

In Italia da tempo è stata invertita la tendenza storica di paese
esportatore di forza-lavoro, anche se ricordiamo che esistono ancora sacche
di resistenza autoctona dentro ai confini dell’Unione Europea. Tutte le
settimane  dalla Sicilia parte un autobus che carica lavoratori italiani per
la Germania. Sono ben 70 mila ogni anno. Inoltre sono calcolati 35 mila
manovali impiegati con contratti di lavoro e salari a condizioni “italiane”.
Una triangolazione di SUB-APPALTI che consente lo sfruttamento del mercato
di braccia da parte delle ditte italiane.

Flessibilità e deregolamentazione del mercato del lavoro nei paesi a
capitalismo avanzato fanno della figura del migrante del sud del mondo il
prototipo di applicazione delle moderne forme del neoliberismo.

Sotto il profilo qualitativo la motivazione dell’immigrazione, è, a
differenza degli anni passati indotta da svariati elementi (push factors)
sia di natura politica sia di natura economica e sociale. Le ragioni della
sopravvivenza, dalle navi dei disperati in Adriatico con il costante numero
di morti al seguito, gli approdi a nuoto a Pantelleria, i curdi in Calabria,
le morti nei vani dei carrelli aerei e nelle stive delle navi, nei doppi
fondi dei tir, sono fattori che parlano non il linguaggio dell’attrazione ma
quello di un mercato del lavoro deregolamentato in continua espansione.

Questa è una delle ragioni e dei paradossi dei flussi migratori: flussi
continui di manodopera immigrata nonostante la presenza di una consistente
disoccupazione interna. Ma questa realtà si giustifica solo dalla totale
disponibilità della manodopera immigrata a svolgere mansioni spesso
rifiutate dagli autoctoni perché disagevoli, poco remunerate e completamente
precarie. Così come l’atteggiamento dei padroni non muta il corso del tempo;
si cerca infatti una manodopera debole e costantemente ricattabile:
comportamento usato molto spesso nelle nuove forme del lavoro interinale con
agenzie che collocano e sfruttano la manodopera immigrata nelle varie forme
di condizionamento e di ricatto costante.

Per questo le pretese dei padroni di manodopera immigrata superano e di
tanto gli stessi iniqui provvedimenti delle politiche governative, dei
dettati dall’Europa di Schengen alla restrittiva regolamentazione dei flussi
migratori. La flessibilità, la temporaneità, la reversibilità delle
assunzioni che caratterizzano l’odierno mercato del lavoro è particolarmente
accentuata nei confronti degli stranieri, come del resto sostiene persino la
Fondazione Cariplo nel suo studio e nei suoi rapporti sui flussi migratori.

In tutti i paesi dell’UE la stretta migratoria rende sempre più precari i
diritti alla residenza e al soggiorno e alle pratiche di accesso ai servizi
sociali da parte sia degli immigrati, sia da parte dei richiedenti asilo,
portando all’applicazione di un’insieme di norme legislative e di indirizzi
politici che applicano i dispositivi emanati a Schengen nel 1985 ratificati
a Dublino nel 1990 e ricoordinati lo scorso 15 ottobre a Tampere (Finlandia)
dai ministri degli interni e dai capi del governo.
I confini esteri europei stanno diventando un enorme laboratorio repressivo
dentro il quale vengono sperimentate forme e tecnologie di controllo e di
dominio. In questo quadro le frontiere diventano una grande cortina militare
dentro la quale l'apparato di difesa mette in atto le politiche di
aggressione fino a ricorrere anche al conflitto armato per confermare le
politiche di assoluta egemonia del territorio. Questa è stata la politica di
abolizione delle frontiere interne e di totale militarizzazione di quelle
esterne, politica che spesso decade, quando conviene, per rafforzare la
produttività di questa o di quell’altra nazione europea.

In questo senso l’apertura di una grande battaglia che garantisca la libertà
di circolazione come diritto universale delle genti e dei popoli deve
accompagnare il lavoro politico e sociale di migliaia di militanti delle
associazioni, dei collettivi e di tutti coloro che difendono i diritti dei
lavoratori e delle lavoratrici straniere. Un capitolo a parte dentro la
commissione deve riguardare il peregrinare costante della popolazione Rom.
Per questo popolo migrante, al quale è stato spezzato ogni suo riferimento
culturale, va garantito un impegno di difesa in un quadro europeo. Le
politiche di espulsione di questo popolo, che avvengono un po’ ovunque vanno
fermate. E sempre in questo quadro deve essere riaccesa una battaglia di
massa per il diritto all’ASILO POLITICO di migliaia di donne e uomini che
emigrano da guerre indotte, da politiche di genocidio come in Turchia, da
governi autoritari e fascisti.
Questo mentre i fenomeni di diffusione di campagne xenofobe e la crescita
della destra in Europa diventa un segnale inquietante in Italia, sia le
campagne del Polo contro la microcriminalità che le costanti e diffuse
azioni di intolleranza nei confronti degli immigrati sono la moderna
concezione di come si pratica il razzismo. I leghisti in alcuni paesi del
Nord Italia hanno fatto di peggio, ad esempio: sradicando le panchine dei
parchi per negare un minimo ritrovo agli immigrati e chiudendo praticamente
tutti i centri di prima accoglienza.

L’applicazione in Italia della legge quadro è figlia di una serie di
innumerevoli contraddizioni. Una legge di stampo europeo che contiene in sé
la ratifica dell’arbitrio burocratico e la sua trasformazione in legge: non
lo dicono solo i movimenti antagonisti, lo denuncia anche la Caritas.
Coronamento a questo orrore giuridico dell’espulsione, nei fatti
assolutamente inappellabile, nella sua violenza e nella sua distanza dalla
società reale come nella sua aberrante ipocrisia sono la costruzione dei
CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA. Applicazione odierna dei trattati di
Schengen, luoghi dove impera la totale assenza del diritto, luoghi della
negazione e dell’arbitrio, della detenzione in assenza di reato, della
cancellazione della personalità come contenitore di desideri e bisogni.
Questi luoghi vanno immediatamente chiusi. Questi sono moderni lager che
richiamano alla memoria tante altre forme di contenzione; questi luoghi non
sono riformabili, sono LAGER da chiudere laddove esistono; ne va impedita la
realizzazione laddove si preveda di costruirli.

Su questi temi, trattati sino a qui in forme volutamente larghe, deve
riprendere un terreno di dibattito e di conseguente iniziativa, un fronte di
lotta contro il razzismo che porti in Europa il linguaggio degli
antifascisti e di tutti coloro che credono alla libertà dei popoli e ai loro
diritti universali. 


Released online: November, 1999

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