Girodivite - n° 58 /
novembre 1999 - Catania, scuola
Luoghi del limbo
di S.L.
Esiste una condizione che colloca in una specie di limbo una parte della popolazione,
soprattutto nel Sud. Sono i "giovani", parcheggiati nell'impossibilità
del lavoro, fascia di consumatori senza luogo e senza diritti. "Giovani"
alla ricerca di lavoro, nell'attesa impegnati per 5-10 anni dell'esistenza individuale
in quello che viene chiamato "studio" nelle università. Tra
questi limbici, né carne né pesce, sospesi nell'attesa di una
identità lavorativa o professionale, gli universitari "fuorisede".
Che vivono cioè l'emigrazione forzata, anche in considerazione della
particolare dislocazione delle Università al Sud - che vede ad esempio
in Sicilia tre sole sedi universitarie reali. Vivere da emigrati nella propria
regione nelle città capitali della Sicilia significa essere esposti a
tutti i "disagi" e le contraddizioni di territori socialmente degradati,
economicamente lasciati nell'anarchia dell'illegalità accettata e permessa
da tutti.
Sulla condizione degli studenti e sul rapporto dei "fuorisede" con
la città, interviene - in assenza di serie indagini di altro tipo, delle
facoltà sociologiche o degli istituti di statistica o di chi dovrebbe
pensare alla programmazione delle attività economiche sul territorio
- un dossier, preparato da Rifondazione Comunista di Catania. Due mesi
di lavoro, 500 giovani che hanno dato la loro risposta attraverso un questionario.
Il quadro che emerge dall'invisibilità voluta del non-luogo del sistema
degli affitti (in nero) degli appartamenti agli studenti universitari a Catania
mostra come funziona nel 1999 il sistema. Un posto letto costa mediamente 200/230
mila lire: rispetto ai redditi medi delle famiglie siciliane che mandano i propri
figli all'Università si tratta di una cifra considerevole. Non c'è
solo un problema di alti costi. Un "fuorisede" costretto a alloggiare
in una città universitaria siciliana (in questo caso Catania, ma il discorso
è simile per le altre tre città universitarie: Palermo, Messina)
deve sottostare a un quadro di regole e arbitri propri di un sistema che si
basa sull'illegalità. "Si spendono un sacco di soldi e, in cambio,
i servizi sono inesistenti" dice Chiara Platania, dell'esecutivo nazionale
dei Giovani Comunisti/e, "vuol dire approfittare di chi è in stato
di bisogno, ed è costretto a vivere in locali fatiscenti, spesso pagando
anticipatamente una salta cuazione e con possibilità di sfratto senza
preavviso" (1). Gran parte delle possibilità di alloggio a Catania
sono in abitazioni sovraffollate, carenti dal punto di vista igienico-sanitario
(anche in considerazione del degrado endemico del centro storico catanese),
con la possibilità di ritrovarsi con padroni di casa che impediscono
di ricevere "estranei" a casa e altri divieti consimili.
Un dossier utile, perché punta l'attenzione su un problema collettivo.
Nella scarsità di analisi e "denunce" sociali, che interessano
i problemi collettivi e quotidiani, si tratta, per Catania e non solo, di un
piccolo squarcio all'interno di una realtà che tende a assopire e nascondere.
(1) vedi: "Giovani, carini e senza una lira: fuorisede a Catania"
/ di Danila Giardina, in: Liberazione, 25 novembre 1999, p. 7.
Released online: November, 1999
