la Bibliotheca dei libri ritrovati
 
 

"Anche nel loro piccolo" di Anna Dibenedictis

Cosa deve fare un recensore quando legge un libro scritto male e stampato male: partecipare all'ipocrisia generale della critica del volemose bene?

Sempre più spesso capita di trovare, diffusi nei modi più tangenziali e casuali, libri provenienti da case editrici piccole e piccolissime, sconosciute. Ne sono autori scrittori - narratori, poeti, musicisti, artisti - di cui riusciamo a conoscere a stento il nome sulla copertina del libro. Spesso autori alla loro prima esperienza, che in questo modo si scommettono, sono la testimonianza di un popolo di "santi navigatori e poeti". Probabilmente un sovrappiù di offerta, che non trova lettori se non nella cerchia degli amici e dei parenti più stretti e certamente non i "paganti", gli unici che possano assicurare una tenuta imprenditoriale seria alle case editrici che veicolano questo genere di merci. E' dunque una offerta economicamente debole, copertine e carta provengono da tipografie periferiche e pre-moderne, hanno un sapore di povero più che antico, di antiquato più che anticato.

Ma proprio perché qui, più che tra i libri provenienti dalla grande industria editoriale e di distribuzione patinata, non vige un intento economico - probabilmente tutto risolto nella diretta committenza tra autore, che si paga le spese di stampa, ed editore - è forse possibile fare un discorso culturale. Su quello che la cultura italiana produce e che prepara nell'allenamento dei suoi autori alle loro prime pubblicazioni. Avviene infatti che "la" pubblicazione è il vero punto di svolta di un autore che dalle proprie private sofferenze e sogni passa a confrontarsi con un pubblico. "Diventa" autore.

E' nella piccola editoria di confine che gli autori pubblicano i loro primi libri, è qui che è possibile intravedere il discorso futuro che darà forse carattere - tra qualche anno - alla nostra letteratura. Per chi si occupa di libri, nel mestiere di recensione, leggere i libri dell'editoria minore e periferica è forse la scommessa più grande e delicata. In questo modo ci troviamo assieme - recensore e autore, editore e prefattore -, a scommettere parlandone, dando loro spazio e apparenza, su certi autori. Qual è il compito del recensore, in questi casi? Rilevare i difetti di queste prime prove, o cautamente promuoverne le buone intenzioni? Perché, sulle buone intenzioni, certamente nessuno può mai dubitare. Quanto al raggiungimento di obiettivi compiuti, questo è un altro paio di maniche. L'acerbezza di talune prove va cassata? In un panorama della critica contemporanea che spesso e volentieri non parla mai male di nessuno, a che serve arrogarsi il diritto di "giudicare" l'altrui fatica?

Qui entriamo nel merito dello statuto della recensione e del recensore. Quale funzione debba avere e in che ambito, quali regole darsi. Cosa significa "reccensire un libro"? Non è questo un termine fin troppo desueto, ottocentesco, che andrebbe forse particolarizzato e meglio definito in sotto-generi? Recensire un libro di un autore affermato è cosa ben diversa che recensire il libro di un esordiente. Ed è cosa diversa che l'esordiente provenga dai canali dell'editoria industriale e commerciale - i "grandi e affermati" editori -, piuttosto che da piccole e piccolissime case editrici. E certamente una cosa è la "segnalazione" ai lettori, altra la disamina di un testo che si conduce dalla "breve" (come in massima parte sono le recensioni di Bancarella) al saggio. Per non dire del dierso statuto che occorre nella recensione di libri attemapti come quelli proposti da Bancarella, usciti dai canali di vendita delle librerie per approdare ai remainders e ai cestini delle "seconde scelte".

Voi, che ne pensate?

 

 

 
 
 

 

[Up] Inizio pagina | [Send] Invia la pagina a un amico | [Print] Stampa la pagina | [Email] Manda una email | [Indietro]
Inizio pagina © Bancarella, 1999-2003. - E-mail: bancarella@girodivite.it