Logo Girodivite: vai a notizie sulla redazione
articolo d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili

***** ***
Girodivite - n° 55 / luglio-agosto 1999 - Pacifismo, dossier Kossovo

La Nato è cieca: la sinistra apra gli occhi

di Rossana Rossanda. - Da: Il manifesto, 21 aprile 1999. - "Una esplicita dissociazione: dai comunisti italiani, dai Verdi e dalla sinistra Ds vogliamo questo. Per poterci salutare se ci incontriamo per strada"

Interrogato sull'eventuale escalation militare a terra in Jugoslavia, il presidente del consiglio ha risposto: "Non c'è nessun piano". Sarebbe stato più corretto dire: "Non ne ho idea". Caduta la previsione di un rapido cedimento di Milosevic, il caos regna nella Nato e fra gli stati della Unione europea. Negli ultimi tre giorni l'intervento a terra è stato indicato come possibile da Solana e come probabile da Blair, mentre dell'addestramento militare che avrebbe luogo negli Stati uniti in similvillaggi kosovari veniva prima data notizia, e poi smentita. Gli esperti militari continuano a dire che in ogni caso ci vorrebbero un paio di mesi di preparazione. Ma sono divisi fra gli "avanti tutta" cara ai politici tipo Brezinski, e la riluttanza a mettere in gioco le preziose vite dei boys: il bello dei raids aerei è che muoiono soltanto gli altri e a questo la nazione americana non obietta, mentre obietterebbe all'arrivo dei primi feretri dalla guerra adriatica. Per cui i più preferiscono proporre un prolungamento degli attacchi aerei, per settimane mesi o anche anni. Sei ce ne sono voluti, spiega l'impareggiabile Jeamie Shea, per mettere a terra la Germania. Quel che si capisce è soltanto che perfino i militari si sono resi conto che il Kosovo non è un deserto dove dispiegare un fronte continuativo di mezzi corazzati che avanza seppellendo qualche centinaio di migliaio di iracheni, bensì un paese tutto montagne, dove occorrerebbe andare a scontri non soltanto tecnologici ma fra vulnerabili corpi. Sul che gli Usa si dividono persino a proposito degli Apache, "li mandiamo, li abbiamo mandati, anzi non ci sono ancora", appunto perché possono distruggere perfettamente un mezzo corazzato jugoslavo ma avvicinandoglisi con qualche rischio. Dal quartiere generale il portavoce della Nato, il suddetto Shea e il nostro generale Marani, una ne dicono e una ne negano. Prima hanno diffuso le dichiarazioni del pilota che dalla rassicurante quota di metri cinquemila aveva sganciato una bomba su una colonna di profughi, poi hanno precisato che la voce non era la sua ma di un altro sganciatore a vanvera. In compenso Marani s'è dilungato nella descrizione di fosse comuni che sarebbero state scoperte, ma di cui mancano i documenti, dicendosi certo che le hanno scavate albanesi vestiti di rosso e credenti, in quanto i sepolti sarebbero orientati verso la Mecca. Non dissimili da questo tragico blob le confidenze rilasciate da un incognito dell'Eliseo a Libération, secondo le quali sarebbe Chirac in persona a dire alla Nato, in nome della Francia, quale obiettivo jugoslavo si può colpire e quale no. Chissà se da noi tocca anche al presidente Scalfaro. Ne dubito. La verità è che l'aplomb dei nostri governanti è pari alle loro incertezze sul futuro, confessate soltanto, sembra per motivi di politica interna, dal ministro Dini, il quale dubita nonché dell'intervento a terra anche dell'utilità di una prosecuzione sine die dei bombardamenti. Propone un blocco navale della Jugoslavia, che la Francia si affretta a escludere. Schröder aveva proposto un modestissimo negoziato, ma tutto il resto della Ue lo ha lasciato cadere. Mai guerra è stata decisa come questa contro qualsiasi regola e mai ne sono stati così occultati le decisioni e i movimenti. Il nostro presidente del consiglio doveva sapere, ma ha taciuto al parlamento e al paese, che la Nato preparava l'operazione aerea contro la Jugoslavia prima ancora dell'incontro di Rambouillet, quando, come ci ha detto ora, di kosovari ne erano già cacciati dai confini oltre centomila. Doveva conoscere, e ci ha taciuto, la natura del vero testo che sarebbe stato sottoposto a Rambouillet agli jugoslavi: non una piattaforma di negoziato, come ci ha fatto sapere ed illustrato Luciana Castellina, ma una resa senza condizioni della Serbia al controllo delle truppe Nato, cui avrebbe dovuto aprire le porte e affidare pieni poteri militari. Qui anzi non c'è stata da parte del governo una reticenza, ma una menzogna. Si è voluto rompere per dare una lezione alla Rfj; sarebbero bastati, hanno assicurato tutti, pochi giorni, neanche un paio di settimane, di bombardamenti. Se da parte italiana qualche vecchio memore delle imprese del generale Roatta ne dubitava, non lo ha detto. Il nostro imperturbabile presidente si adegua comunque alle convulsioni della Nato, irridendoci perché non avremmo ancora capito che siamo in guerra. Anche quando se ne modificano non solo i tempi ma gli obiettivi. All'inizio era l'autonomia del Kosovo, poi è diventato l'abbattimento di Milosevic, adesso -rettifica la Nato - non è lo è più. Intanto tutti si guardano dall'ammettere di dire che l'obiettivo sventolato all'inizio, e sul quale è cresciuta l'emozione internazionale, era difendere i kosovari nella sicurezza di poter restare nelle loro terre. Ma il modo per assicurarglielo è stato disastroso. Ma come, la comunità internazionale si spinge a violare la Carta della Nazioni unite e lo statuto stesso della Nato per l'urgenza di proteggerli immediatamente, e che fa? Bombarda un crudele tiranno, senza prevederne la rappresaglia, dandogli tempo e pretesto di fronte al suo paese per deportazioni giganti di quegli infelici verso frontiere che poco dopo si bloccano, per cui rimangono divisi nei loro nuclei familiari, senza niente con sé, senza più documenti, senza che l'Alto commissariato delle Nazioni unite abbia potuto registrarli, senza che siano stati provveduti per loro dei soccorsi, in una terra di nessuno che sta fra il paese lasciato e quello in cui non possono entrare. L'alto comando della Nato ha avocato a sé i soccorsi, poco ne sa e ancora meno fa, mentre con quei disgraziati si danno da fare come possono le Ong. La Banca centrale ha generosamente erogato una somma un po' minore di quanto costa uno Stealt. Sì, la colpa d'origine è di Milosevic, il quale si rifà ad altre colpe originarie, ma la stupidità della Nato lo ha aiutato come nessuno. Almeno di questo fallimento sarebbe stato giusto che il presidente del consiglio desse atto. E invece no, dichiara che i risultati ottenuti dalle bombe contro la Jugoslavia sono "importanti". E poi dà il via allo sbarco di truppe Nato in Albania, la quale li accoglie con entusiastiche dichiarazioni, e si offre come terreno di lancio per l'invasione a terra; in modo che, come era prevedibile, la Rfj chiude la frontiera finora aperta e anche gli ultimi rifugiati, ancora una volta come a Blace né di qua né di là, sono risospinti verso il Kosovo, dove non hanno più casa nelle città distrutte unanimemente dalle bombe occidentali e dalle milizie serbe. Perché D'Alema non lo dice? Perché nessuno dei suoi ministri o ministre ne chiede conto? Per essere un'ingerenza umanitaria è un fiasco di dimensioni disastrose, un male aggiunto a quelle popolazioni che hanno creduto in un aiuto occidentale. C'è da gettarsi in ginocchio davanti a loro chiedendo perdono. E adesso che faranno i nostri illuminati governi? Milosevic non si è arreso. Nessuna alternativa al suo potere si presenta in Serbia. Altro felice risultato di questa giusta guerra. Le opzioni sono soltanto tre. O si va all'invasione via terra, passando stavolta dai relativi parlamenti, o ci si infogna in un bombardamento sempre più violento che dovrebbe distruggere la Serbia pezzetto per pezzetto, (sbavature incluse come le chiamano i militari), oppure si fa marcia indietro tornando a una tavola negoziale. Dopo un carico di dolore immenso e inutile. Ci sembra che sia impossibile non dire ormai due cose. Anzitutto, che l'affidamento della questione del Kosovo alla Nato invece che alle Nazioni unite è stato un clamoroso errore, fin da prima dell'incontro di Rambouillet. Ai molti che dileggiano l'Onu perché poco attiva va ricordato che sono le amministrazioni americane, quella di Clinton in particolare, ad averla messa in mora. E che questo ha provocato soltanto disastri. Finiamola con l'accusa di antiamericanismo a quelli di noi che ostinatamente lo ripetono, come se agli Stati uniti si dovesse perdonare in Europa quello che i radical americani non perdonano. Né mi persuade il mio amico Toni Negri quando su Alias ci dice che proprio in quanto potenza e capitale globale, gli Usa sono oggettivamente non più imperialisti, interessati all'occupazione del mondo, ma imperiali, coloro che già lo dominano nell'irresistibile espansione della loro forza economica, e quindi oggettivamente democratici difensori dei diritti umani, desiderosi di liquidare tiranni e tirannelli che non sarebbero se non residui storici. Su questo né Wallerstein né Jameson né Michael Hardt sono d'accordo con lui. Un brillante schema non fa l'economia di tanta oppressione e fame e sangue come quella che la politica degli Usa tuttora produce. Né direi ai kosovari, come ai disoccupati, che a essere deportati, come gli scienziati, è un'ottima occasione di andarsene liberi in giro per il mondo dopo aver ottenuto dagli stati una coscienziosa redistribuzione dei redditi in salari di cittadinanza. Non mi persuadono in genere neanche i molti che mi garantiscono l'estinzione degli stati nazionali, proprio mentre ognuno tende ad accentuare un nuovo fondamentalismo, democraticista o totalitario, con conseguente aumento di polizia ed eserciti. Si accrescono, non diminuiscono, le tensioni e bisogna capire perché; una spiegazione, ha ragione Portelli, non ce la siamo data. Non c'è da attendersi un'evoluzione tranquilla della storia. Anzi, oggi occorre una presa di responsabilità molto precisa. Le persone come noi non possono non continuare le loro azioni, ahimé, soltanto simboliche. Ma chiunque abbia avuto dagli elettori una carica pubblica, deve affrontare il governo non solo con chiacchiere, lettere e esortazioni, ma con una esplicita dissociazione, se esso non ridiscute la delega concessa alla Nato, non fa cessare i bombardamenti, non ottiene una tavola negoziale sotto l'egida delle Nazioni unite. E questo subito, oggi e non domani. Per curioso che possa apparire sembra che Lamberto Dini e Carlo Azeglio Ciampi, che nella riunione dei ministeri economici europei si è dichiarato assai preoccupato dell'esser diventata l'Italia la più gigantesca portaerei operativa nell'Adriatico, saranno d'accordo. Penso che ai kosovari dobbiamo subito una tregua che li faccia uscire dal Kosovo o restarvi in condizioni sicure e protette, con una interposizione dei caschi blu dotati di maggiori poteri di intervento che in Bosnia, e con un programma speciale di aiuto coordinato dall'Alto commissariato delle Nazioni unite. Costerà sempre meno della guerra. E anche questo non domani, ma oggi, subito. Coloro che militano per l'ingerenza umanitaria saranno, penso, d'accordo. Dai Comunisti italiani, dai Verdi e dalla sinistra Ds vogliamo questo, almeno per poterci salutare se ci incontriamo per strada. Non ci vengano a dire che una prova di forza da loro imposta darebbe luogo a un governo di destra. D'Alema non può e, spero, non vorrebbe cambiare maggioranza oggi e su questo punto. Domani - ma non doman l'altro -andrà discussa la natura e le procedure degli interventi umanitari. Antonio Cassese ne ha indicato le condizioni, che Veltroni ha incautamente ricordato proprio mentre le stava smentendo. Domani e non doman l'altro, va discussa la situazione nei Balcani per prevenire altri incendi a breve; la grande Albania già dichiara di voler sostituire la grande Serbia, e tutta la zona è in fibrillazione. E più oltre, va definito che cosa siano oggi le condizioni della sovranità, dell'ingerenza e della non ingerenza, da parte dei grandi e da parte dei piccoli. Saranno sempre condizioni insufficienti, viziate di formalismo in un mondo di poteri sempre più sproporzionati e tempestosi. Ma meglio che questi si esercitino in un quadro di diritto che nel riconoscimento, anche da parte di una sinistra sempre più disorientata, che il più forte può spuntarla sempre, in casa propria o sul pianeta.


Released online: September, 1999


© Giro di Vite, 1994-1999 - E-mail: giro@girodivite.it

******July, 2000
 
© 1994-2004, by Girodivite - E-mail: giro@girodivite.it