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articolo d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili

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In Sicilia, regione legata turisticamente al caldo e al mediterraneo, esiste anche la neve... e dei culti legati al freddo. In un paese del siracusano, Francofonte, si festeggia ogni anno la Madonna della Neve. Tra culto, tradizione, rito, fede e vanità...


IL FESTINO D'AGOSTO

di Antonino Terzo

Il culto della Madonna della Neve, o più propriamente , di Santa Maria di Soleto, entrò nella vita religiosa di Francofonte nel 1570, al tempo in cui era vicario il parroco don Antonio Brusca. Bisogna attendere il 1619 per trovare il primo accenno alla Madonna della Neve come Patrona, e poi il 1627 come Protrettrice di Francofonte.
La leggenda narra che diversi cacciatori di Francofonte, Vizzini e Buccheri andavano a caccia con cani ben addestrati in contrada Passaneto. Mentre il carro camminava diretto al luogo stabilito ad un trattop i cani puntarono intorno ad un grande roveto. I cacciatori, credendo ci fosse la selvaggina, sfoderarono le falci e incominciarono a tagliare i rami del roveto, ma videro improvvisamente la punta di una falce insanguinata. Facendo spazio tra i rovi, trovarono un quadro raffigurante la Madonna con un sopracciglio sanguinante, ragione per cui le nostre nonne credono ancora oggi che la Madonna raffigurata nel quadro sia in "carne e ossa.Insieme al quadro fu trovato un Crocifisso, che tuttora si venera nella Chiesa dell'Annunziata. Subito iniziarono grandi liti tra i cacciatori per stabilire a chi toccasse il prezioso e celeste dono.
Per porre fine alla contesa furono presi il quadro e il Crocifisso che, deposti sopra il carro trainato da buoi,furono condotti al bivio, affinché la Madonna decidesse a quale paese dovesse andare. I buoi si diressero verso la strada di Francofonte, ma essendo stanchi, si inginocchiarono. Dal terreno scaturì una fonte d'acqua fresca e pura, che ancora oggi esiste, "a funtana viti". I buoi nbevvero e ripresero il loro cammino; arrivati alla Chiesa dell'Annunziata si fermarrono e non vollero proseguire. Fu sceso il Crocifisso e i buoi ripresero il cammino, portando sul carro, trionfalmente, l'immmagine della Madonna fino alle porte del paese. Non appena il carro arrivò davanti alla Chiesa cominciò a nevicare in pieno 5 Agosto.La gente lì accorsa esclamò : "voddiri ca si voli chiamari a Bedda Matri ra Nivi". Il che è rievocato in una breve preghiera:

Bedda Matri ra Nivi ca bedda siti
ca a Passanitu fusti truvata
mancu a Buccheri vulistu iri
mancu a Vizzini vulistu intrari
A Francufonti vulistu viniri
cu sonu ri campani jè triunfi
lu Vostru nomu nun si vosi sapiri
ca lu cincu r'austu nivicari
Maria ra Nivi si vosi chiamari.

E' il solito motivo popolare comunissimo in Sicilia d'affidarsi alla discrezione dei buoi per dirimere una controversia relativa all'appartenenza di una sacra immagine del cui possesso si discuta. (Leggende simili si narrano, solo per fare qualche esempio, per la Madonna di Racalmuto, per la Madonna di Cianciana, per la Madonna di Gulfi a Chiaramonte.)
Come è noto le tradizioni che si riferiscono all'apparizione di un santo o della Madonna hanno molti elementi comuni nei racconti agiografici e, spesso, derivano dalla viva partecipazione della collettività agli eventi miracolosi. Partecipazione e fede, diffuse e vivissime nei secoli scorsi, che hanno contribuito a formare l'immaginario collettivo, a cui attingono simili tradizioni. A volte però alcune di queste tradizioni hanno una radice colta, intimamente legata alle vicende storiche della società locale, alle sue credenze, alla sua religiosità. In questo caso gli avvenimenti reali vengono trasfigurati in creazioni fantastiche, sotto l'impulso di bisogni, aspirazioni sociali e religiose. La devozione semplice del popolo umile vede in esse una manifestazione tangibile della potenza divina attraverso simboli evangelici.


L'immagine della Madonna della Neve è una tavola del '400 di scuola catalana, che si trova esposta nella nicchia sinistra della cappella della Patrona. La scena dipinta raffigura, come spiega anche una postina della novena in siciliano, la "Natività", cioé la Vergine vhe contempla estatica il Bambino in fasce che dorme sulle sue ginocchia; ai lati due angeli, l'uno con viola l'altro con mandola, sommessamente suonano.

Quantu jè bedda Maria oh
quantu jè Santa
dda mudestia cu cui Gesuzzu teni
tutta giuliva la ninna ci canta
jè supra li rinocchia lu manteni
cu santa rivirenza si l'ammanta
jè l'angili ca sonunu tratteni
jè mentri Gesuzzu dormi, jè vigilanti
pri tia sta Bedda Matri in ogni stanti.

I festeggiamenti in omaggio alla Madonna della Neve hanno una loro storia e sono, per tradizione, vanto del popolo francofontese. La festa del 1629 superò ogni attesa: si spesero addirittura 102 onze, malgrado il Tribunale del Real Patrimonio, unico competente a decidere, avesse autorizzato la spesa di 40 onze.
I successivi festeggiamenti, definiti "festini", saranno tutti cvaratterizzati, specie nel secolo XVII, da grande ueforia, vero e proprio fanatismo dal punto di vista religioso, e mopmento di vanità civica.


Il festino, la cui eco è giunta fino a noi, durava cinque giorni, secondo un programma meticoloso conservato nei secoli, ed era caratterizzato dall'assordante sparo di migliaia di "maschi", specie negli istanti in cui la Patrona giungeva in piazza all'uscita e al rientro nella Chiesa Madre dopo la tradizionale sosta nella Chiesa di San Sebastiano, seguita da "gilij" o ceri delle maestranze.
Uno spettacolo molto attraente era quello del "Palio", così chiamato per il premio da conferire ai vincitori. L'illuminazione straordinaria nella piazza maggiore e nelle strade constava, come ad esempio nel 1781 e nel 1787,di trecento "lumeri" di creta alimentatead olio di oliva, inserite in "lampioni" di carta. Spettacolari fuochi pirotecnici ponevano fine ai cinque giorni di festa.
Fino ad un quarantennio fa , si usava raccogliere frumento e cereali che, il 5 agosto, venivano portati solennemente nella processione della mattina su un carretto bardato a festa e seguito, a sua volta, da muli anch'essi bardati e caricati di doni. Tutto ciò veniva chiamato "a retina re muli ra Bedda Matri". La tradizionale "retina", che dava luogo ad una gara di vanità fra i donatori del grano, non era soltanto una manifestazione folkloristica, ma tuta la festa stessa, giacché col ricavato della vendita del grano la festa aveva acquistato grandiosa solennità sì da non trovare riscontro nelle feste patronali dei paesi vicini.
Released: 1997


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******July, 2000
 
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