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d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili |
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MYSTERIA / Come proiettili dallo spazio
a cura di Marco Cattano
Nell'estate del 1994 lo spettacolare impatto con Giove dei frammenti
della cometa Shoemaker-Levy 9 ha permesso agli astronomi di studiare
per la prima volta in diretta un evento ricorrente nella storia del
sistema solare: l'impatto di piccoli corpi interplanetari vaganti con
un pianeta. Dalla crosta rovente di Mercurio alle superfici ghiacciate
delle lune di Urano e Nettuno, la presenza dei crateri da impatto testimonia
il processo di "selezione naturale" che per miliardi di anni
ha permesso ai corpi maggiori del nostro sistema di spazzar via tutti
i piccoli corpi residui (asteroidi o comete) sopravvissuti alla fase
di formazione del sistema stesso. Anche la Terra tutti gli anni ingloba
materiale extraterrestre per migliaia di tonnellate: sebbene gran parte
di questo materiale si presenti sotto forma di polveri, di granelli
millimetrici come quelli che formano le "stelle cadenti",
o di frammenti rocciosi riconoscibili dopo la caduta come meteoriti,
di tanto in tanto si verificano anche impatti di corpi di dimensioni
dell'ordine del chilometro (come i frammenti della cometa Shoemaker-Levy
9). Collisioni di questo tipo sono rare, ma possono provocare vere e
proprie catastrofi: nel caso del nostro pianeta la velocita' tipica
di collisione e' di 20 km/s, e un oggetto del diametro di un chilometro
libera quasi istantaneamente un'energia esplosiva pari a quella di 50.000
Megaton, ossia di 50 miliardi di tonnellate di tritolo (comparabile
a quella complessiva di tutte le bombe nucleari costruite negli ultimi
50 anni dall'uomo). Anche se non mancano i precedenti sin dall'antichita',
l'idea che catastrofi di origine extraterrestre possano aver giocato,
e continuare a giocare, un ruolo importante nella storia del nostro
pianeta si e' affermata soltanto a partire dall'inizio del nostro secolo,
grazie soprattutto a due eventi concomitanti. Il primo e' stato la scoperta,
durante l'esplorazione del West americano, di uno strano cratere nel
deserto dell'Arizona settentrionale. Del diametro di 1200 metri, profondo
250 metri, situato in una zona pianeggiante nota per il ritrovamento
di numerose meteoriti metalliche, il cratere appariva molto diverso
da quelli che si formano in seguito a fenomeni di tipo vulcanico. Faceva
piuttosto pensare a un'origine legata all'impatto di un grosso corpo
extraterrestre, un oggetto grande una cinquantina di metri che avrebbe
provocato un'esplosione di parecchi Megaton. Benche' a quasi tutti i
geologi dell'epoca questa spiegazione sembrasse fantascientifica, un
ricco avvocato e ingegnere minerario di Philadelphia, Daniel Moreau
Barringer, investi' mezzo milione di dollari (dell'epoca) per comprare
l'intero cratere e tentare di estrarvi i minerali pregiati spesso abbondanti
nelle meteoriti. L'idea era tutt'altro che assurda: una frazione significativa
di tutto il nickel estratto nel mondo per esempio proviene dalle vicinanze
di un altro cratere da impatto, quello di Sudbury in Canada. Barringer,
tuttavia, aveva erroneamente supposto che la forma circolare del cratere
fosse il segno di un urto in direzione quasi perpendicolare al terreno,
e quindi effettuo' numerosi sondaggi direttamente sotto il fondo del
cratere; in realta' l'impatto, risalente a circa 50.000 anni prima,
era avvenuto in direzione fortemente obliqua, e inoltre il materiale
extraterrestre si era in gran parte istantaneamente vaporizzato e disperso
nel corso dell'immane esplosione. Peraltro la tesi di Barringer, a lungo
ritenuta da molti accademici nient'altro che la fantasia di un eccentrico,
fin dagli anni '20 era stata presa in considerazione da Alfred Wegener,
il padre della teoria della deriva dei continenti. Studiando la morfologia
dei crateri lunari e realizzando in proprio esperimenti di impatto su
piccola scala, Wegener si convinse dell'origine extraterrestre del cratere
di Barringer (poi battezzato Meteor Crater). Ma il suo lavoro in proposito
fu riscoperto solo negli anni cinquanta, quando divenne chiara la somiglianza
fra il Meteor Crater ed i crateri formati dalle esplosioni nucleari
sperimentali che venivano realizzate dai militari americani e sovietici
in quel periodo. Il secondo evento che segno' una svolta, per quanto
non immediata, delle conoscenze sul ruolo degli impatti fu l'esplosione
di Tunguska. La scena e' in Siberia, nel paesaggio di taiga e grandi
foreste dell'Asia centrale. Alle 7:30 del 30 giugno 1908 improvvisamente
una colonna di fuoco apparve dal cielo da est; una meteora accecante
come il Sole discese silenziosamente finche', a una quota di parecchi
chilometri, si verifico' un'immane esplosione. La foresta venne abbattuta
per migliaia di chilometri quadrati, con gli alberi privati dei rami
e sparsi per terra allineati come fiammiferi ad indicare la direzione
dell'onda d'urto. Non ci furono vittime, perche' per fortuna la regione
era disabitata. Sebbene molte ipotesi esotiche siano state proposte
per spiegare questo catastrofico evento (dall'impatto con la Terra di
un minuscolo buco nero all'esplosione di un'astronave extraterrestre),
molte ricerche effettuate negli ultimi decenni hanno indicato che la
causa dell'esplosione di Tunguska e' stata l'urto contro gli strati
densi dell'atmosfera terrestre di un frammento di asteroide o cometa,
grande forse un centinaio di metri. Recentemente, una conferma diretta
di questa ipotesi e' arrivata dalle analisi di laboratorio dei campioni
di legno degli alberi sopravvissuti alla catastrofe, raccolti da una
spedizione italo-russa: molte particelle microscopiche incorporate nella
resina prodotta nel 1908 sembrano chiaramente di origine extraterrestre.
Oggi i ricercatori ne sanno molto di piu' sul ruolo degli impatti extraterrestri
nella storia del nostro pianeta (e anche degli altri corpi del sistema
solare, che ne hanno conservato meglio le tracce, come la Luna). Anche
se tre quarti della superficie terrestre sono coperti da oceani, e se
anche sui continenti l'erosione tende a cancellare rapidamente i crateri
da impatto (in particolare quelli di minori dimensioni), oggi i geologi
ne hanno identificati circa 150 con diametri variabili tra circa uno
(come il Meteor Crater) a oltre i 100 chillometri. Negli ultimi quindici
anni nuove scoperte hanno anche indicato che i maggiori tra questi impatti
hanno probabilmente causato vere e proprie catastrofi climatiche ed
ecologiche, come quella del cosiddetto limite K-T che 65 milioni di
anni fa (soltanto l'1,5% dell'eta' del nostro pianeta) provoco' l'estinzione
in massa dei dinosauri e di moltissime altre specie viventi. Di recente
la scoperta dell'enorme cratere di Chicxulub (oltre 200 chilometri di
diametro), sepolto sotto un chilometro di sedimenti fra lo Yucatan ed
il Golfo del Messico e di eta' pari a 65 milioni di anni, ha fornito
una prova molto convincente a favore del rapporto di causa ed effetto
tra grandi impatti e catastrofi climatiche ed ecologiche nella storia
della Terra. In particolare l'evento del limite K-T venne provocato
da un corpo interplanetario vagante (asteroide o cometa) grande una
decina di chilometri che colpi' il nostro pianeta con l'energia di 100
milioni di bombe H, e con il risultato di alterarne improvvisamente
il clima, causare estesissimi incendi e avvelenarne l'atmosfera. Grazie
a questa scoperta, oggi sono molti i geologi ed i paleontologi che non
considerano piu' gli impatti extraterrestri come una sorta di deus ex
machina vagamente fantascientifico invocato solo per spiegare eventi
altrimenti enigmatici, ma come uno dei processi fondamentali (per quanto
essenzialmente casuale) che hanno plasmato l'evoluzione della Terra
e della biosfera. Molte ricerche sono attualmente in corso, in particolare
in alcune zone degli Appennini italiani che sembrano aver conservato
un ricordo geologico particolarmente chiaro della storia della Terra
negli ultimi 100 milioni di anni. Sappiamo anche che ogni 200.000 anni
circa si verifica un impatto con un asteroide o con una cometa di dimensioni
superiori a un chilometro, che potrebbe influenzare il clima globale
in maniera seria. Ognuno di noi ha quindi all'incirca una probabilita'
su 5000 di assistere nel corso della sua vita a un evento del genere:
poco, ma non abbastanza per lasciarci del tutto tranquilli, tanto e'
vero che, come vedremo tra poco, a livello internazionale stanno per
essere avviate intense ricerche per scoprire rapidamente una frazione
elevata dei potenziali proiettili di dimensioni chilometriche (solo
il 5% dei quali sono oggi noti agli astronomi). Lo studio scientifico
di questo tipo di corpi sta procedendo rapidamente con tutte le tecniche
astronomiche utili, e oggi cominciamo ad avere un quadro abbastanza
dettagliato della loro natura, origine ed evoluzione. Quanto agli oggetti
di dimensioni superiori, tra gli asteroidi, il maggiore che oggi puo'
avvicinarsi alla Terra raggiunge circa gli 8 km, ed e' quindi piu' piccolo
di quello che cadde 65 milioni di anni fa. Non e' escluso che grosse
comete, oggi sconosciute perche' troppo lontane dal Sole, possano avvicinarsi
al nostro pianeta: abbiamo gia' ricordato il recentissimo impatto della
cometa Shoemaker-Levy 9 con il pianeta Giove, seguito ad un primo incontro
ravvicinato in cui la cometa era stata disgregata in una ventina di
grossi frammenti. Tuttavia, quasi tutti gli astronomi sono convinti
che dal punto di vista statistico le grosse comete sono troppo rare
e le loro orbite geometricamente inadatte per contribuire in modo importante
al pericolo-impatti nel caso della Terra. Possiamo quindi concludere
che l'evento di 65 milioni di anni fa fu in qualche modo anomalo? Oggi
sappiamo che non e' vero. In realta' un potenziale futuro proiettile
gigante e' noto fin dalla fine del secolo scorso: si tratta dell'asteroide
433 Eros, scoperto nel 1898 e grande una ventina di km, ossia il doppio
dei 10 km stimati per il ``killer'' dei dinosauri. Si puo' fare qualcosa
per ridurre o eliminare il pericolo degli impatti? La risposta e' molto
semplice: occorre far lavorare gli astronomi! Come abbiamo visto, oggi
solo il 5% circa degli asteroidi e comete piu' grandi di 1 km che intersecano
l'orbita della Terra (alcune migliaia) sono conosciuti e catalogati,
e basterebbe dedicare a questa ricerca qualche decina di ricercatori
a tempo pieno e alcuni telescopi di dimensioni medie (magari sottraendoli
ai militari russi e americani, che finora li hanno usati per spiare
a vicenda i rispettivi satelliti) per scoprire in pochi decenni la quasi
totalita' degli oggetti pericolosi (per lo meno in senso "globale")
e determinarne l'orbita in modo sufficientemente preciso da poter prevedere
un eventuale impatto con largo anticipo (mesi o anche anni). L'investimento
necessario e' inferiore all'1% di quello richiesto dalla stazione spaziale
internazionale o da un grande acceleratore di particelle. Questa ricerca
porterebbe inoltre significative ricadute collaterali di tipo scientifico
e forse anche pratico: asteroidi e comete possono certamente svelare
molti segreti sul processo di formazione dei pianeti a partire dall'originaria
nebulosa circumsolare diffusa; e in futuro il materiale estratto da
questi piccoli corpi, di gravita' assai piu' debole rispetto alla Terra
e anche alla Luna, potrebbe risultare assai utile per costruire grandi
strutture permanenti nello spazio circumterrestre. La grande maggioranza
dei ricercatori seri concorda invece sul fatto che non sia opportuno
cominciare sin d'ora a lavorare a progetti concreti per la distruzione
o la deviazione di un eventuale proiettile celeste pericoloso. I militari
americani, in particolare i reduci dell'esperienza delle star wars reaganiane,
stanno discutendo il possibile utilizzo di sistemi d'arma: dai missili
miniaturizzati per colpire corpi fino ai 100 metri di diametro che peraltro
sarebbe difficilissimo scoprire in tempo, dato che si tratta di milioni
di oggetti di debolissima luminosita', fino alle potenti testate termonucleari
da fare esplodere contro i corpi piu' grandi. Ma tutto cio' richiederebbe
spese assai ingenti, che resterebbero sotto il controllo dei militari
e che non sembra il caso di sottrarre ad altri problemi piu' gravi ed
urgenti che affliggono il nostro pianeta; sorgerebbero inoltre anche
delicati problemi di diritto internazionale e di controllo degli armamenti
(per esempio, alcuni trattati proibiscono di portare e far esplodere
bombe nucleari nello spazio). E poi vi e' soprattutto il rischio di
diffondere nell'opinione pubblica un'idea non vera: quella che i disastri
piu' temibili siano causati dalla natura piuttosto che dall'imprevidenza
e dalla cupidigia umana, e che per evitarli il modo migliore sia quello
di affidarsi ai laboratori militari delle grandi potenze.
Released: December, 1997
******July,
2000
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