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articolo d'archivio di Girodivite mensile delle città invisibili

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Quando si dice colpo di fortuna! A volte si va per fare qualcosa e poi, alla fine, se ne realizza un’altra. Cercavo degli scorci da fotografare nel quartiere San Paolo di Lentini; cercavo un angolo di città che custodisse ancora una atmosfera particolare

Folk e tradizioni / Nei ricordi di cummari Fina

di Giuseppe Sferrazzo


Quando si dice colpo di fortuna! A volte si va per fare qualcosa e poi, alla fine, se ne realizza un’altra. Cercavo degli scorci da fotografare nel quartiere San Paolo di Lentini; cercavo un angolo di città che custodisse ancora una atmosfera particolare e magari provare a catturarla con la mia macchina fotografica. E invece ho trovato molto di più. Non solo la storia e la quotidianità raccontata dai palazzi e dalle viuzze ma bensì i sentimenti e gli occhi furbi e buoni di una anziana signora che a tutt’oggi non ha voluto abbandonare il quartiere. ‘Cummari Fina’ ha settant’anni, da una vita vive a San Paolo e si incuriosisce subito vedendo dei ragazzi interessati a guardare case e casupole oggi senza più alcun valore almeno economico. Dal punto di vista affettivo quelle stradine per la signora Fina sono tutto; una vita, tanti ricordi, tante giornate passate tra le faccende di casa e i frequenti morsi della fame. "Mi sembra ieri - esordisce la simpatica donna - quando le galline gironzolavano per il cortile o si andava a prendere l’acqua alla fontana qui vicino (a funtanedda) e la si riponeva in delle bùmmule o quartare di terracotta." Cummari Fina sta arrostendo del pollo sul ‘cufuni’ ma i suoi occhi diventano sinceri e lucidi allo stesso tempo; per lei deve essere triste e inconcepibile vedere la vuotezza del quartiere che la circonda oggi. " Sembra che tutti siano scappati in un solo giorno - riprende l’anziana donna - come disgustati da una mondo forse troppo semplice fatto di tanti stenti e duro lavoro ma anche di immense gioie". Mi rendo conto che cummari Fina sente il bisogno immenso di comunicare; a parte la solitudine interiore da anni vive sola perchè vedova. E’ proprio il ricordo del marito che la spinge commossa a parlarmi della ricorrenza dei morti. Alla sua mente riaffiorano le giornate della gioventù quando più che altro la ricorrenza era una vera festa per giovani e ragazzi. Riaffiorano le levatacce mattutine quando ci si preparava per andare al cimitero con la madre e le comari vicine di ‘purticato’ (di quartiere). O come fare a dimenticare la gioia e l’eccitazione la sera prima della Commemorazione dei Defunti quando si doveva andare rigidamente a letto presto e chiudere subito gli occhi altrimenti i cari estinti in procinto di portare i doni ai bambini avrebbero potuto punirli ‘annurbannu’ (cioè accecandoli, punizione tipica dei sicculi nei confronti degli spergiuri). E la mattina dopo, dopo mesi di ristrettezze che piacere tuffarsi nei cannisci con dentro marruna (castagne), ficu sicchi, bastarduna (seconda fioritura dei fichi d’India) e biscotti, tanti biscotti diversi: ossa dei morti, mustazzola, totò. Allora si parlava tanto, mi dice cummari Fina, era l’unico modo per comunicare, e si parlava soprattutto con gli anziani. La cultura era spesso tramandata da loro, giusta o discutibile che fosse il loro parlare teneva tutti attorno a un pezzo di cipolla o a un biscotto (nei giorni di festa). Ha molta nostalgia e non posso darle torto. Mentre rigira il pollo sul carbone mi indica una casetta bassa e colorata con l’intonaco un po' staccato e umido lì ad angolo: "Era un forno quello - ricorda con gioia - quanti dolci ho preparato lì dentro da madre e ne ho assaggiati da bambina; e il pane... quando ce lo potevamo permettere andavo io a prenderlo da cummari Maria Rosa, la fornaia, con i pochi soldi stretti stretti in mano per paura di perderli."

Non è facile immaginare o descrivere un mondo così lontano. Forse non ci sono riuscito, ma non mi importa. E’ comunque possibile respirare per pochi attimi un po' dell’aria che ha respirato cummari Fina, ascoltare le stesse filastrocche, sentire gli stessi odori, assaggiare gli stessi umili cibi. Forse la cucina può diventare un mezzo per non dimeticare e per rivivere nel passato.


Released: January, 1997


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******July, 2000
 
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