Girodivite - n° 58 /
novembre 1999 - Mafia, Informazione
La catena di san Libero
di Riccardo Orioles - "Girodivite" pubblica qui, in forma di rubrica,
il contenuto di una e-letter periodica che Riccardo Orioles sta in questi giorni
diffondendo. Ironicamente chiamata "la catena di san Libero", giocando
anche con il nome della sua email (ricc@libero.it)
- la riportiamo anche con lo scopo di permettere a quanti interessati di poter
rivolgersi direttamente a lui, oltre che tramite l'email di Girodivite (girodivite@freeweb.org).
Di Riccardo Orioles "Girodivite" ha pubblicato come editoriale del n°
57 (settembre 1999) l'articolo "Chi ha ceduto stavolta".
"A che serve vivere, se non c'e' il coraggio di lottare?"
(Giuseppe Fava)
8
novembre 1999
Non indovinerete mai a che cosa ho lavorato oggi. Al progetto grafico di un
giornale antimafia. Ma non siamo nel 1999? Ma non hanno appena santificato Andreotti?
Certo. Ma statemi a sentire un momento. Qualche giorno fa, mi chiamano - "dica
che e' urgente!" - da Palermo. Palermo? Palermo. Ma non sono i compagni, il
sindaco, gli imprenditori democratici e in genere la gente che conosco in Sicilia.
E' invece l'amministratore di un'associazione, un signore che non ho mai sentito
fino a quel momento, che deve assolutamente incontrarmi perche' "hanno deciso
di fare un giornale contro la mafia" e qualcuno gli ha detto che io m'intendo
di antimafia, giornali e robe del genere. Ha una fretta bestiale. "Ma che tipo
di giornale, esattamente?". "Non abbiamo ancora deciso. Ci suggerisca. L'importante
e' si faccia presto. Vogliamo essere in edicola entro due mesi. Anzi non solo
in edicola: a noi interessa soprattutto portare il giornale nelle scuole, fare
discutere i giovani, rompere il silenzio". Mi fanno i nomi di un paio di persone
palermitane che conosco. Fissiamo un appuntamento urgente per il giorno dopo.
Il giorno dopo si presentano due signori cortesissimi, e a quanto posso capire
abbastanza seri e motivati. Risulta che l'associazione che rappresentano e'
un gruppo ufologico. Questo gruppo, che ha sede in una cittadina del centro
Italia, ha una piccola redazione che finora gli e' servita per stampare un paio
di riviste con storie di extraterrestri: avvistamenti, testimonianze, filosofie
(sembra che gli extraterrestri siano piuttosto dediti alla filosofia). Guardo
una delle due riviste. C'e' una discreta inchiesta sulla mafia in Russia, abbastanza
documentata; un paio d'interviste con personaggi autorevoli nel loro campo (l'ambientalista,
il reporter di guerra, ecc.); una serie di foto su avvistamenti di Ufo in Brasile;
e una serie di box sulla necessita' di unirsi agli sforzi degli extraterresti
per salvare l'umanita', a loro (degli extraterrestri) avviso piuttosto bisognevole
di tale sforzo. E che c'e'ntra la mafia? "Non ne sta parlando piu' nessuno.
A noi piacerebbe dare una mano, fare la nostra parte. E poi, l'armonia dell'umanita'...".
Basta: mi sono affrettato a portare il discorso sul piano tecnico e a dirgli
che avrei senz'altro preso in esame la loro proposta e che entro pochi giorni
gli avrei fatto avere la prima bozza di gabbia in XPress 3.3 eun paio di preventivi
e via dicendo. E insomma, la gabbia gliel'ho appena finita di fare: ho bisogno
di lavorare, e poi per l'antimafia io lavoro anche gratis. Pero' la sostanza
e' questa: che per fare un giornale antimafia, nel 1999, si devono muovere gli
extraterrestri. Ai terrestri, non interessa piu'.
9
novembre 1999
Potresti rileggerti un coso di Sciascia, questa settimana. Attento pero',
che questo e' uno Sciascia strano (di quando ancora non era diventato Sciascia,
per capirci) e quindi non parla, come al solito, di "mafia": parla proprio di
mafia. La mafia, al tempo in cui e' ambientato il libro (dimenticavo: "Recitazione
della controversia liparitana"; dovrebbe essere Einaudi ma non ne sono affatto
sicuro perche' non ho piu' ne' libri ne' biblioteca ma aveva una bella copertina
disegnata, comunque che faceva un gran bel vedere sul tavolo di vernice blu
della sezione di Lotta Continua del mio paese) la mafia non esisteva a quei
tempi, dicevo, e i tempi erano quelli del passaggio dalla monarchia spagnola
alla sabauda e poi nuovamente alla spagnola, nella Sicilia del Settecento. Allora:
c'e' la prima repubblica, che poi a quei tempi era un regno, e tutti siamo fedeli
sudditi del re di Spagna. Inquisizione, dunque, e leggi leggine e regolamenti
vari a favore del clero. Ribaltone: Sua Maesta' Cattolica, in seguito a un trattato
da qualche parte, perde il regno; che viene assegnato dall'America ai torinesi,
con Vittorio Amedeo re per l'occasione e il marchese Maffei (se ricordo bene)
vicere' con pieni - almeno teorici - poteri. In Sicilia dunque e' arrivato il
progresso. Per l'inquisizione sono cazzi amari, e anche per i suoi confidenti
e bargelli. Alcuni di questi (fra cui il famosissimo Matteo Lo Vecchio: di cui
parleremo un'altra volta, se a qualcuno interessa) addirittura si "pentono",
e passano dalla parte dei magistrati. Che erano giovani e progressisti, naturalmente,
lottavano per la giustizia e credevano giacobinescamente (oh, e' cambiato o
non e' cambiato il re del regno?) che la legge fosse uguale per tutti. Grande
incazzamento dei nobili - mandi un killer ad ammazzare qualcuno e 'sti stronzi
di magistratio te lo mettono in galera - che pero', non essendoci ancora ne'
Mughini e ne' Ferrara, non potevano tradurre in garantese il loro punto di vista
e ci facevano dunque una pessima figura. Severi moniti della Chiesa, durissimi
editoriali di Mongitore, proteste dei decurioni (una specie di confindustria)
palermitani - ma quelli del pool, giu' duri. Un bel giorno, arriva una multa
al palazzo del vescovo di Lipari. Sua Eminenza aveva mandato un servo a vendere
una cesta di ceci secchi al mercato, senza pero' pagare la tassa sulle bancarelle.
Arriva il vigile urbano (l'algozino), e fa il verbale. Violazione dei privilegi
ecclesiastici, iniqua persecuzione del servo di un servo di dio: il vescovo
scomunica il povero vigile, e a quei tempi una scomunica era quasi come essere
preso per comunista ora. Ma la notizia arriva al pool di Palermo e i giudici,
fra una cosa e l'altra, incriminano a loro volta il vescovo: abuso d'autorita',
turbativa delle leggi del Regno, violazione della par condicio fra sacro e profano,
e via dicendo. Il vescovo? Una bestia: scomunica doppia, rinforzata e fulminante
al vigile (beh, ma questo si sapeva già), all'ufficio istruzione, a tutti i
sostituti della procura, a quel giacobino di vicere' che gli tiene mano, al
re e all'intero regno. E cosi', per una cesta di ceci il fedelissimo regno di
Sicilia si trova nella condizione di dover scegliere a chi essere fedele: se
al potere ecclesiastico, o alla legge. I giudici, naturalmente - mi dispiace
di non ricordare i nomi dei giudici ma vado a memoria, e questa e' fiacca; uno
potrebbe essere Ingargiulo? Ho scritto qualcosa su questa storia quindici anni
fa: ma allora avevo il libro, e avevo la memoria - i giudici non avevano dubbio
alcuno sulla parte da cui si sarebbe schierato il vicere' Violante, un signore
civile, portato dai tempi nuovi; e piemontese! Ma com'e' come non e', le dichiarazioni
di solidarieta' del governo si fecero attendere. Ed ecco la solitudine dei magistrati,
gli algozini pentiti che uno dopo l'altro cominciano a chiedere perdono in chiesa,
i servitori che cominciano ad aprire con malgarbo le porte al sostituto che
esce dalla procura. E i pezzi di Mongitore sempre piu' frizzanti, le dame che
ridono graziosamente ai pettegolezzi sui giudici che a poco a poco riempiono
i salotti palermitani... Ancora tutte queste cose non s'erano verificate (non
si erano verificate ai tempi nostri, intendo) ma Sciascia era cosi' grande scrittore,
a quel tempo, che riusci' perfettamente a rendere quel clima, il clima della
palude. Come finisce la storia? Come sempre, naturalmente. Vittorio Amedeo,
per quanto culo desse ai nobili, alla Chiesa e a tutta la destra siciliana ed
europea, non riusci' tuttavia a convincerli di non essere un possibile sovversivo.
Alla fine, un altro congresso gli tolse il regno (gli dettero la Sardegna, per
consolarlo) e lo restituirono agli Spagnoli. I quali, bestie com'erano, duraron
poco. Ma intanto l'inquisizione e i vescovi riebbero i loro giocattoli, i giudici
del pool furono fatti fuori (umanitariamente, bisogna dire: erano tempi civili)
e i ceci di Sua Eminenza tornarono trionfalmente sul mercato. Senza tassa, naturalmente,
in nome della liberta' religiosa. E' l'unico libro di Sciascia di cui non si
parla mai. L'unico che ancora puo' fare danno.
"Alle ore diciotto, in piazza del Carmine, co-mi-zio del partito communista
italiano. Parlera' il compagno Tindaro La Rosa". "Cittadini, lavoratori: alle
ore diciotto, in piazza del Carmine, tutti al comizio del partito communista
italiano. Vota communista, contro alla mafia, contro la diccì Io ho sentito
queste parole con le mie orecchie, al mio paese, molti anni fa. Presso quale
ufficio debbo andare a denunciarmi?
Poi c'era quell'avvocato di Catania, era il figlio di un altro avvocato ma
famosissimo, lui era pure uno dei migliori della citta' ma non arrivo' mai ad
eguagliare, e lo sentiva come una cosa ingiusta, la popolarita' di suo padre;
che era uno di quei togati autorevoli ma dalla battuta salace mentre lui era
piccolo, calvo, leggermente incurvato e con un sorriso mezzo.Era il nostro avvocato,
a quei tempi, un gruppo di ragazzi che facevamo un giornale antimafioso e non
era affatto facile per noi trovare un avvocato in quegli anni. Una di quelle
persone che poi non vedi piu' per anni e poi, quando torni in Sicilia, ti dicono
casualmente, che e' morto. Al "Come sta, avvocato?" mi dicono che rispondesse,
negli ultimi mesi, nella seguente maniera: "Come sto? Mah. Bene. Solo, ci haiu
ddu cosu dda' che arrimina, gira, firria... comu si chiama... un cancru, ecco'".
E si allontanava con un civile sorriso.
10
novembre 1999
Volevo scriverti qualcosa tanto per continuita' (domani parto per un paio
di giorni, e il sabato e la domenica sono senza computer) ma mi vengono in mente
cose tanto scomposte e cosi' divergenti fra loro che non ne vale proprio la
pena. Un paio di ragazzini catanesi, tutt'e due rapinatori; la chiacchera con
uno di questi due alla Villa ("Ma insomma, perche' lo fai?" "Sai, giorno 15
c'e' il concerto di Baglioni a Firenze" "E che c'entra?" "E secondo te come
ci arrivo fino a Firenze, a piedi?") e solo un breve scambio di sguardi con
l'altro al tavolo di una birreria notturna, alcune ore prima che lo prendessero
e gli tagliassero la testa per una rapina sbagliata (la testa poi fu ritrovata
ai piedi della statua di Garibaldi e ci scrissi sopra un buon pezzo di cronaca).
Non so. Forse perche' al bar, poco fa, si sentiva musica di Baglioni. O forse
per quell'onda di noia che ti viene alla fine di una giornata in cui ti sei
agitato molto e non hai concluso niente. Dovrebbero essere quasi quarantenni,
quei due ragazzini, se fossero vissuti; e forse il primo dei due magari e' ancora
vivo. La citta' di Catania, a quell'epoca, era la capitale del dolore minorile.
Il piu' alto tasso di rapinatori minorenni, il piu' alto indice d'emarginazione.
Sono passate moltissime cose, da allora. Ora Catania e' una delle citta' piu'
ripulite del mondo, col suo settanta per cento di elettori "progressisti" e'
molto piu' liberale di Stoccolma e molto piu' di sinistra di Leningrado quando
c'era Lenin dentro. Eppure. La percentuale dei rapinatori minorenni non e' sostanzialmente
cambiata da allora, ne' l'infelicita dei ragazzini e' minore. Ho un volantino,
davanti: da un lato c'e' scritto che due anni fa, in Italia, su ogni cento ragazzi
arrestati due erano catanesi; due anni fa; l'anno scorso, erano tredici ogni
cento. Da un lato del volantino c'e' questo fatto, e dall'altro una scritta
che dice che queste cifre sono state diramate dal Tribunale dei Minori, ma che
nessuno le ha voluto pubblicare; e che allora loro, i firmatari del volantino
(un gruppo di giovani cattolici locali) hanno deciso di "riprodurre a spese
private" il drammatico comunicato del Tribunale per portarlo almeno in questo
modo all'attenzione della gente. "Ciclostilato in proprio, ecc.". Ai miei tempi
i volantini si facevano per parlare della rivoluzione, adesso invece la stampa
clandestina serve per diffondere le grida di disperazione dei magistrati.
Sul "N.Y.Times" di oggi, riportato dalla "Stampa", c'e' un pezzo sulle differenze
tecniche fra sedia elettrica (superata e, per circa due minuti, dolorosa) e
l'iniezione letale (efficiente, moderna e, rispetto alla sedia, umanitaria).
Sono stroppo stanco per riscriverlo, ma vi consiglio di cercarlo. "Passando
attraverso il cuore (la corrente elettrica) distorce il normale ritmo ventricolare
in un inefficace contorcimento a serpentina, conosciuto come fibrillazione...".
Poi l'articolista passa ad illustrare le virtu' antidolorifiche, per contrapposto,
dell'iniezione. A me pareva di leggere una pubblicita' sul Zyklon B ("Basta
con la barbarie delle raffiche di mitragliatrice").
Non riesco a trovare nulla di spiritoso, stasera. E' colpa mia, scusatemi,
fattori soggettivi. (M'era venuta in mente una bella battuta ironica, e anche
abbastanza attuale, di Karl Krause, ma poi mi sono ricordato che alla fine,
dopo che vide arrivare i nazisti e vide soprattutto la gente battergli le mani,
mori' suicida. E allora lasciamo stare).
Bene, spero di trovare qualche indirizzo nuovo (amici, conoscenti, gente a
cui volete male) a cui spedire 'ste lettere quando torno, fra qualche giorno.
Fatemeli trovare nella casella. E buon week-end.
16
novembre 1999
Il Computer è una bestia grossa e libidinosa, un po’ come un transatlantico
o una locomotiva. Ha un centinaio di lucine accendi-e-spegni in successione,
un ronzìo da dinosauro abbioccato e un sacerdote apposito, il Tecnico Edp, interamente
votato a Lui. Tu, comune mortale, puoi addirittura parlargli. Pondera bene prima
la domanda, però. Poi scrivila sulla foglia di papiro, mettiti in fila davanti
al sacerdote, e quando sarà il momento prenderà il tuo papiro e lo darà da ingoiare,
cerimoniosamernte, al computer. Sara' il sacerdote a dirti quando dovrai tornare
per la risposta, e anche a interpretare per te i versi - i computer non parlano
come gli esseri umani.
E' stato con un computer cosi', una parasanga d'anni fa, che siamo riusciti
- la Bestia occupava quasi completamente il pianterreno - a estrapolare clandestinamente
un valzer, di circa venticinque secondi, all'instituto di fisica di una certa
città. Gli uomini del Duemila riusciranno - era il nostro audace pensiero -
ad ottenere musichette di almeno un querto d'ora, e forse ancora di più. (non
era affatto il Duemila, a quel tempo. O forse invece sì, visto che era il Sessantotto.
Ma questa è una storia diversa).
Tutto questo per dire che ci volle un bel po' di sessantotto (che c'entra?
Non lo so: però c'entra) per fulminare nel cervello d'un paio dozzine di ragazzi
l'idea che forse il computer poteva essere anche una cosa più alla mano, del
genere giradischi e/o televisione. La storia la conoscete: i due tizi che trafficano
circuiti in un garage, il più matto dei due che si vende il volkswagen per finanziare
la ricerca (nel Vw c'era naturalmente l'adesivo make-love-not-war: nondimenticate
questo particolare, perché è importante), altri mille dollari trovati in prestito
e... e nasce l'Apple II dei primordi, il computer cugino del televisore.
E' una bellissima storia americana, fino a questo punto. Naturalmente nessuno
prendeva sul serio Jobs e Wozniak (i nostri due del garage), anzi non si sapeva
nemmeno che esistessero. I computer "veri" (cioè i bestioni ma mezza tonnellata,
quelli col sacedote e tutto il resto) venivano prodotti dalla Ibm - tutti quelli
che esistevano sul pianeta, meno una cinquantina d'eccezioni.
Com'è come non è, l'Apple II (e i Commodore, i Sinclair, gli Star, i ZX) sfondano
sul mercato per una stagione. Questo non vuol dire niente, di per sé: siamo
in America, e ci vuole un momento per capire, quando sfondi al mercato, se sei
i fratelli Wrright o solo l'inventore del Tamagotchi. Comunque l'affare c'era,
e per questi motivi la Ibm (il cui presidente fino a poco prima sghignazzava
selvaggiamente quando gli parlavano di mettersi a vendere computer piccini)
decise di dedicare una sua divisione alla produzione di questa specie di computer-giocattolo.
Siccome avevano un efficiente ufficio mareketing, trovarono anche un nome serio
per questa roba - li chiamarono "personal computer", abbreviato in pc. Dopo
di che, il problema era di trovare un programma per farlo funzionare, il sistema
operativo, come si dice.
Scusa: e non se lo potevano fare loro? Certo che si': ma per tanti buoni motivi
(il principale dei quali, secondo me, era che avevano troppa puzza al naso)
decisero di appaltarlo fuori. Si presentarono Bill Gates e alcuni altri.
Ora, il problema della Ibm, quanto al computer-giocattolo, era il seguente:
computer-giocattolo sì, ma stando attenti a non far concorrenza ai computer
veri. Sui computer veri ci campavano, loro (immaginate la Fiat che si mette
a produrre automobili a energia solare, impulsi orgonici e pedali: tutto bellissimo,
ma a condizione che non vadano più veloci e non consumino di meno della Punto,
della Bravo, della Panda e persino della Duna). Il primo sistema operativo presentato
aveva prestazioni espandibili ed era bestialmente veloce. Scartato. Il secondo
era una scheggia, aveva l'ufometro incorporato e faceva il caffè. Scartato.
Il terzo era Bill Gates. "Beh, funzionare funziona.
Certo, sopra i 640Kb di memoria non potrà andare mai". Approvato! E nasce l'Ms-Dos.
(break: forse a questo punto vi sarà venuto il sospetto che sto scrivendo su
un Macintosh. Avete indovinato. Però...).
Allora: L'Ms-Dos 2 deve restare compatibile con l'MsDos 1. L'Ms-Dos 3 deve restare
compatibile con l'Ms-Dos 2. E così via: 4, 5, 6, 7, sempre con gli stessi 640k
di limite obbligato. Poi arriva il Windows, ma deve restare compatibile pure
lui: per cui il Windows 3.1, in realtà, è un Ms-Dos col parrucchino. Scusa,
ma i ragazzi del garage che diavolo stanno facendo, nel frattempo? Niente. Siccome
non hanno mai visto un dollaro in vita loro, mettono in vendita le loro preziose
macchinette (che nel frattempo sono diventate anche "amichevoli": mouse, menù
a tendine, interfaccia "fool proof", cioé a prova di cretino: ho imparato a
usarle pure io) le mettono in vendita, dicevo, a un prezzo spropositato: ciascuna
viene a costare un chiliardo di dollari, più venti conchiglie e sei francobolli.
Le macchine della Ibm, invece, si vendono come il pane: i boss della Ibm, o
perché machiavellici o perché coglioni, le lasciano copiare a chi vuole. Così
si mettono a fabbricarle a Cincillao, a Shangrillà, a Singapore: le vendono
a prezzi stracciati (tre tornesi l'una, e un asciugacapelli in omaggio) e riempiono
l'intero pianeta di computer non proprio straordinari, però reali. Ok? Riepilogo
della storia americana: scena prima, l'America inventa una cosa bella prima
di tutti gli altri, grazie alla fantasia e al Sessantotto; scena seconda, l'America
riprende in mano la stessa cosa, la rende un bel po' meno bella e la semina
a macchia d'olio su tutto il pianeta. Scena terza, ahimè. Bill Gates, e tutti
gli altri Bill Gates che gli spuntano attorno, come produttore di tecnologia
risulta (l'abbiamo visto) un po' più scarso rispetto ad altri. Ma è un produttore
di tecnologia, non un "padrone". L'idea va un po' meno veloce ma insomma, seddiovuole
cammina. Una volta entrato nel mercato, però, l'incrocio fra tecnologia opportunamente
"castrata" e autoconservazione del "padrone" (ti offendi se uso questa parola?
in caso, chiamalo "soggetto economico permanente") comincia a fare danno davvero.
Windows 95, per esempio, è molto meglio - come fuzionamento - rispetto a Windows
3.1. Però il gap tecnologico e soprattutto culturale fra l'uno e l'altro è,
concettualmente, molto minore, di quello che che c'è fra il Dio Computer di
cui parlavamo all'inizio e il computer-televisore. In altre parole, fra l'ottantatrè
e l'ottantaquattro il cervello umano ha lavorato un casino, sull'argomento computer,
ed ha scoperto l'America. Fra il novantatrè e il novantaquattro, invece, ha
lavorato di meno, e ha scoperto l'isola di Linosa. Ci arriva, naturalmente,
in traghetto superattrezzato e con l'aria condizionata a bordo, mentre in America
c'era arrivata in piroga. Ma in termini di percorso proporzionale, ha coperto
una distanza molto inferiore. Alla fine degli anni Ottanta, un programma per
computer veramente nuovo (che affrontava cioè problemi nuovi e li risolveva
con nuovi approcci) usciva ogni tre mesi, e lo faceva tipicamente un ragazzino
che poi o diventava ricco sfondato o si vendeva la scoperta per un po' di fumo.
Adesso, quasi tutti i programmi che sto usando negli ultimi tre anni sono semplicemente
approfondimenti e abbellimenti di roba che già c'era.
Ma, e Netscape, e Internet? Vi sembrerà strano, ma io penso che l'80 per cento
della strada - sicuramente sul piano concettuale, e parzialmente anche sul piano
tecnologico - risale a una decina di anni fa. Quello che è arrivato adesso,
è che hanno imparato a venderlo meglio. Avete presente l'automobile? Ha fatto
quasi tutti i suoi progressi nei primi vent'anni. La macchina su cui vai adesso,
nei suoi principi essenziali, funziona esattamente come cento anni fa. Motore
a scoppio. In più, da una dozzina d'anni, ha l'elettronica. "In più", in questo
caso, significa proprio "in più". Puoi mettere tutta l'elettronica che vuoi
su un'automobile, ti porterà a casa automaticamente e ti canterà nel frattempo
Yellow Submarine. Quello che non potrai impedirle sarà di avere un rendimento
termico ridicolmente basso e d'inquinarti il pianeta. Questo significa che devi
porti seriamente il problema di bombardare i cinesi (o gli aborigeni delle Figi,
o gl'iraccheni) prima che si mettano in testa d'avere l'automobile pure loro:
perché se ci riescono, e la tecnologia è sempre quella (redditizia ma centenaria)
della macchina-a-puzza, tocca cambia' pianeta.
Bene, adesso il governo americano ha fatto giustizia, ha bloccato Gates e
tutto il resto. Certamente. (A proposito, vi siete chiesti perché il giorno
dopo la notizia non era titolazzata in prima pagina sul Corriere, né su Repubblica
né sulla Stampa? Era nelle pagine interne, settore economia...). I governi servono
per l'appunto per fare giustizia e per impedire agli avidi speculatori di arricchirsi
alle spalle della poveraggente - come ben sappiamo in Italia.
Se avessi tempo e tu non fossi così ormai così scocciato ti racconterei che
un ragazzino finlandese, certo Linus Qualcosensenn, un paio d'anni fa ha inventato
un sistema operativo molto migliore di Windows (e di Mac) e che questo sistema,
chiamato Linux, viene sviluppato *gratis* da alcune centinaia di migliaia di
volontari in Rete, e che il sserver attraverso cui ricevi questa lettera probabilmente
sta usando proprio Linux, in questo preciso momento. Come se un gruppo di ingegneri
della Fiat Anni Sessanta si fossero messi in proprio e fossero riusciti a fare
una Seicento che fa centosettantacinque all'ora, va ad acqua, e non costa niente...
Ma sono davvero stanco, e tu lo sei più di me, a questo punto. Magari se ne
parla una prossima volta, la volta che si parla di mafia e di politica. Oh,
ma ce la devi proprio infilare dappertutto, la politica? E che c'entra la mafia
con tutto questo?
Più di quanto non pensi. Un computer può essere usato per calcolare traiettorie
balistiche, per fregarti i soldi (ogni tanto in America qualcuno prende il fucile
e va a discutere coi gestori delle "borse informatiche"), per rincretinirti
in varie maniere e persino per scrivere a duecento persone che "Andreotti è
un mafioso". Oppure per conoscere te, proprio te là là in fondo con quegli occhioni
azzurri. Se invece di sviluppare i Gates fossimo riusciti a sviluppare *fisiologicamente*
la tecnologia, a quest'ora io avrei fra le dita un compiùter in grado di farti
un bellissimo sorriso, di invitarti a cena stasera (a spese del computer) e
di sussurrarti bellissime parole d'amore mentre sullo sfondo Sam (sempre il
computer) strimpella "As time goes away". E invece no, cazzo: allo stato attuale
della tecnologia gatesiana il computer può fare solo una piccolissima cosa di
tutto questo, e soprattutto non può determinare se tu sei proprio una bellissima
ragazza dagli occhi azzurri e non invece un vecchio coglione di cinquant'anni
(è vero che non può determinarti se lo sono io, un bel ragazzo: ma questo è
tutto un altro discorso). Così, che posso fare? Salutarti, ringraziarti per
avermi fatto compagnia e arrivederci alla prossima volta, indipendentemente
dal fatto se tu sia una ragazza di vent'anni o un vecchio di cinquanta. Che
ingiustizia, maledetto Gates.
18
novembre 1999
Fa freddo a Roma. Stamattina alle sei e' morta Elvira Lupeanu, aveva quindici
giorni ed e' morta di freddo dentro una roulotte nel campo zingari di Casilino
700. Sua madre, Speranza Petrakle, diciannove anni, nata a Severin in Romania,
era accanto a lei in quel momento. Il padre, Nicolae Lupeanu, ha venticinque
anni e non si sa dove sia. E' stato espulso dall'Italia due settimane fa. Inquinava
il Belpaese.
L'ultima morte di bambini, al Casilino 700, risaliva al cinque agosto. Un
mese fa i muri di roma erano tappezzati di manifesti dei fascisti: "ai romani
distruggono le case abusive, e agli zingari intanto il comune regala le ville".
Ci sono settemila zingari Rom, a Casilino 700. Rappresentano un grosso problema
per la popolazione ariana della zona, per il sindaco - di "sinistra" Rutelli,
per il capo dei picchiatori fascisti Bontempo, per Berlusconi, per D'Alema e
per Fini e - forse - anche per te e per me. Almeno Elvira, adesso, non e' piu'
un problema per nessuno. Non ci sara' bisogno di espellerla, ne' di rastrellarla
in una "brillante operazione di Polizia e Carabinieri", ne' di organizzare manifestazioni
contro di lei. Celebreremo il Giubileo in santa pace, e il Dibattito sulla Sinistra,
e l'Entrata in Europa e il Nuovo Liberismo.
Non so se leggerete questa notizia, sui giornali di domani. C'erano i poveri
"giornalisti" di strada, a guardarsi attorno fra le roulottes col taccuino aperto
e gli occhi sbarrati. Poi, nella tarda mattinata, e' arrivata una mergedes con
l'autista ed e' sceso un giornalista del Corriere.
Ma il compiùter fa uscire matti? Tutti i giornali hanno parlato della storia
di quel ragazzino di Torino ricoverato d'urgenza dopo alcune nottate passate
alla playstation. Alla fine si credeva un supereroe pure lui. Voleva andare
in Giappone, dove c'e' la fabbrica delle playstation, per farsi scrivere un
videogame basato sulle avventure sue e della sua famiglia. E' colpa del computer,
e' colpa dei giapponesi. E quale doveva essere la trama del videogame? "Una
lotta fra marocchini e italiani, ambientato a Porta Nuova". Maledetti giapponesi,
maledetto compiùter.
Huntsville (Texas), 16 nov. - Condannato a morte si è opposto con tutte le
sue forze all'esecuzione capitale. Desmond Jennings, 28 anni, si è ribellato
con ogni mezzo e, per trascinarlo fino alla camera della morte del penitenziario
texano di Huntisville, cinque agenti hanno dovuto ridurlo all'impotenza, stordendolo
con uno spray.
Giornalista onesto, dunque disoccupato, caporedattore, art director, esperto
dtp, progettista web, militesente bella presenza no stranieri, ecc. ecc. ecc.
esamina offerte - e non e' uno scherzo.
A volte la "ggente" riesce a far rimpiangere la piccola borghesia.
19
novembre 1999
L'articolo che segue - e' di una quindicina di anni fa e venne pubblicato
su Societa' Civile, la rivista milanese di Nando dalla Chiesa. Sciascia aveva
duramente attaccato i "professionisti" dell'antimafia Orlando e Borsellino con
una campagna pubblicata con grande evidenza sulle prime pagine del Corriere
della Sera (direttore Piero Ostellino, chiamato da una discussa proprieta' a
prendere, dopo un breve interregno, il posto di Alberto Cavallari, "fatto fuori"
perche' antipiduista). Il Coordinamento antimafia di Palermo aveva reagito con
durezza all'intervento di Sciascia, e il Giornale di Sicilia (vicino a discussi
imprenditori palermitani e catanesi) aveva pubblicato, per tutta risposta, nomi
cognomi e indirizzi degli iscritti al Coordinamento: il che, nella Palermo di
quei tempi, non era esattamente uno scherzo simpatico. La maggior parte della
stampa democratica prese, nell'occasione, le parti di Sciascia; unica eccezione
Giampaolo Pansa, che riapri' la polemica e spinse gran parte dell'opinione pubblica
a comprendere le ragioni dell'antimafia.
Del mio articolo di allora sono abbastanza orgoglioso (anche se fu scritto
a lume di candela e viene riproposto, oggi, in condizioni non molto differenti):
scritto da un giornalista siciliano, pubblicato da una rivista militante milanese,
a rileggerlo oggi fa capire che cosa avrebbe potuto essere l'Italia se la sinistra
perbene, invece di dar seguito a noi che lottavamo - al nord come al sud, fraternamente
-contro la mafia, non avesse preferito parlar d'altro.
"Il
vate e il potere", 198?
Lasciamo perdere la letteratura, e vediamo i fatti. Borsellino. Sciascia mette
sotto accusa la nomina del giudice Borsellino a Marsala perche' non ha abbastanza
scatti di anzianita'. In provincia di Trapani, negli ultimi tempi, sono emerse
le piste piu' interessanti sui concreti rapporti fra mafia e politica: una loggia
massonica di tipo piduista e una banca coi dirigenti mafiosi. Il trapanese e'
un crocevia importantissimo per gli equilibri mafiosi di alto livello; forse
il piu' importante. Catanesi e palermitani vi operano con tutti i loro mezzi,
tanto militari quanto finanziari. L'ultimo "professionista dell'antimafia" che
ha cercato di Indagarci e' stato il giudice carlo Palermo; minacciato, bombardato
e infine costretto - non innocente il governo - a cambiare praticamente mestiere.
Ora tocca a Borsellino. Del quale, dice Sciascia «nel momento in cui ho scritto
nulla sapevo». Orlando. Non si tratta di generiche polemiche sul nongoverno.
In questo momento, in Sicilia, il gioco politico e' incontestabilemente nelle
mani dell'onorevole Salvo Lima. Ha vinto le elezioni, sfrutta le fortune di
Andreotti, e' fortissimo nel partito. Adesso, nel momento in cui il Pci siciliano
e' allo sbando, scavalca tutti e propone alla Dc un'apertura ai comunisti. Il
nome di Lima, come Sciascia sa, ricorre qualche decina di volte nei verbali
dell'antimafia; adesso e' quello del nuovo candidato alla guida del "rinnovamento"
cattolico. Unico ingranaggio incompatibile, in questo meccanismo, e' il sindaco
Orlando: isolato, sotto tiro, scomodo per tutti, e' nondimeno il segno di qualche
cosa; bisogna passare su di lui prima di dar corso ufficiale alla restaurazione.
E Sciascia individua in Orlando, qui e ora, il politico da contrastare. E' suo
diritto, naturalmente; e anche di Lima, del resto; ognuno fa politica come puo'.
Che «Sciascia non fa politica, d'altra parte, e' un mito da sfatare. Adesso,
per esempio, Sciascia fa sapere di avere il sostegno di quei sindacalisti palermitani
che da tempo cercano di opporre all'incontrollabile" (e indipendente) coordinamento
antimafia un loro piu' malleabile comitato concordato fra le forze politiche
ufficiali. Processi. I processi alla mafia andranno, probabilmente, allo sfascio;
non per una qualche metafisica "mostruosita' giuridica" ma perche', piu' semplicemente,
si sara' infine riusciti a impedirne il regolare svcolgimento. A Messina, fra
imputati, legali e testimoni, i morti ammazzati sono gia' mezza dozzina; a Palermo
si e' bloccato il processo per ottenere la lettura in aula di tutti gli atti:
ma una volta ottenutala... gli atti sono stati letti in mezzo a un'aula deserta.
Garantismo? Furberia da piccola pretura? Mah. D'altronde, sono tattiche difensive
giustificabili, probabilmente, sul piano del rapporto professionale fra l'avvocato
e il cliente, che paga e vuol essere ben servito; soltanto, non ci sembra il
caso di proporle come modelli di civismo e democrazia. Democrazia. Per quanto
strano, qualche po' di questa merce, in questi anni feroci, e' attivato perfino
in Sicilia. Gli studenti che hanno fatto i cortei (ma: «i ragazzi bisogna lasciarli
a scuola» ammonisce Sciascia) hanno imparato, perlomeno, che la cosa pubblica
attiene a ciascuno di noi; qualche professionista ha pur rischiato la pelle
per svolgere onestamente la sua professione; qualche giornalista ha pur stampato
per quattr'anni a duecentomila al mese per poter scrivere senza censure; una
donna qualunque e' pur andata, in feroce solitudine, al tribunale per denunciare
- peraltro invano - gli assassini di suo marito; duecento cittadini comuni -
insultati da Sciascia, guardati con sufficienza dalla sinistra perbene, denunciati
alal mafia dal Giornale di Sicilia - hanno pur trovato il coraggio, vivendo
a Palermo, di essere il Coordinamento Antimafia. Questa e' la democrazia, cari
amici milanesi, una democrazia per cui si puo' anche morire in Sicilia, come
in Polonia o in Cile. Perche' in Sicilia, purtroppo, oggi come oggi c'e' ben
poco da garantire; la Costituzione, qui, non ha mai avuto vigore se non nei
discorsi ufficiali. Unico potere reale: i Rendo e i Lima. Unica reale opposizione:
i movimenti antimafiosi. Certo, e' una democrazia, la nostra, che Sciascia non
puo' comprendere. «I ragazzi a scuola!». Certo: e i preti a dir messa, e i sindaci
chiusi in municipio, e i cittadini tranquilli, e le donne a casa; ciascuno al
proprio posto, nella migliore delle Sicilie possibili. E i giudici? I giudici
a farsi i loro processi in santa pace, lontani da ogni curiosita' indiscreta:
«non resta che applicare il pieno e intero segreto istruttorio. La rescissione
di ogni legame, a parte le eventuali conferenze stampa fra giudici e giornalisti...»:
il regime, insomma, nel nome delle garanzie; e al piu' con qualche mafioso "all'antica",
alla don Mariano Arena, raccontato in pensose pagine al pubblico italiano. Non
c'e' una lapide, in Sicilia, non una piccolissima piazza che ricordi, tanto
per dirne una, uno scrittore come Giuseppe Fava; anche lui siciliano come Sciascia,
ma in ben diverso rapporto col potere mafioso; ucciso, e dimenticato. Per Sciascia,
il potere s'e' mosso, e con molto senso della tempestivita': fra le molte istituzioni
della Regione siciliana da ora ci sara' anche una Fondazione Sciascia, inaugurata
in pompa magna dai rispettabili esponenti del buongoverno siciliano. Sarebbe
interessante studiare come mai tanta parte della letteratura italiana finisca,
prima o poi, in feluca; e come mai il dannunzianesimo - il giudizio apodittico,
la superficialita' nel dar rapido conto di cio' su cui altri travaglia la vita,
la facilita' a dar dell'asino o del criptocomunista al diversamente pensante
- abbia ancor tanto corso tra l'ufficialita' intellettuale del Paese, e come
mai soprattutto i problemi piu' seri da noi finiscano regolarmente in letteratura
da terza pagina, in intrattenimento televisivo, in "spettacolo" culturale. Perche'
insomma in Italia, prima o poi, le questioni controverse finiscano sul tavolo
del Vate Nazionale di turno, ex garibaldino o ex futurista o ex illuminista
che sia. Una cosa soprattutto ha destato scandalo nel comunicato del Coordinamento
antimafia di Palermo (quello "ingenuo", intendiamo, quello da cui era cosi'
"facile" dissociarsi), il fatto che fosse stato redatto da due studenti e un
commerciante: gente ordinaria, ohibo'!, certo strumentalizzata, ma da compatire.
A me va benissimo che a prendere la parola, oltre ai Grandi Intellettuali di
turno, siano anche gli studenti e i bottegai; specialmente quando rischiano
ogni giorno la pelle in una citta' tradita. Mi piacerebbe se la sinistra civile
su questa e su altre questioni desse loro, umilmente, qualche po' di attenzione.
Cinzia
Cardillo wrote:
A proposito della zingarella e delle brillanti operazioni di polizia: non
credo che siano molti gli italiani che marciano contro gli zingari. Dove la
vedi tutta questa cattiveria in Italia? Io penso che gli italiani siano molto
piu' docili di tutti gli altri europei e forse tutti i nostri problemi derivano
dal fatto che facciamo lavorare molto piu' il cuore del cervello, ed e' meglio
cosi'. meglio il disordine e tante, troppe parole, piuttosto che il freddo calcolo
delle societa' perfette, pulite e raziocinanti. ma si'! Facciamoli divertire
i fascisti razzisti, tanto, se non scrivono sui muri...cosa gli resta da fare?
Cara Cinzia, io non ho paura di Hitler e Goering, ho paura del tedesco perbene,
quello tutto birra, lavoro e volkswagen. Tedeschi del '36, dico. Gente che non
bruciava gli ebrei ma che "gli ebrei comandano troppo". Non avrebbero mai, non
che spinto in una camera a gas, ma schiaffeggiato Chaim o Mariele. Ma non c'era
bisogno che lo facessero loro. Bastava che lo lasciassero fare. Bastava che
volessero non saperlo. Cinzia, io so molto bene cosa vuol vire avere freddo.
Tre anni fa ho preso la polmonite dormendo alla stazione. So che cosa succede
quando non mangi per un giorno e mezzo. Ho una pena lancinante per tutti coloro
che hanno freddo in questo preciso momento. Capisco, fisiologicamente, che cosa
provano, che cosa hanno provato quella bambina e quella madre in quegli ultimi
momenti. Italiani brava gente? Una volta: adesso non piu'. Forse siamo piu'
"docili" degli altri, ma non abbiamo piu' cuore. Penso al povero alpino di cinquanta,
sessant'anni fa: ignorante, mandato da un governo bestia a combattere in Russia
con quattro bei discorsi e tante bandiere, fortunato se sarebbe riuscito un
giorno a tornare al suo paese; eppure un italiano cosi' divideva il pezzo di
pane con i "nemici", soccorreva chi poteva soccorrere, italiano o "extracomunitario"
che fosse. Sono passati millenni, da quegli italiani li'.
23
novembre 1999
Russia Prussia Francia ed Inghilterra han tenuto un gran Congresso in Firenze.
I reggitori delle principali Potenze, accompagnati da Dignitari e Consorti,
han discusso sul bene de' loro Popoli, affinché ognuno abbia il suo dovuto e
non più abbiano ad esservi turbamenti né guerre...
Di solito, una notizia del genere, va sui fogli volanti e noialtri cantastorie
la giriamo nelle osterie e nelle piazze per mezza lira. Ma desso che c'è internet,
come si fa? Non posso entrare nell'osteria coll'internet e non posso accompagnare
la notizia con la chitarra. Allora ve la dò senza, ma è tutta un'altra cosa.
("Viva la Russia/ viva la Prussia/ e poi quel povero/ Napole-on/ Ed è vent'aniii/che
faccio il soldà..."). L'imperatore sbadigliava. "Maestà - s'è fatto avanti uno
dei cortigiani - ci sarebbe qua quel cantante italiano...". Sua maestà ha fatto
un cenno annoiato. "Tu fenire, cantare me Sole mio!". Così il nostro Benigni,
col cappello in mano, ha fatto tutto il pranzo con Sua Maestà, e alla fine,
in un impulso, ha abbracciato e baciato la Sacra Persona. Un ussaro ha fatto
per afferrarlo ma il ciambellano,uomo di mondo, l'ha fermato - Sua Maestà sorrideva.
Ai comici si permette tutto... Malinconia... Ricordate Benigni che solleva Berlinguer?
La più bella foto della sinistra italiana, insieme con quella di Pertini in
Spagna (Italia-Germania tre a uno: il lider tedesco grasso e incazzato, Pertini
con la pipa che sghignazza e il re di Spagna educatissimo in mezzo). Benigni
contadinaccio che sghignazza, Berlinguer amico perbene che - finalmente! - ride,
due persone felici in mezzo a noi compagni. Poi ci fu Benigni che solleva D'Alema
- anzi no, fu D'Alema il sollevatore stavolta, il Capo - e già qui felicità
non ce n'era, ma insomma per la sinistra si fa i sacrifici. E ora Benigni e
Clinton, il cantante italiano e l'imperatore. Povero Benigni. E poveri noi,
povera la nostra sinistra, povera nostra gioventù.
Veltroni, intanto, andava al Mugello - a Vicchio di Mugello, stavolta, completamente
fuori mano - a commemorare don Milani. Don Milani precursore, insieme a Kennedy
e Tony Blair, della sinistra però moderna. Il fatto è che Don Milani, a Veltroni,
non gli avrebbe fatto metter piede a Barbiana. Non perché comunista o perché
ce l'avesse per lui - politicamente - come ce la potrebbe avere uno come me
e te. Ma semplicemente perché don Milani, con gl'intellettuali "di sinistra",
era bestialmente incazzoso. Buttava fuori i professorini cattolici di Firenze
("vengano per imparare dai poveri, se ne han voglia. O stiano a casa loro"),
figuriamoci i componenti di governo. Quelli poi che, essendo stati responsabili
di Stampa e Propaganda del partito comunista proclamano d'essere sempre stati
anticomunisti nel fuondo del loro cuore...
Ma insomma quanti anni ha un ragazzo? Diciamo, da tredici a trentacinque (ma
io ho anche sentito la frase "il mio ragazzo" riferita a un uomo di quarant'anni...).
Tutta questa fascia d'eta' una volta era distinta in ragazzino, ragazzo, giovanotto,
giovane, uomo ecc... A ciascuna di queste fasi corrispondeva una specie d'esame,
condotto dalla vita, che ti metteva in grado di passare alla fase successiva
e ti di dava autostima. La "paura" (che poi e' un sentimento molto complesso)
che dici tu potrebbe avere a che fare con questo? Con l'insicurezza prodotta
dal non essersi misurati? C'era un corridoio buio, ricordo, che mi faceva molta
paura, tantissimo tempo fa; finche' una volta, senza sapere perche', mi sono
buttato a percorrerlo. Ricordo ancora il rumore della mia corsa di bambino di
4 o 5 anni lungo quel corridoio, la mia paura (ho cominciato a correre con gli
occhi chiusi) e la felicita' quando alla fine sono arrivato in fondo (dava in
una vecchia cucina) e mi sono precipitato fra le braccia di Giovanna, la nostra
tata, che stava risciacquando qualcosa e ha sorriso venendomi arrivare di corsa.
Strano come certi ricordi restino chiari. Ricordo la felicita' - ma non e' la
parola adatta: comprendeva qualcosa di luminoso - dei giorni dopo.
Ettore (su un forum) wrote: Mi sembrava di essermi espresso chiaramente: niente
intellettuali e giornalisti. Lo so che va sempre a finire così: questi pontificano
e poi mi accusano come se fosse colpa mia. Io ho il massimo rispetto per te
e per i tuoi amici che ci hanno rimesso la vita. Ma questo è un problema interno
della Sicilia. Lo so che voi da soli non ci potete fare niente. E allora andatevene
da lì. Venite da noi e vi accoglieremo a braccia aperte. Riesco a immaginare
quanto sia terribile fare parte del 3% di civilizzati ed essere circondati da
scimmioni irragionevoli. Quando sento parlare della Sicilia non mi viene in
mente la tua faccia onesta e leale ma quella gran faccia di bronzo di Mancuso.
Caro Ettore, sarò un intellettuale e sarò un giornalista, magari, ma grazie
a dio sono selvaggiamente disoccupato: al nord, come al sud. Quindi, ho diritto
di parola. Ti ringrazio per l'offerta d'asilo. Ma ho paura di venire laggiù
in fondo al nord. La mafia di Milano mi fa paura. Ci ho messo tant'anni a spazzare
la mafia da casa mia, che non ho nessunissima voglia di andarmela a godere altrove.
Verrò volentieri, quando avete fatto altrettanto; appena comincerete a far capitribù,
tanto per intenderci, gli Orlando e i dalla Chiesa e non gli Albertini e i Craxi.
Bravini come siete, se volete in una dozzina d'anni ve la cavate. Ti do' la
ricetta, se vuoi (e, se vuoi, ti spiego anche perché non ancora non siete abbastanza
maturi per volerla, come non lo eravamo qui vent'anni fa). Quanto a Mancuso,
è indubbio che è una gran faccia di bronzo (noi usiamo un termine un po' più
colorito). Però noi siciliani l'avevamo mandato ai giardinetti: c'è voluto il
milanese Berlusconi per metterlo nel governo. La parte peggiore di tutta la
faccenda è la seguente: sto scherzando, come capisci, e di solito non mi passa
per l'anticamera del cervello di dividere il mondo in siciliani e milanesi.
Ho imparato da un sacco di tempo che ci sono i milanesi stronzi e i siciliani
stronzi (sempre prontissimi a far congrega fra loro) e i milanesi perbene e
i siciliani perbene (di solito talmente coglionazzi da non riuscire nemmeno
a discutere fra di loro). Ma ora, giocando a fare il "razzista", mi accorgo
che, accidenti, comincio a pigliarci gusto. E che, rileggendo la tua lettera,
per un brevissimo istante ho pensato "quel milanese" e non "quel fighetto",
come avrei dovuto. Me ne scuso dunque in fretta con tutti i milanesi cioè -
essendo io italiano - con il cinquanta per cento di me stesso.
C'è una scena bellissima in "Allonsanfan" (il film) ed è la barca con l'anarchico
che scende il fiume. Nella barca ci sono lui, ammanettato, e quattro gendarmi.
Lui ha la sua età. Ricorda qualcosa, mentre la barca scende; il film e' in sostanza
un lungo flash-back di quel momento. Poi arriva un'altra barca, che invece risale
il fiume. Anche qui c'è dei gendarmi, e due uomini ammanettati. Solo che questi
sono ddue ragazzi, due - novità - socialisti. Le due barche s'incrociano, e
i compagni si guardano a vicenda. Ma non si riconoscono - per il momento. Solo
per il momento.
Gabriella wrote: varie critiche un po' colorite al "tradimento" di alcuni
esponenti della sinistra
Cara Gabriella, io penso che in questo momento non ci sia alcuna sinistra
in Italia, ma non lo dico in tono apocalittico o incazzato. Semplicemente, come
altre volte è successo nella storia, la sinistra politica è un rimasuglio, ovviamente
fasullo, di altre epoche. All'interno di ciò ci sono certamente anche dei tradimenti
individuali, ma non sono l'aspetto determinante. Qualche pò di tempo fa, diciamo
verso il 1870, c'era una sinistra ufficiale che credeva in buona fede (beh,
insomma) di essere lei la rappresentante del progresso e degli interessi popolari.
Era fieramente nemica della monarchia assoluta e dei reazioonari, i quali però
- grazie a Mr Robespierre e altri come lui - non contavano più granchè, persino
in Italia. Era per la democrazia liberale, per la quale tuttavia intendeva il
diritto di voto (censitario) per il 10-15 per cento della popolazione. Era nemicissima
dei Borboni, e lo ricordava abbastanza spesso, ma dei Borboni nel 1870 non c'era
più molta traccia. Ed era, molto spesso, al governo. Governava bene, rispetto
ai Borboni. Ora, tu immagina che in questo felice paese, con la sua brava sinistra
e la sua destra, a un certo punto succede che nel buco del culo del mondo -
diciamo, chessò, a Vercelli - una ventina di tizi, che lavorano in una filanda
di cotone, decidono che i soldi non gli bastano più per campare; e un bel giorno
si mettono faticosamente d'accordo e decidono, per quel giorno, di non lavorare.
Di loro venti, tre o quattro sono "di sinistra" (cioè vanno ai comizi dell'onorevole
Cavallotti, e sanno che non andare al lavcoro tutti insieme si chiama "sciopero").
Tre o quattro - magari cinque o sei - sono fedeli monarchici, vanno in chiesa,
raccontano con nostalgia di quando hanno fatto il soldato, e sono incazzati
con i signori perchè non raccontano al re in che condizioni vivono i suoi fedeli
sudditi: se sua maestà sapesse! ma non lo sa. Tutti gli altri, infine, sono
persone "normali": non leggono le gazzette, vanno ogni tanto in chiesa e più
spesso all'osteria (al sindacato, mai: anche perchè di sindacato non ce n'è)
e però capiscono benissimo che con trenta lire al mese non si campa, e che se
invece di essere trenta fossero trentacinque le cose andrebbero molto meglio.
Tutti questi venti esseri umani, un giorno dopo l'altro e senza starci troppo
a pensarci sopra, nel corso dello sciopero vanno crescendo. Qualcuno di loro
si rivela vigliacco, qualcun altro coraggioso. Uno si dà malato, e si tira indietro.
Un altro, quando il padrone viene in fabbrica a sbraitargli il loro dovere (chissà
se questo padroneè "di destra" o "di sinistra": ma ha importanza?), lo guarda
dritto negli occhi senza paura. Uno è un padre di famiglia, ha quattro ragazzi
da mantenere; eppure, quando il padrone lo guarda, non abbassa la testa neanche
lui. E tutte queste cose succedono (le cose visibili, e quelle dentro ciascuna
di queste *persone*, per trenta centesimi di aumento. Forse. O forse no. La
cosa "scientificamente" interessante di tutto questo è che nessuno di questi
operai ha la minima idea di essere di sinistra, tranne i tre o quattro che vanno
ai comizi "democratici". Non solo: se vai a parlare con un politico e gli chiedi
"Scusi onorevole, ma secondo lei questi operai sono di sinistra?" lui ti guarda
con aria stupita e "Ma figliola - ti fa - che c'entra la destra e la sinistra
con queste storie di quattro lire? Se non sanno nemmeno chi era Adam Smith!".
Solo molti anni dopo i professori scrivono la storia, e studiando studiando
si accorgono che la Sinistra vera e doc se ne stava nascosta proprio laggiù
a Vercelli, fra quei venti qualunquisti che facevano tanto casino per quattro
lire.
24
novembre 1999
Giornalismo. Internet ha superato i cento milioni di utenti in America, due
settimane fa. Circa due terzi di loro mandano almeno una e-mail al giorno. Circa
un quinto - venti milioni! - hanno una propria pagina web. Almeno un quotidiano
americano ("Orem Daily", Utah) ha lasciato la carta stampata per trasferirsi
armi e bagagli sul web. Il "Village Voice" di NY già da un paio d'anni ha: 1°
istituito la versione su web del giornale, ovviamente gratuita; 2° cominciato
a distribuire gratis il giornale su carta nell'area metropolitana (in entrambi
i casi i costi sono coperti da banner).
Non è la prima volta che i giornali cambiano, anche se giornalisti ed editori
sono - come sempre - gli ultimi a saperlo. Il salto da Gutenberg allo "Spectator"
e da questo al "Times" non è stato, a suo tempo, inferiore, nè per tecnologie
nè per culture sottese. Solo che oggi tutto questo avviene in un ambito di massa
e in un mondo globalizzato (oops! *avvertitemi* ogni volta che mi metto a parlare
in giornalistese). I salti tecnologici, nella comunicozione, non incidono tanto
nel momento in cui vengono elaborati, quanto nel momento in cui vengono digeriti:
le nuove tecnologie, in altre parole, non sono decisive in quanto tecnologie,
ma in quanto catalizzatrici di nuovi approcci culturali.
Gutenberg inventa - o reinventa - i caratteri mobili, e questa sarebbe già
una faccenda abbastanza importante ma non poi così trascendentale; i cinesi
coi caratteri di legno ci hanno convissuto pacificamente per alcune centinaia
d'anni e senza che nessuno ci facesse gran caso, all'infuori dei mandarini della
Celeste Stamperia Imperiale. Ma Gutenberg unisce immediatamente all'innovazione
tecnologica un'innovazione culturale: se questo aggeggio serve a far tanti libri,
lo uso subito per clonare il libro-base della mia società, la Bibbia, e poi
sto a vedere che cosa succede; e nel giro di pochi anni ti arriva la Riforma
protestante con annesso rivoluzionamento d'Europa. "Un viaggiatore di ritorno
dalle Russie quindici giorni fa ha riferito...". Ma poi nasce il telegrafo,
e allora quello che è successo l'altro ieri a San Pietroburgo diventa immediatamente
materia di rivoluzionamento alla Borsa di Londra... E così via. Kipling viaggia
con la sola compagnia d'un disegnatore, e la questione anglo-indiana arriva
in Occidente sotto una rassicurante veste letteraria; ma la Guerra civile americana
è coperta dai primi fotoreporter coi loro enormi treppiedi, e l'umanità scopre
improvvisamente una visione completamente diversa della guerra, un po' meno
classica un po' più brutale.
Ogni singolo salto tecnologico ha funzionato in generale, ma soprattutto in
ciò che ha a che fare con la comunicazione, come moltiplicatore dei salti culturali.
Quando è arrivata la rotativa, un osservatore attento - o un poeta - avrebbe
potuto preconizzare non solo le novità del formato, della tiratura e della foliazione,
ma anche la catena Hearst, gli incidenti di Cuba, la guerra ispano-americana,
e l'inizio dell'espansione politica americana: linearmente, poiché queste cose
seguono una logica molto stretta. Internet, le telecomunicazioni, i sistemi
di rete vanno letti oggi, probabilmente, da un angolo visuale di questo tipo.
Il computer, da questo punto di vista, sta venendo inventato ora. Ll'automobile
ha trasformato il mondo non quando è stata inventata ma quando è nata la Ford
T.
(E i giornalisti? Fra tre-quattro anni al massimo, in quanto categoria, semplicemente
non esisteremo più; cosa d'altronde non nuova nella storia, visto che una sorte
del genere è già toccata ai De Foe, ai Rochefort, ai Kipling - il libellista,
l'agitatore, il viaggiatore, le varie categorie in cui di volta in volta s'è
incarnato il mestiere. Una via d'uscita ci sarebbe: trasformarsi coerentemente
- e continuando lucidamente ad essere giornalisti - in qualcosa di completamente
rinnovato, "irregolare", "strano").
In Francia, un paio di secoli fa, c'è voluto Waterloo per insegnare ai compagni
che ormai bisognava inventare il socialismo, per cambiare le cose, e che Napoleone
come strumento rivoluzionario ormai era decisamente obsoleto.
Giubileo: manca qualcosa. Il milleseicento, quello sì che era un giubileo
serio (stavo per dire "come dio comanda"). Feste, speculazioni edilizie, casino,
sfascio archeologico, pellegrini ma insomma anche qualche momento di spiritualità.
Come il rogo - regolarmente iscritto nel Programma giubilare - del rompicazzi
Giordano Bruno, fra le bancarelle dei fiori e il cinema Farnese ("no comment"
disse il sindaco, che era laico sì ma c'era il giubileo). Gli misero la mordacchia
(non al sindaco: a Bruno), sennò avrebbe sbraitato slogan pure mentre lo cospargevano
di benzina. Adesso ("anche oggi, in altre forme, si fa tacere chi pensa in modo
critico per i potenti; il silenzio dei mezzi d'informazione è capace di bruciare
il pensiero critico di chiunque") saltano fuori quelli che per il Duemila si
son messi in testa di fare la celebrazione, anziché del Giubileo, di Giordano
Bruno. A Roma. Il capo è quello stesso Giovanni Franzoni che, ai tempi in cui
l'Italia e noi eravamo giovani, s'intestò a voler prendere prendere sul serio,
nella sua comunità di San Paolo, nientemeno che il vangelo. A Roma. Un cristiano,
insomma. Se lo viene a sapere Nerone...
Commemorando Fanfani: "Al manager Marinotti che aveva licenziato mille operai
al Pignone e si rifiutava di incontrare il sindacato dicendo che aveva impegni
urgenti all'estero, al Marinotti ritirò a muso duro il passaporto". "Operai",
"licenziare", "sindacato", "governo che interviene": ma davvero ci vuole un
funerale di Fanfani per sentire queste parole messe in fila?
"Vanity Fair": Hillary vuol divorziare. Capirai: fra la Lewinsky e Benigni...
"Non celebro messa insieme col cardinal Giordano" ha detto don Vitaliano
Della Sala, parroco di S.Angelo a Scala vicino Napoli. "Eminenza, ma che c'entrano
con la solidarietà i suoi affari?" ha chiesto il giovane cronista a Sua Eminenza,
durante la cerimonia ufficiale. Sua Eminenza ha risposto: "Cretino". Alla fine
risulterà che è innocente. La colpa di tutto l'equivoco risulterà degli occhiali
(occhiali neri, da gangster; quello della Famiglia che, su ordine del vecchio
lungimirante padrino, è entrato da ragazzo in seminario e s'è fatto prete).
Di tutta la storia resterà solo l'eco, a far la spia, della frase "procura di
Lagonegro" che evoca irresistibilmente i paesini e i cafoni di Alvaro, di Levi,
di Cristo s'è fermato a Eboli (ma forse s'è fermato, il tempo di santificare
il cardinale e di far trasferire a Perdasdefogu lo scomodo procuratore).
Roma. Bomba in via Tasso 145, al museo della Resistenza. Durante la guerra
c'era la camera di tortura delle Ss. "Muoio per l'Italia", trovarono scritto
a sangue sui muri, dopo la liberazione. Decisero di non cancellare le scritte,
perché si ricordasse che cos'era successo a Roma.
Uno dei miei redattori, due anni fa: Il 10 Novembre rimarrà per me una data
da ricordare con molto piacere. E’ iniziato alle ore sette del mattino quando
mi è stato detto: oggi per lei è festa. Effettivamente è gran festa. Nel giro
di poche ore sono passato da una selva oscura al paradiso. Ho iniziato a muovere
i primi tasti al computer. Descrivere le sensazioni che sto provando mi è difficile.
L’unica parola che posso dire è che sono rinato. Fino ad un anno fa, prima di
arrivare alla Seconda Casa Circondariale di Palermo mi era impensabile pensare
di guardare il monitor e scrivere un mio articolo. Oltre sentire il caos cittadino
è l’inizio di un futuro senza sbarre, proiettato verso il mondo del lavoro.
Tutto ciò oltre che per me, anche per la mia famiglia è motivo di grande soddisfazione.
Il solo pensiero di potermi vedere per sole due ore ogni quindici giorni e sapendo
che dovevo ritornare in quella stanza, li rattristava profondamente. Adesso
i loro visi esprimono gioia da ogni singolo poro, soprattutto perché sanno la
felicità che sto provando. Il 1997 è l’anno più importante della mia vita, l’anno
della fiducia e dei cambiamenti, della rinascita e dell’ottimismo. Prima di
essere trasferito a Palermo ero molto sfiduciato del lavoro di reinserimento
svolto dagli addetti ai lavori; oggi per mia fortuna ho dovuto ricredermi e
ho ricordato a me stesso che non bisogna mai generalizzare. Anche in questo
ho ricevuto una buona lezione di vita che non potrei mai dimenticare . Da adolescente
volevo diplomarmi in ragioneria, ma col passare degli anni ho lasciato nel dimenticatoio
ogni sogno, perché pensavo che per ciò che facevo non mi sarebbe servito a nulla.
Durante questa detenzione ho ripreso gli studi e nello scorso mese di luglio
ho conseguito il diploma di ragioniere. Ho superato molti ostacoli all’interno
degli Istituti di Pena, soprattutto in quelli dove non è consuetudine che un
detenuto studi.Ce l’ho fatta anche perché, da quando ho preso la decisione di
riprendere gli studi ero consapevole che un risultato finale positivo sarebbe
stato il lascia passare per un futuro meno tetro del passato. Però, devo ricordare
che ho avuto un aiuto non meno importante del mio impegno e volontà da alcuni
docenti volontari, soprattutto da parte del professore V. che due volte la settimana
veniva da Trapani a Palermo per darmi delle lezioni. Questo suo sacrificio mi
ha scosso profondamente e mi ha fatto riflettere molto sul mio comportamento
verso il prossimo, soprattutto mi sono posto una domanda: io l’avrei fatto per
un altro essere umano? In verità non saprei, ma sono certo che le premesse sono
ottime. Il volontariato è molto utile perché non solo dà un aiuto indispensabile
ma riesce a trasmettere molto sul piano morale e sul modo di vivere. Ringraziare
queste persone che hanno fatto tanto per me non è facile, forse il modo migliore
e apprezzabile sono queste mie parole, soprattutto testimoniargli che il proprio
operato non è stato vano; ha dato dei buoni frutti. Un grazie di cuore a tutti
voi.
Antonio Alessandro C.
Diffidate dei titoli scritti in neretto nascondono le cose più importanti
Diffidate degli articoli di fondo delle inserzioni delle quotazioni delle lettere
al direttore e delle interviste a fine settimana anche i sondaggi d’opinione
sono manipolati le notizie varie escogitate da redattori furbetti diffidate
della terza pagina delle pagine teatrali - i libri per lo più sono migliori
dei loro recensori leggete quello che loro hanno sottaciuto diffidate anche
dei poeti in loro tutto suona più bello più atemporale ma non è più vero nè
giusto (Horst Bienek, 1930)
E' scocciante lanciare sassi nel buio, per quanto uno lo prenda con leggerezza
questo esercizio rischia alle volte di fare un po' ammattire. Le tue lettere
contribuiscono quindi alla mia salute mentale, qualunque sia il suo (eventuale)
valore.
24
novembre 1999
Haider, in Austria, propone di schedare tutti gli "auslander" presenti nel
paese e di fornirli di una carta di colore differente da quella dei cittadini
austriaci. E' il più serio fra i leaders della neo-destra europea: Le Pen, dopo
un brillante inizio, si è rivelato più un sintomo che una possibile forza di
governo. Rauti e Bontempo, in Italia, non sono riusciti ad andare oltre la generica
nostalgia e sono tagliati fuori dai pur ampi spazi della politica post-democratica.
In Inghilterra e in Germania, la nuova destra è ancora alla fase degli hooligans
e non ha molto a che vedere col dibattito politico reale. In Austria invece
la destra non solo ha vinto le elezioni ma è "ragionevole", "simpatica", moderna,
popolare. Tutto ciò non la porta ad essere anche moderata. L'ideologia che sta
rapidamente sviluppando è infatti quello di un perfetto nazismo post-moderno,
con tanto di teoria del sangue e di nemico razziale.
Di solito, quando si parla di destra in Austria, il pensiero va ad Hitler:
troppo inumanamente estremista, evidentemente, per essere un pericolo ora. Errore
sopra errore. Hitler (che era un tedesco e viveva in una città società metropolitana
e industriale) non era affatto percepito come un estremista, negli anni in cui
andò al potere. "Buon senso popolare", ecologismo, lotta alla disoccupazione,
inchini a Hindenburg, conservatorismo morale: senza questi rassicuranti ingredienti
sarebbe rimasto uno dei tanti Maurizio Boccacci di cui il paese era pieno. Lo
stesso antisemitismo veniva accuratamente posizionato in mezzo a questi ingredienti,
e solo in mezzo ad essi; e in quella prima fase veniva presentato come il classico
antisemitismo "cristiano", non come quello nibelungico degli anni di guerra.
L'hitlerismo, in questi termini, funzionò; si radicò fra la gente, sedimentò
una cultura, durò a lungo. Non funzionò, invece, affatto, la destra - apparentemente
più radicale - delle altre varianti europee. Né in Polonia né nella Russia dei
pogrom l'antisemitismo riuscì a diventare "politico", ad ottenere effetti che
non fossero - dal punto di vista della destra - provvisori e parziali. Là, infatti,
antisemitismo significava semplicemente perseguitare gli ebrei. Con Hitler significava
organizzare l'assistenza invernale, fare i circoli "Gioia e lavoro", sviluppare
le tecnologie (e le culture delle tecnologie), fare delle bellissime feste con
fisarmoniche e cori - e solo dopo, en passant, perseguitare gli ebrei;nche se
il genocidio era in realtà previsto, fin dall'inizio, come *la* componente essenziale
dell'intero meccanismo.
Prima ancora di Hitler, peraltro, l'antisemitismo - insisto: un antisemitismo
"perbene", tranquillo, nient'affatto "estremista"; oggi diremmo europeo - aveva
precedenti illustri a Vienna. Penso a quel borgomastro cattolico della Vienna
di fine secolo che per due o tre volte fu eletto plebiscitariamente sulla base
di un programma "popolare" antisemita e per altrettante fu deposto d'autorità
dall'Imperialregio Governo.
Oggi come allora, la destra razzista riesce a incidere, e a essere una credibile
forza di governo, dove non è estremista; senza rinunciare a niente, esattamente
come negli anni Trenta. Haider è già un modello esplicito, in Baviera, per una
parte della politica "perbene" (esattamente come, nella fase iniziale del suo
sviluppo, lo era Hitler per uomini di Centro come Ribbentrop). Molto più lo
sarà nella fase successiva quando - come già sta cominciando a fare - si svincolerà
dalla forma-partito e comincerà, più "modernamente", a proporsi in termini di
democrazia diretta, di plebiscito quotidiano. Fu questa la tecnica di Hitler,
dopo la fase della rassicurazione iniziale; ma ad Heider, oggigiorno, le tecnologie
danno una marcia in più. Credo che elementi del suo pacchetto politico, l'anno
venturo, saranno in qualche modo introdotti (non marginalmente) in Svizzera,
nella Germania meridionale, in Slovenia e in Italia, in quest'ultimo caso -
probabilmente - allargando gli spazi culturali lasciati politicamente scoperti
dalla crisi della Lega.
Bene, scusa la pallosità. Di solito, quando scrivo in giornalistese, è che
in realtà - inconsciamente - non avrei voluto affrontare l'argomento. E in effetti
m'ero seduto, in realtà, per scrivere sull'attentato di via Tasso. Ma qualcosa
nel mio hard-disk si dev'essere rifiutato di affrontare l'orrore delle parole
"via Tasso" e ha dunque tirato fuori trenta righe di "ragionevole" politichese.
E ancora politichese, visto che siamo ai giardinetti. Non penso - né lo pensavo
anche prima - che in Russia ci fosse qualche sistema politico-economico alternativo.
C'era solo un onesto tentativo di uscire dal Terzo Mondo, con la complicazione
delle guerre (non volute), del basso livello politico, dell'assenza di una tradizione
civile e chi più ne ha più ne metta. Il "comunismo", dal mio punto di vista,
è una cosa che può succedere a Torino, non a Canicatti' (sono siciliano): se
succede a Canicatti' vuol dire che è un'altra cosa, utile localmente, ma un'altra
cosa. E questo, se vogliamo essere pignoli, Marx l'aveva detto con molta precisione.
Secondo me, un po' di "comunismo" s'è cominciato a vedere con le minigonne e
la contestazione, nel sessantotto. E' durato poco, perché siamo stati coglioni.
Però, se prima o poi ricomincia, i computer li farà bene.
Capita anche che i rappresentanti di "Torino" (la tecnologia, la vita moderna,
e persino, in un certo senso, il "capitalismo") nel Terzo Mondo fossero allora
proprio i "comunisti", non i vari dittatorelli sostenuti dalla Cia: Che Guevara
era occidentale, Pinochet non lo era affatto. Adesso che non c'è più Che Guevara,
ci sono i militari indonesiani e i talebani.
Fatemi sapere se v'interessa continuare a discutere di queste faccende o se
vi siete già scocciati.
A Bologna, in piazza dell'Unità, a venti passi dall'edicola dei giornali
"In questa piazza il 15 novembre 1944
ebbe luogo la battaglia della Bolognina
fra forze partigiane e invasori nazisti e fascisti
Cittadino che passi
se alzi lo sguardo vedi il fabbricato al civico 5
ove caddero 6 giovani patrioti
combattendo per l'indipendenza della patria
offrirono la vita per la nostra attuale libertà"
25
novembre 1999
"Generale...?" Il generale Cucchi è il consigliere militare di Massimo D'Alema.
"Dica Presidente..." "E' arrivato un fax dai pacifisti..." "I soliti..." "Già,
ma qui dicono che noi abbiamo fatto un errore di matematica, anzi due...".
Non è una barzelletta ma una storia vera, che si è conclusa con un fax del generale
Cucchi all'Osservatorio sul Commercio delle Armi di Firenze, in cui alla fine
si ammettevano gli errori "contabili e di trascrizione". D'Alema aveva presentato
al Parlamento la relazione annuale sull'esportazione di armi italiane per il
1998. Da tale relazione risultava un calo del 6% nella consegna di armi italiane.
Ma D'Alema - o chi per lui - aveva commesso due errori di aritmetiica: aveva
scambiato, negli addendi di un'addizion, miliardi per milioni e si era dimenticato
di convertire i marchi in lire. Nessuno se n'era accorto. Fino a quando due
ricercatori collegati al movimento pacifista hanno rifatto i conti e hanno visto
che le cifre non quadravano. Dai conti rifatti è emerso che - contrariamente
a quanto dichiarato nella relazione di D'Alema - le armi esportare e consegnate
dall'Italia non erano diminuite del 6% ma erano aumentate del 30%.
Così ora sappiamo ufficialmente che le esportazioni italiane di armi nel 1998,
in termini di consegne effettive, non sono calate ma aumentare. E sappiamo inoltre
che - in contraddizione con una precisa legge legge ? queste armi le vendiamo
a nazioni poco presentabili, come la Cina o la Turchia. Continuiamo a vendere
le armi alla Colombia, dove "centinaia di persone sono state uccise dalle forze
di sicurezza e dai gruppi paramilitari che operano con il sostegno di queste
e dove la maggior parte delle vittime sono stete torturate prima di essere uccise"
(fonte: Amnesty International). Ma Amnesty International non è una fonte ufficiale
degna di fiducia per il governo, che sta continuando nell'opera dei governi
precedenti: aggirare la legge 185/90 che impone all'Italia di non vendere armi
ai paesi che violano i diritti umani. Ma - e qui sta la furbizia - le uniche
fonti uffficiali valide per il governo italiano sono i rapporti Onu, in cui,
per chiari giochi politici, Cuba è considerata "nazione che viola i diritti
umani" e la Cina o la Colombia o la Turchia no. Questo svuotamento è avvenuto
non tramite atti legislativi del Parlamento ma per mezzo di normative ministeriali
(scritte da qualche generale?) che sfuggono sia ai parlamentari sia ai cittadini.
Alessandro Marescotti (sintesi)
L'Unione europea prende nuovamente posizione contro la condanna a morte del
leader curdo Ocalan. "Deploriamo la decisione" ha detto il portavoce della Ue.
Capirai. Ocalan è finito nelle mani dei turchi per essersi fidato degli italiani,
e più precisamente dei leader della sinistra italiana. In ordine di colpevolezza:
Raul Mantovani, di Rifondazione ("non preoccuparti, compagno Ocalan, ci pensiamo
noi"); Massimo D'Alema, del Pds ("Ocalan è un patriota. Anzi no, un terrorista");
Bertinotti e Cossutta (per aver coperto Mantovani, all'epoca insieme). Questo,
per quanto riguarda la sinistra. Quanto alla destra, sul caso Ocalan è stata
semplicemente nazi.
Fra un anno circa, destra e sinistra insieme approveranno l'ingresso della
Turchia in Europa: che risulterà così composta da Napoli, Roma, Milano, Parigi,
Berlino Londra e Mathausen. Genocidio "non olet": ieri quello degli ebrei, oggi
quello dei curdi.
Italia. Ricerca del Centro europeo dell'educazione. Due milioni di analfabeti,
di cui una parte (concentrata al Sud) di giovani fra i 16 e i 25 anni.
Freddo a Roma. Stavolta è toccata a Nicolas Murwai, forse 40 anni, slovacco,
senza fissa dimora. Niente documenti ma proprietario d'un cane (razza: indefinita,
nome: Nik) regolarmente da lui registrato presso l'anagrafe canina del comune
di Roma. Rinvenuto nel parco della Caffarella, sotto una tenda rudimentale.
Grande successo in Borsa del giovane manager, precursore di internet, venuto
su dal nulla, "letteralmente travolto dalla caccia ai titoli della sua azienda",
"approccio dimostratosi subito vincente", "piccolo Bill Gates italiano" ecc.
ecc. Se avete bisogno di parlargli, chiedete del dottor Crudele: si chiama così...
"Dramma della miseria: disoccupato minaccia di buttarsi dal Colosseo"... Kiev.
Il governo ucraino ha annunciato agli ambasciatori occidentali che o gli danno
tre miliardi di dollari, o fra un mese riapre la centrale nucleare di Cernobyl.
Cari amici, sono un povero ex Socialdemocratico divenuto automista Psi ed
attualmente militante nel PDS. Mi sono sempre riconosciuto nelle posizioni austromarxiste
e mi considero un seguace del famosissimo rinnegato (A proposito, nella polemica
con Vassili Ilich e Lev Davidoch aveva ragione lui).
Oggi mi sento orfano.Gli stessi che mi insultavano e mi accusavano di voler
razionalizzare il sistema neocapitalistico e di non cambiarlo, e quindi essere
un traditore di classe, oggi o sono passati direttamente con quella merda umana
di Berlusca, oppure, pur militando nell'ambito della sinistra di governo, sono
diventati sostenitori del libero mercato più sfrenato, tanto che non vedo differenza
tra un Salvati, un Amato, un Nicola Rossi e un Malagodi dei bei tempi. O tempora
o mores, d'accordo che viviamo in tempi di restaurazione tipo Congresso di Vienna,
ma ormai ho un'età che non riesco più ad arrivare a un'altro Quarantotto. Oltretutto
se dici a voce troppo alta quello che pensi, non ti prendono per un sovversivo,
ma per un matto. Continuiamo, come diceva Manfredi ( non Nino) col lavoro della
talpa, sperando di rimettere presto fuori la testa. O come vorrei essere un
cittadino della Francia di Jospin, lì almeno i Socialisti parlano da Socialisti.
Lupo Alberto (Turati)
Ti ricordi di Emanuele Sclavi, il ragazzo siciliano morto nella caserma dei
paracadutisti ad agosto, vent'anni fa? I periti dichiarano adesso che alcune
delle ferite riscontrate sul cadavere possono non essere state provocate dalla
caduta, e potrebbero addirittura essere state inflitte da uno scarpone militare.
Fra le ipotesi, dunque, spunta quella di omicidio preterintenzionale. Trovate
questa notizia, se state molto attenti, solo nelle pagine interne, solo su alcuni
giornali, solo nelle colonnine di cronaca, e solo in non più di dieci righe.
Sul ragazzo Emanuele, in sostanza, silenzio generale. Anzi: silenzio, generale.
Stanotte, verso le due, bussano alla porta della mia stanza. Grunt. Accendo
la luce e davanti al letto c'e' un tizio buffo, tutto parato in nero gentleman,
uno molto distinto sulla sessantina. "Mr Orioles?" fa, squadrandomi con disgusto.
Grunt. "Sorry, mr Orioles. Deve alzarsi, vestirsi e... make yourself a little
civilezed, goddam! Someone is coming here". Tanto è incazzato il tizio che nemmeno
discuto, mi alzo, mi sbreccio un po' d'acqua sul muso, mi metto un par di brache,
la maglietta di Mao (sperando che sia pulita), mi carico la pipa. "Si accomodi,
prego. Di che si tratta? Ma non potevamo aspettare domattina? O meglio, potrei
darle il numero dell'avvocatro Tita...". Quello neanche mi caga. Va alla porta,
si volta, si volta di nuovo con aria teatrale e declama: "Her gracious majesty
the queen!". E qua t'entra una signora anzianotta, piuttosto decorosa direi,
ma guarda che roba tu alle due di notte, tutti i matti qui vengono a finire
prima o poi.
"Good morning, mister Orioles" fa la dama. "Kneel down, please". Cazzo cazzo
cazzo. Lampo di genio. Secondo cassetto, monetine. Ci sono due scellini inglesi.
"Scusi signora le spiacerebbe mettersi un momento di profilo?". Lei imperturbabilmente
e sorridendo esegue, massì che è lei, un po' malandata veramente ma insomma.
"Kneel, my dear, please". Che faccio? Tanto starò sognando: m'inginocchio sullo
scendiletto cercando di non sembrare troppo imbranato e la tizia si guarda attorno,
sgama la canna alla Charlot sulla sedia, l'afferra al volo e me la sbatte sulla
spalla. "Stand up, sir Riccardo". Poi mi volta maestosamente le spalle e se
ne va.
"You may stand up, now - fa il tizio in nero - The ceremony is gone. My compliments".
E se ne va pure lui.
Così stanotte - se non ho sognato - sono stato fatto baronetto dalla regina
Elisabetta in persona. C'è una giustizia a questo mondo, ecchecazzo! Domani
vado all'ambasciata per vedere se danno pure dei soldi, vi farò sapere.
Released online: November, 1999
