articolo
d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili |
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Lavoro / Chi semina contratti d'area
L'interesse per l'articolo di Adriana Buffardi (La Romania fatta
in casa / di Adriana Buffardi, in: Il Manifesto 29 marzo 1998, p. 16),
oltre che per il fatto di provenire dall'interno della CGIL (Buffardi
è direttore IRES CGIL) e segnare una diversità di valutazioni all'interno
del sindacato che è stato tra i firmatari dei patti territoriali nel
Meridione, è nel carattere riassuntivo in un certo senso, sui motivi
di contrarietà che il movimento dei lavoratori ha individuato nei confronti
delle nuove "strategie" per "lo sviluppo del Sud"
adottate da Governo in concertazione con Enti locali e Industria. E
innanzitutto ha ragione Buffardi a scrivere che "i contratti d'area
di Crotone e Manfredonia, presentati come primo risultato concreto di
una politica per il rilancio dell'occupazione nel Mezzogiorno, vanno
valutati anche in riferimento al modello di lavoro (e di società) che
disegnano o ipotizzano". Una cosa che il sindacato si rifiuta volutamente
di affrontare, essendo molto più facile e tranquillo l'accettazione
dello status dei padroni al cui sistema di potere, mentale e culturale
oltre che delle forme di rapporti tra le persone, hanno da un decennio
demandato. Il primo punto delle valutazioni di Buffardi è fondativo.
Ma Buffardi riprende anche il complesso delle critiche che in questi
mesi sono stati raccolti da vari rappresentanti politici e sindacali,
e a cui Il Manifesto ha dato ampio spazio, unico giornale italiano in
cui sia possibile ormai avere spazio per questi "temi". "I
contratti di area di Crotone e Manfredonia arrivano a concedere alle
aziende - in deroga ai contratti nazionali e alle leggi vigenti - l'utilizzo
di tutta una tastiera di rapporti di lavoro precari (abbassando fino
al 40% il salario di riferimento, con in più la moratoria conflittuale)
sotto l'alibi di una formazione né programmata, né certificata e soprattutto
non 'mirata'. Così come le aziende si vedono riconosciuta ogni discrezionalità
nel decidere l'organizzazione del lavoro in azienda". Si tratta
di contratti d'area-fotocopia, che "non tengono conto delle specificità
locali". E che anzi sono individuati come contratto-modello da
applicare sistematicamente in decine di aree diverse del Meridione.
"Siamo, qui, a un'operazione di legittimazione del lavoro nero".
(D'altra parte il 'pragmatismo' del governo Prodi ha portato avanti
la legittimazione del lavoro di caporalato, mentre un altro discorso
andrebbe fatto per i LSU, "lavori socialmente utili"). Nel
quadro, aggiungo, di quella progressiva esclusione dalle conquiste che
si sono avute fino agli anni Settanta quando ancora si perseguiva una
logica di inclusione. Il lavoro dei pezzenti viene progressivamente
dequalificato; un lavoratore dequalificato in questo Sud non troverà
mai lavoro nelle aree protette del Nord; le aree protette del Nord fino
a quando potranno rimanere protette, e gli stessi lavoratori qualificati
fino a quando potranno contare sul vantaggio della propria specializzazione?
Il moltiplicarsi di questi accordi "significherebbe la colonializzazione
del Sud e l'aggravarsi della spaccatura del paese senza nessuna contropartita.
Sappiamo infatti che in Europa è irrealizzabile alle soglie del Duemila
uno sviluppo basato sulla dequalificazione del lavoro, così come sappiamo
che il lavoro cattivo ha sempre cacciato quello buono. Eppure il messaggio
egemone in questi giorni va proprio nella direzione di fare del Sud
la nostra Romania, nell'impossibilità di farne la nostra Taiwan".
Buffardi cita al riguardo un articolo di Giacomo Becattini (Il Manifesto)
che invitava in nome dello sviluppo del Sud a disfarsi delle condizioni
formalmente uguali per soggetti radicalmente disuguali. Cita una nota
del CENSIS (settembre 1997) che definisce il lavoro nero una forza dello
sviluppo locale perché dà flessibilità rispetto agli andamenti congiunturali.
E l'intervento di D'Alema (Sole 24 ore) che vanta il suo impegno per
far assumere al sindacato una posizione favorevole ai contratti d'area.
Occorre invece per il sindacato esprimere la sua opposizione "a
uno sviluppo del sud basato su una disparità formalizzata di salario
e di condizioni di lavoro. Consapevole che su questa questione dei diritti
nel lavoro di determina una partita importante per il destino stesso
della società meridionale [
]. Come non preoccuparsi della voragine
che apre nel tessuto sociale e democratico del Sud aver innescato una
nuova concorrenza al ribasso tra aree e lavoratori? Sarà una trovata
la proposta di un gruppo di disoccupati salernitani pronti a lavorare
40 ore con la paga di 35. Ma è una trovata indice di un disorientamento
culturale prima che politico, e di una precarietà sociale produttrice
di isolamento micro-competitivo e di rifiuto di ogni soluzione collettiva".
Che credibilità si può dare "alle ragazze, alla loro voglia di
lavorare, di presentarsi in massa sul mercato del lavoro per conquistare
un'autonomia non solo economica e relazioni paritarie tra i sessi, e
per ridisegnare modelli diversi di convivenza sociale e familiare. Quelle
ragazze vivranno come un'ironia il riferimento alle pari opportunità
nei contratti di area che danno riconoscimento contrattuale al loro
atavico lavoro a sottosalario e a discrezione del padrone". "Siamo
giunti al capolinea di quel concetto di flessibilità che ha attraversato
dagli anni '80 il confronto politico e scientifico e le pratiche contrattuali.
Con un andamento ciclico che di volta in volta ne vedeva declinato questo
o quell'aspetto: dalla precarietà d'ingresso alla libertà di licenziamento,
dalla discrezionalità sulla prestazione lavorativa al sottosalario e
alle deroghe contrattuali ecc. Ormai siamo al 'tutto e subito'. Basta
leggere il decalogo dell'Unione Industriale sabauda o le dichiarazioni
degli imprenditori del nord-est". Al sindacato "unitario"
sta scegliere quale organizzazione del lavoro volere: quella delle 35
ore o quella dei contratti d'area. I due "oggetti" rimandano
a concezioni diverse del lavoro e dello sviluppo, e non sono compatibili.
Released: March, 1998
******July,
2000
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