Girodivite - n° 58 /
novembre 1999 - Localismo
Il luogo del misfatto
di Sandro Letta
Questo mese è toccato a me. Ogni mese Girodivite presenta ai
suoi lettori il "numero", che cerca sempre di essere qualcosa di più
che una semplice collazione di pezzi articoli documenti messi a disposizione
per la discussione eper l'informazione collettiva. Cerchiamo di individuare
un nucleo centrale, un "luogo", che sia produttivo e indicativo rispetto
a ciò che sta succedendo attorno a noi e rispetto alle nostre conoscenze
e pratiche. Il numero che presentiamo questo mese è piuttosto consistente,
un centinaio di articoli - una cosa possibile solo grazie allo spazio web. Una
consistenza, frutto dello sforzo che non è solo nostro, ma di quel "movimento"
al quale sentiamo di appartenere e che si agita in Italia, in maniera "invisibile".
Una consistenza che riflette anche la ricchezza di temi, di "cose che accadono",
di interessi. Parliamo dunque di ecologia, musica, politica internazionale,
immigrazione, economia, vita sociale, centri sociali, internet, psichiatria
e volontariato...

In tale molteplicità di temi e di informazioni, vi è tuttavia
un filo che tiene tutto. Ed è il discorso che stiamo portando avanti
da alcuni anni a questa parte e riguarda l'idea e il tema del "luogo".
E' un tema complesso (ce ne sono di "semplici"?), vorrei dare qui
alcune indicazioni, sperando anche che su queste cose i lettori e noi del collettivo
di redazione possiamo continuare la discussione e il confronto, la reciproca
contaminazione e crescita.
Girodivite nasce nel 1994 all'interno di una rete di rapporti che si
chiamava Holding dei Poveracci: l'idea era quella di far nascere quanti
più "giornali locali" era possibile, nelle realtà della
Sicilia orientale. C'era "allora" (sembra passato un secolo!) I
Siciliani diretti da Riccardo Orioles e Gianfranco Faillaci, c'era soprattutto
la sensazione che "qualcosa" si stesse muovendo all'interno della
realtà siciliana per decenni dominata culturalmente economicamente e
politicamente dalla mafia e dalla DC di Lima Salvo Ciancimino & c. La nascita
di Girodivite è possibile perché si ha il conforto e l'esistenza
di questa rete di rapporti, si sente di essere parte di qualcosa. Il gruppo
di ragazzi e ragazze di Girodivite mantiene tuttavia una propria "storia"
che ricollega alle pratiche e all'esistenza di altri ragazzi e ragazze che hanno
svolto attività sociale e politica anche prima. L'associazione Open House
nata nel 1989 nei tempi del crollo dei muri, ma ancora prima il gruppo dei "vecchi"
dell'Arci di Lentini. Vi è una continuità di persone e di pratica.
Girodivite è rimasto l'unico dei giornali del gruppo della Holding
a continuare l'esistenza. Stentata, con alti e bassi, ma comunque esistenza.
Mantenendo forte non solo la propria radicalità (libertaria, si dice
oggi) ma anche il proprio radicamento: l'attenzione innanzitutto verso il proprio
"luogo". Che è la città che abitiamo, le città
in cui i nostri ragazzi e ragazze abitano. Noi continuiamo a esistere, e sentiamo
di farlo anche per i compagni della Holding che (momentaneamente) non
posso più eprimersi con un proprio foglio, per I Siciliani che
per tutti noi continua a essere vita e punto di riferimento.
Degli anni Settanta i più vecchi di noi ricordano uno slogan: "pensare
globalmente, agire localmente". Quello del "luogo" è la
riscoperta che ogni generazione fa a un certo punto della propria vita. Dopo
gli astratti bagni e le delusioni del troppo ideologizzare, si sente a un certo
punto il bisogno della riscoperta e ricerca individuale o collettiva del "chi
siamo" e "chi sono i nostri compagni". E' questa una cosa estremamente
salutare. Il ri/collegarsi alle matrici della propria esistenza, della propria
"identità". Girodivite ha instaurato da alcuni anni
a questa parte un rapporto che riteniamo vivificante con alcune realtà
che sul tema del "luogo" stanno da anni facendo non solo elaborazioni
teoriche ma soprattutto pratica e attuazione politica e culturale: Pietro Toesca
con la sua rivista delle città storiche éupolis a San Gimignano,
Salvo Basso a Scordia con le sue mille attività (la rete dei Comuni del
calatino, la rivista Città di città, ecc.). Non sono casi,
non è casualità.
Con l'avvertenza tuttavia che "luogo" per noi è non solo
esaustivo di ciò che esiste o che è esistito: la storia appunto,
la "tradizione", la ricerca di ciò che è folk o "primitivo".
C'è una linea che ci lega, noi appartenenti ineludibilmente alla borghesia,
alla ricerca romanticistica sul "luogo" contrapposta all'altra linea,
altrettanto borghese, della globalizzazione (come si dice oggi) che è
stato parte del pensiero illuministico. Per noi luogo non è solo la sua
storia, ma la relazione tra gli uomini. Nella sua realtà non sempre piacevole
- la realtà del "luogo" di una città o comunità
cittadina siciliana è fatta anche del sangue mafioso, delle prevaricazioni
dei signorotti locali, dell'oppressione sociale che tende a impedire ogni possibilità
di mutamento. Dunque una realtà che va modificata: "luogo"
come terreno di scontro ma anche possibilità di incontro.
Fortini, in un vecchio articolo sul Manifesto (raccolto alcuni anni
fa in "Disobbedienze") invitava a prestare attenzione non solo sulla
"produzione" ma anche e soprattutto sui "rapporti di produzione".
Quello dei rapporti, delle relazioni, è un tema che ha per noi altrettanto
valore che quello sul "luogo", è connesso intimamente a questo.
Il "luogo" o i "luoghi" hanno senso e valore solo per i
rapporti che esistono, per le relazioni che sono possibili altrimenti rimangono
ruderi, edifici vuoti, "monumenti" belli o interessanti dal punto
di vista archeolgico ma vuoti, sterili. E relazione significa rapportarsi con
gli altri, tra di noi, contaminarsi, mettersi in discussione, la possibilità
di poter fare delle cose "assieme" ad altri.
In questo numero di Girodivite parliamo molto di "luoghi"
e di quello che accade in questi luoghi. Sono luoghi che hanno nome di Catania,
Salerno, Napoli, Vicenza, Brescia ecc. Ma soprattutto sono luoghi in cui agiscono
"realtà", gruppi e individui che "fanno" delle cose,
esprimono lotta, disagi, esigenze che sono anche i nostri. L'attenzione per
il luogo ha senso (ditemi che ne pensate...) anche e soprattutto se si ha coscienza
di essere nel mondo "insieme a", "parte di", all'interno
di una connessione, di una "rete".
Quella che oggi si chiama "globalizzazione" e che fino a qualche
anno fa si chiama "imperialismo" "colonialismo" ecc., pone
possibilità e pericoli. La realtà del pensiero unico, del livellamento,
la riduzione di noi tutti a sub-schiavi; ma anche le possibilità di comunicazione
e dunque di potersi mettere in relazione con gli altri che a questo livellamento
tentano la resistenza, si oppongono, sviluppano pratiche e esperienze che vogliono
mantenere le identità e la pluralità "genetica" di individui
e gruppi quanto più è possibile. Una resistenza che ha varie pratiche:
quella dei centri sociali, dei gruppi sindacali che non si "normalizzano",
i compagni che sviluppano ricerche con cui vanno a riguardare la storia nostra,
della sinistra e della politica del nostro Paese (i compagni della rivista PerilSessantotto
e quelli di Città d'Utopia ecc.: citiamo loro perché loro
conosciamo e con loro siamo in rapporto). Contro la globalizzazione si
sta sviluppando un po' dapertutto quello che viene chiamato localismo.
Ma su questo occorre stare attenti: perché il "luogo" non esiste
mai nella unicità oggettuale, nel "luogo" esiste tutto e il
contrario di tutto, anche quello che di più spicavole può svilupparsi
nei rapporti tra gli umani. E, soprattutto, non è possibile "il
socialismo in un Paese solo solo", l'utopia del "feudo" felice
nel gran mare degli asserviti e della gente che soffre e muore non è
possibile. Negli stimoli che ci provengono dall'euforia delle riscoperta (vera
o presunta) delle nostre individualità non possiamo dimenticarci che
siamo anche noi parte dell'umanità, e l'umanità attualmente non
sta messa affatto bene.
Quella della "rete" telematica è parte di questo discorso.
La "rete" come possibilità per i "luoghi" (città,
comunità, gruppi, individui, storie) di mettersi in rapporto e sapere
gli uni degli altri, comunicare, scambiarsi informazioni e contenuti. In piena
coscienza che la "rete" è parte del processo della globalizzazione.
Che ha il suo "vizio d'origine": il militarismo e il livellamento
del pensiero unico tecnologico portato avanti oggi dagli USA ( e fino all'altro
ieri dagli Stati imperialistici europei). Lo scompaginamento che provoca sui
rapporti umani e di produzione, su cui quello che una volta veniva chiamato
semplificativamente "capitale" ha già messo le mani e sta utilizzando
(vedi lo sviluppo del telelavoro, dell'e-commerce ecc.) per il proprio fine
di profitto. Girodivite ha lanciato una propria "inchiesta",
un sondaggio per comprendere cosa ne pensano anche gli altri del "movimento"
su tutto questo. Sono nate in questi anni tutta una serie di "realtà"
legate al "luogo internet": Isole nella rete, Mercati esplosivi, PeaceLink
ecc., a Catania la storia "lunga" (in termini tecnologici) di FreakNet...
Non si tratta di "luoghi virtuali" ma pratiche e relazioni reali,
che testimoniano di una vitalità, delle persone e dei gruppi che si formano,
una voglia di comunicazione e un bisogno di spazi propri, testimonianza di forme
di resistenza alla "grande metropoli" anonima che si tenta di imporre.
E' anche grazie ai "luoghi delle mailing list" che è possibile
tronare a riaggregare le persone: eventi come quelli dell'anti-meeting di Firenze
e di Seattle, o la diffusione di notizie provenienti da varie parti del mondo
(Chiapas, India, il nord europeo ecc.) sistematicamente censurate dalla logica
non solo commerciale dei giornali del pensiero unico, non sarebbero possibili
almeno non nelle forme e nei modi in cui sono oggi avvenuti o avvengono, senza
la "rete". Senza mitizzazioni o fascinazioni illusorie, ma con l'idea
che le tecnologie non vanno rifiutate sic et simpliciter (come si diceva in
epoca gutemberghiana) ma vanno usate, occorre socializzare le tecnologie (e
per quanto è possibile la loro produzione) come supporto alla democratizzazione
e alla socializzazione reale e concreta.
"A partire da me", si diceva in anni scorsi anche contro perseveranze
aberranti del collettivismo gruppettaro. "A partire da noi" dicono
i compagni che non sentono la propria appartenenza legata ai "fallimenti"
ideologici e sociali di regimi dell'Est con cui non si è mai avuto nulla
con cui spartire. "A partire dal luogo" dicono i compagni che cercano
una nuova concretezza nella pratica politica diretta, immediatamente identificata
e identificabile, una nuova concordanza e solidarietà di relazione. Un
da qui / da ora, che è anche un rimettere in discussione lo stesso luogo
in cui ci troviamo, nella nuova consapevolezza delle diversità di approccio
e di percezione. Ciò per cui ad esempio una cultura della sedentarietà
"vede" il luogo certamente in maniera diversa che una cultura della
migranza o della migrazione. Una distinzione questa che ci attraversa, individualmente,
tutti, e non solo come appartenenti a culture che dell'arroccamento (di razza,
ideologico, di cultura e di famiglia, di territorio, di religione e di lingua
ecc.) si è fatto troppo spesso rodomontesca esibizione. Beh, ma da qualcosa
dobbiamo pur ripartire se non vogliamo essere come quell'omino che per fermare
il divenire della realtà - ma questa, ovviamente, è solo una delle
interpretazioni possibili - metteva chiodi alla sua ombra...
Il "luogo" come "luogo comune", come luogo in cui accadono
le cose, in cui i rapporti tra le persone si manifestano nella loro realtà
- nel bene e nel male: la possibilità di "fare amicizia" cioè
di legarsi accomunati da qualcosa, ma anche i "rapporti sociali e di lavoro"
disumanizzanti e reificanti... La comunità di Girodivite vuole
essere anche questo: luogo in cui i vari componenti possano portare e comunicare
agli altri le proprie esperienze rispetto ai "luoghi" con cui ciascuno
di noi ha a che fare.
Released online: November, 1999
