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articolo d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili

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Girodivite 1995 / Tecnologia, Memoria, Futuro

COSA POTRA' RESTARE

di Sergio Failla - Articolo pubblicato su Girodivite Internet (GiroNet) nel gennaio 1995.


C'è stato un convegno nel 1994 tenuto in una grande città del nord del mondo, sponsorizzato da una grande ditta una di quelle chiamate "multinazionali", cui hanno partecipato esperti tecnici epistemologi. Il tema era la conservazione dei nostri archivi (film, biblioteche, fototeche, ecc.) quali problemi c'erano e a che punto era lo 'stato dell'arte'. La faccenda credo ha un interesse oltre quello strettamente tecnico e settoriale, riguarda il nostro modo di vivere, il senso della nostra "civiltà " (per usare una parola eccessiva).
Una civiltà trasmette alle civiltà successive, alle epoche successive, le proprie conoscenze e i propri valori tramite i propri monumenti d'archivio. Delle civiltà archeologiche della Mesopotamia (cioè dell'Irak) noi sappiamo grazie alle biblioteche che si sono conservate. Dell'ellenismo sappiamo perché si erano organizzate una serie di biblioteche che la successiva civiltà romana non si è limitata a bruciare (come a Alessandria) ma ha consultato e usato. Anche noi, la nostra civiltà , possiede biblioteche di vario tipo, in cui il sapere e la conoscenza del passato viene conservato. Sono raccolte di libri e di riviste, ma anche raccolte di films (filmoteche, cineteche, videoteche), di fotografie (fototeche), di documenti sonori (discoteche?), di supporti elettronici (come possono essere i vari tipi di supporti per compiuter, come i floppy).
Nel convegno si è parlato dei problemi esistenti per la conservazione dei supporti odierni. Le tavolette in argilla mesopotamiche hanno resistito per millenni. I nostri supporti sembrano dotati di una vita meno lunga. La carta con cui sono fatti i nostri libri e le riviste, i documenti amministrativi ecc. tende a sfaldarsi. Normalmente la carta comune fabbricata dopo il 1850 tende a subire un processo di acidificazione che riduce tutto a brandelli. La carta fabbricata prima era fatta meglio, ma non sembra sia in grado di resistere oltre qualche secolo. La nostra civiltà si vanta d'essere una civiltà delle immagini. Il cinema e il video sono state le "invenzioni" del secolo, nei films tutta la nostra civiltà si rispecchia, trova espressione. Le pellicole cinematografiche a colori non hanno una durata superiore al mezzo secolo: già i primi films a colori hanno subito il processo di perdita dei colori. La civiltà del consumo e dell'effimero non è fatta per durare. Le pellicole del cinema muto sono chimicamente instabili, quelle del cinema odierno non reggeranno a lungo. Restaurare questo patrimonio per 'passare' a altri tipi di supporti più stabili (come, forse, i CD) costa molto. "La terra trema" di Visconti è tra i pochissimi films della nostra cinematografia restaurati. Per il "Gattopardo" sempre di Visconti, film a colori, ci si è dovuto affidare alla testimonianza orale di attori e sceneggiatori, scenografi, fotografi che avevano partecipato alle riprese e ancora viventi, per poter ricostruire i colori originari del film. Le fotografie a colori sbiadiscono e perdono i colori, le foto in bianco e nero si deteriorano.
Quanto ai supporti magnetici... Dalle più comuni musicassette ai floppy disk, sono tutti supporti che nel giro di un decennio tendono a smagnetizzarsi. I CD, di cui le industrie vantano l'illimitata permanenza nel tempo in realtà non sappiamo quale reale consistenza e tenuta possano avere. C'è da considerare un altro fattore. Le macchine. Nel passaggio dalla civiltà povera e manuale a quella ricca e della macchina, per "vedere" un film o per leggere un testo registrato su un floppy occorre usare una macchina. E le macchine sono costruite in base a standard tecnici estremamente caduchi e contingenti. Funzionano tramite l'energia elettrica, prodotta in un particolare modo e con un certo voltaggio. Non solo, ma la civiltà del consumo ci ha abituato a salti tecnologici consistenti. Nel giro di cinque-dieci anni gli standard variano anche notevolmente.
Uno studioso portava questa testimonianza: gli era capitato di verificare alcuni dati che aveva registrato su floppy da 5¼". Si accorge che il suo nuovo compiuter ha drive solo da 3½": anche in ufficio ci sono compiuters con drive "moderni". Brivido: non riuscire a trovare un drive "vecchio", e dunque a non poter più accedere ai suoi dati. Il tipo aveva poi risolto il problema, ma l'incidente capitatogli testimonia un problema reale.
Al convegno un altro tizio molto spiritoso aveva prospettato questo scenario. Immaginiamo, ha detto, che per una qualche ragione tutta la popolazione dell'America del Nord, centro della nostra attuale civiltà , crepasse all'improvviso - per una qualche pestilenza oppure per una bella bomba N - lasciando gli oggetti intatti. Bene, la plastica con cui sono fatte gran parte delle nostre cose si disfacerebbe nel giro di un paio di secoli. I circuiti elettronici, chips e cose del genere nel giro di mezzo secolo sarebbero inservibili. Ma anche i muri dei grattacieli, le strutture architettoniche, l'acciaio: via nel giro di 300 anni. Dopo un migliaio di anni, se in quell'area che era stata New York, capiterà un futuro archeologo, l'unica cosa che si troverà saranno le maioliche e i vasi cinesi conservati nel museo archeologico. L'archeologo del futuro ne dovrà arguire che New York era stata all'epoca una colonia cinese fin dalla dinastia Ming...
La nostra è una strana civiltà . Una parte ristrettissima della popolazione mondiale consuma cento volte in più rispetto alla stragrande maggioranza. Ha messo insieme, imbastito, una civiltà del consumo che si basa sull'inconsistenza. Su prodotti che non riescono a durare oltre il giro di pochi anni, che dopo l'uso vanno buttati, servono solo a accrescere la consistenza dei depositi di spazzatura. Oltre che i profitti degli anonimi che siedono attorno ai tavoli nei consigli aziendali. Una civiltà che non sa produrre niente di durevole, che non va oltre il proprio palmo di naso, non è una civiltà che può trasmettere qualcosa agli altri, né ai contemporanei né alle civiltà future. Sì , la nostra è davvero una strana "civiltà ".
Released: 1995. Pagina ritoccata esteticamente: October, 1999


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******July, 2000
 
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