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#donnechecontano: Perché le donne contano sempre, non solo l’8 marzo

Una data, come tante giornate dedicate alla coscienza, spesso strumentalizzata ad uso e consumo della società consumistica.

di Redazione - mercoledì 9 marzo 2016 - 4120 letture

L’8 marzo celebriamo la festa della donna e, puntualmente, ce ne dimentichiamo il giorno dopo. Quest’anno non possiamo permettercelo.

In Italia, una donna su tre ha subito violenza almeno una volta nella vita. Eppure nessuno nel Governo si occupa a tempo pieno dei diritti delle donne dopo le dimissioni dell’On. Martelli, nel novembre 2015.

Chiediamo che venga nominato un/a Ministro/a per le pari opportunità: ActionAid ritiene sia necessaria una figura di governo dedicata, per una migliore efficacia delle azioni e per una continuità degli interventi.

Chiediamo che ci sia un chiaro processo di rendicontazione e di pubblicazione di tutte le informazioni – da parte di Governo e Regioni - sulla spesa destinata alla lotta alla violenza, sulla base di una metodologia che permetta di valutare l’impatto degli interventi finanziati per capire effettivamente quali sono i risultati raggiunti nel tempo (es.: riduzione della violenza, maggiori servizi/risposta alle donne che subiscono violenza…).

Cosa stiamo monitorando
 La Legge 119/2013 prevede stanziamenti specifici per il potenziamento dei servizi di assistenza e supporto alle donne che subiscono violenza1. In particolare il Governo ha ripartito tra le Regioni 16,5 milioni di euro per il biennio 2013/2014 e ha previsto ulteriori 10 milioni di euro a decorrere dal 2015.

A che punto siamo
 Il riparto tra le Regioni delle risorse stanziate per il biennio 2013/2014 è stato approvato nel luglio 20142 dalla Conferenza Stato-Regioni. Le Regioni hanno ricevuto i fondi nell’autunno 2014. Il riparto è stato effettuato sulla base della popolazione residente e del numero di centri antiviolenza e case rifugio esistenti. L’intesa ha previsto scadenze per rendere conto sulle modalità di spesa delle risorse: entro il 31 gennaio 2015 le Regioni dovevano inviare le delibere adottate nel 2014 relativamente all’uso delle risorse ricevute ed entro il 30 marzo 2015 una relazione sugli interventi finanziati. Le risorse stanziate per il 2015 e per il 2016 non sono ancora state assegnate dal Governo alle Regioni.

Cosa ha chiesto ActionAid
 ActionAid ha chiesto al Governo e alle Regioni di assicurare trasparenza nella gestione delle risorse. In particolare abbiamo chiesto: »» Ai Presidenti di Regione di pubblicare online in formato aperto tutti i dati relativi all’uso delle risorse »» Al Dipartimento Pari Opportunità di raccogliere in un’unica sezione online le informazioni ricevute dalle Regioni.

Cosa abbiamo ottenuto
 Nei primi mesi del 2015 La Regione Toscana e la Regione Marche hanno accolto la nostra richiesta di trasparenza e hanno pubblicato online in formato aperto le informazioni contenute nelle rispettive delibere. La Regione Lazio si è impegnata a pubblicare nel futuro prossimo opendata relativi all’assegnazione dei fondi. Nel novembre 2015 il Dipartimento Pari Opportunità ha pubblicato online la lista delle delibere regionali ricevute. Dal documento emerge che tutte le Regione hanno deliberato tranne una: la Regione Molise.

Cosa non ha funzionato secondo ActionAid
 ActionAid ha monitorato nel corso del 2015 l’azione di Governo e Regioni, cercando le informazioni rilevanti e rendendole pubbliche. Dal monitoraggio sono emerse varie criticità: »» Ritardi nell’erogazione delle risorse: sia da parte del Governo (i fondi sono stati stanziati nell’ottobre 2013 ed erogati solo un anno dopo, inoltre le risorse per il 2015 non risultano ancora erogate), sia da parte delle Regioni (non tutte hanno deliberato entro fine 2014 e tutt’oggi non risulta chiaro quante strutture abbiamo effettivamente ricevuto i fondi). »» Difficoltà nel reperire le informazioni: la ricerca delle delibere regionali e di altri atti relativi all’assegnazione delle risorse (es.: risultati dei bandi) non sempre è stata facile, in alcuni casi addirittura impossibile. »» Assenza di un framework di monitoraggio e valutazione dell’impatto: resta difficile valutare quali siano stati i risultati raggiunti grazie a questo investimento. Non sono stati previsti indicatori che possano permettere di valutare l’impatto delle azioni e di verificare che cosa di positivo sia cambiato o potrà cambiare nella vita delle donne che vivono nel nostro Paese. »» Fondi insufficienti a garantire la sopravvivenza dei centri antiviolenza. Il documento d’intesa tra Stato e Regioni ha previsto un contributo forfettario per centro antiviolenza - pari a circa 5800 euro - e per casa rifugio – pari a circa 6700 euro - per il biennio. È facile immaginare come tali somme possano coprire al massimo alcune spese vive, non certo a garantirne la sopravvivenza e un adeguato funzionamento. Alcune Regioni hanno per questo motivo scelto di destinare ai servizi sul proprio territorio anche i fondi riservati alla programmazione regionali. Si rileva la mancanza di una stima del fabbisogno dei servizi antiviolenza per assicurare servizi adeguati sul territorio nazionale. »» Mancanza di chiarezza sui servizi beneficiari dei fondi. La Conferenza Unificata ha stabilito i criteri minimi dei centri antiviolenza e delle case rifugio nel novembre 2014, quindi successivamente all’intesa sul riparto dei fondi, nonostante esso sia stato effettuato anche sulla base delle strutture presenti sul territorio. Questo ha certamente creato confusione nell’attribuzione dei fondi. In alcuni casi si rileva la discrepanza tra il numero di centri e case rifugio fornito nello schema di riparto dei fondi e tra il numero di strutture fornito dalle delibere regionali. In alcune Regioni i fondi sono stati assegnati non solo a centri antiviolenza, ma anche a servizi rispondenti ad altre problematiche sociali o a disagio generico. »» Rendicontazione parziale da parte del Governo. Il documento pubblicato a novembre 2015 sul sito del Dipartimento Pari Opportunità contiene unicamente la lista dei numeri identificativi delle delibere regionali ricevute e il numero di servizi antiviolenza presenti sul territorio. Mancano i link alla documentazione ufficiale prodotta (delibere, bandi, etc.) e informazioni sulle attività e sui servizi finanziati.

Cosa chiediamo ora
 Maggiore trasparenza La trasparenza è un mezzo per favorire l’efficacia delle azioni e informare quelle future. Sarà grazie alla trasparenza se potremo un giorno valutare quali strategie hanno più successo nel prevenire e combattere la violenza e assicurare che le risorse pubbliche saranno spese al meglio. Per questo sarà necessario che: »» il Governo predisponga una piattaforma online in cui rendere disponibile – in formato aperto e in tempi brevi - le informazioni in possesso sull’uso dei fondi e in cui le Regioni a loro volta possano caricare in tempo reale la documentazione rilevante. »» Il Governo fornisca una mappatura aggiornata dei servizi antiviolenza sul territorio »» Le Regioni raccolgano in un’unica sezione del loro sito la documentazione prodotta, inclusa la lista delle strutture beneficiarie dei fondi, e si impegnino a pubblicare le informazioni in opendata »» Il Governo eroghi le risorse del 2015-2016 in tempi rapidi »» Il Governo verifichi l’effettiva erogazione - a livello regionale e comunale - dei fondi ai centri antiviolenza e renda pubbliche le informazioni. Una metodologia per valutare l’impatto degli interventi Cosa possiamo dire che sia cambiato nella vita delle donne, in particolare di quelle che subiscono violenza, grazie a questi fondi? Le istituzioni come possono dire di avere risposto al numero crescente di donne che hanno il coraggio di sottrarsi a contesti domestici violenti? Allo stato dell’arte è impossibile valutare quali siano i risultati raggiunti. È dunque necessario e urgente, in vista dei prossimi riparti: »» Definire un framework per il monitoraggio e la valutazione che renda chiari obiettivi, risultati attesi e indicatori attraverso cui misurare l’impatto degli interventi. »» Stimare il fabbisogno effettivo dei centri antiviolenza sul territorio per garantire la loro sopravvivenza e adeguato funzionamento attraverso i futuri riparti.

Un/a Ministro/a per le pari opportunità
 L’uso efficace delle risorse pubbliche per prevenire e contrastare la violenza non può prescindere da una chiara volontà politica. La struttura istituzionale in questo senso è indicativa del peso di una problematica nell’agenda politica di un governo. Come rileva un recente studio del Parlamento europeo6, la varietà di soluzioni ricercate nel corso degli anni a livello governativo nell’attribuzione della responsabilità pari opportunità, insieme all’alto numero di figure istituzionali che si sono succedute, spesso per pochissimo tempo, dal 1997 (anno d’istituzione del Dipartimento Pari Opportunità) ad oggi – 10 in meno di 20 anni tra Ministre senza portafoglio, Ministre del Lavoro con delega e Consigliere - è sintomatico di un problema a cui il nostro Paese ancora non ha trovato risposta. A questo si affiancano le sempre scarse risorse dedicate alle attività del Dipartimento. Serve una delega forte a una figura unicamente dedicata alle pari opportunità e competente per assicurare un’azione efficace di promozione e tutela dei diritti delle donne. Pertanto è necessario che il Governo nomini al più presto un/a Ministro/a alle Pari Opportunità e assicuri risorse continuative e adeguate nel tempo alle azioni che del Dipartimento.


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