Il decreto del Ministro della Pubblica istruzione, che concentra sullo
studio del Novecento l'attenzione dell'intero sistema scolastico e la
problematica riforma costituzionale di cui una commissione bicamerale
dovrebbe farsi carico, hanno accelerato la mia riflessione su un tema
che mi sta a cuore: la cittadinanza femminile.
In un momento in cui la politica istituzionale sembra voler muovere
gli scenari della società italiana, noi, le donne, sembriamo calcare
un'altra scena, parallela, se non invisibile, a quella in cui vengono
agiti mutamenti che hanno la pretesa di incidere sul verso e sul senso
della storia.
Sento che è arrivato il tempo di osare di nuovo un progetto vecchio
di duecento anni, un Preambolo alla Costituzione Italiana che riprenda
il filo del discorso spezzato dalla ghigliottina che nel 1793 cadde
sulla testa di Olympe de Gouges: quale Dichiarazione dei diritti della
Donna e della Cittadina, oggi?
Si tratta di assumersi la responsabilità di un legame tra politica
e storia che, partendo dalla nostra esperienza, rimotivi di continuo
l'interrogazione del passato, dove si trovano le origini dell'incompiutezza
di cui soffriamo. Al cuore della storia del Novecento sta infatti la
nascita del soggetto politico femminile, che ha mosso la ricerca e la
didattica della storia (e non solo) verso una inedita relazione tra
i soggetti nel tempo, in cui conoscenza e riconoscenza si intrecciano
ad ogni passo.
Constato, constatiamo tuttavia, che la forza di questo evento,
che ha modificato le nostre vite quotidiane, non ha intaccato le rappresentazioni
della cittadinanza femminile, che resta neutralizzata nell'universalità
del soggetto maschile. Infatti, nessun patto costituente le moderne
democrazie occidentali prevede l'iscrizione delle donne come cittadine,
uguali e differenti insieme. Tra i timori di una deriva reazionaria,
che potrebbe trascinare con sé la differenza delle donne, e la difficoltà
di trovare forme politiche idonee alla sua significazione, questo nesso
non è stato ancora trascritto nella nostra Costituzione.
Questa situazione è ormai insostenibile, poiché inceppa di continuo
il senso di appartenenza delle donne ai luoghi, privati e pubblici,
nei quali si costruiscono i percorsi e i progetti della felicità civile.
Un Preambolo, potrebbe essere un modo per porre la questione
al centro, e aprire un dibattito generale. Un Preambolo che, nel rispetto
dell'integrità della Costituzione scritta dai padri e dalle madri fondatrici
della nostra democrazia, la ricontestualizzi a partire dal compimento
della cittadinanza femminile.
Senza questo gesto è impensabile proporre uno studio del Novecento
che sia storiograficamente attendibile nelle sue fonti, nei suoi percorsi
e approdi, né appare sensata la sua trasmissione alle nuove generazioni.
Questa proposta di Preambolo è maturata nel confronto lungo e
costante tra alcune donne di Catania, Mantova, Bologna, Venezia, Milano,
Bergamo, Pinerolo, Orvieto, sui temi della ricerca didattica nella trasmissione
della storia, e sui nessi tra identità e cittadinanza. Senza queste
relazioni essa non avrebbe avuto contesto politico, parole adeguate,
e la determinazione necessaria a nascere.
Il dibattito è aperto in questi luoghi. E' nostro desiderio che
esso si allarghi fino a coinvolgere donne e uomini anche in Parlamento.
Chiediamo alle testate che ci ospitano di dare la più ampia visibilità
a questo nostro desiderio, che converge su un punto elementare: dare
alla cittadinanza femminile un corpo politico.
Catania, 22 gennaio 1997
Emma Baeri, Gruppo del Venerdì-Catania, Ricercatrice di Storia
moderna Università di Catania