la Bibliotheca dei libri ritrovati
 
 

Umberto & C : gli anni caldi della Fiat / Cesare Roccati. - Firenze : Vallecchi, 1977. - (Collana diversa).

Con la morte di Gianni Agnelli (febbraio 2003) se ne è andato un pezzo di storia economica e culturale d'Italia. Gianni Agnelli ha rappresentato un simbolo per un quarantennio: il capo della maggiore industria italiana, capo di una "dinastia". Era un periodo della storia italiana, dopo le rovine della Seconda guerra mondiale, che ha trovato anche nell'auto il suo simbolo di rinascita e di espansione. La "società dei consumi" aveva nell'auto uno dei suoi oggetti cult. Per fare posto alle auto si sono fatte autostrade, si è avviato tutto un sistema produttivo che aveva ed ha nel petrolio la sua fonte energetica principale.

Un modo per noi di Bancarella di parlare di questa storia è questo libro del giornalista allora della Gazzetta del Popolo di Torino, Cesare Roccati. Un libro uscito nel 1977. Siamo nel momento cultminante della crisi italiana. Da quella crisi ne uscimmo fuori, ne uscì fuori anche la Fiat, ma con costi che si sono fatti sentire negli anni successivi. I costi sono stati l'avvinghiarsi dell'economia italiana attorno a modi di produzione e famiglie "vecchie"; una classe politica che non ha accettato le forme del rinnovamento ed è rimasta fino allo sfinimento totale fissa ai propri posti di potere. Da quel circolo vizioso, che incoraggiava le forme della corruzione e l'immobilismo, se ne tentò l'uscita prima attraverso le forme di cinismo craxiano, poi con la politica dei giudici ("tangentopoli"). Ma si dovrà attendere il 1989 e il crollo del muro di Berlino perché anche in Italia potè avviarsi quella de-cortinizzazione che negli anni Settanta ancora - a quanto pare - non era percorribile.

Gli anni di cui parla Roccati sono anni terribili. Terrorismo, certo, ma soprattutto la crisi economica e l'incapacità della classe politica a dare risposte a questa crisi. Il divieto Usa di far accedere al governo un partito come il Pci, che allora - e solo allora - aveva una classe politica matura per governare democraticamente sarà drammaticamente evidente con la morte di Moro. In questo clima di veti, il tentativo brancaleonesco di Umberto Agnelli - fratello minore di Gianni Agnelli -, di coagulare attorno a sé e all'interno della balena cadavere della Dc una corrente politica capace di appoggiare un governo vicino alla Confindustria e al laicismo liberista e imprenditoriale del Nord. Un tentativo che spacca in due la famiglia: da una parte Gianni Agnelli, che di quell'ideologia - pragmatica e liberista - era il migliore rappresentante. Dall'altra Umberto Agnelli, il "senatore" della famiglia (mentre Gianni Agnelli per tutta la vita preferì il titolo e soprannome di "avvocato"). Una storia che Roccati ha il pregio di rievocare da un punto di vista non storico, ma giornalistico, mentre le cose sono ancora in movimento, con attenzione ai personaggi minori e al "dietro le quinte" delle lotte intestine all'interno dei vari partiti, delle varie correnti, delle varie organizzazioni sindacali e di categoria.

Fa una certa impressione leggere questo libro. Rivedere il "come eravamo", le impossibilità e le debolezze di cui eravamo circondati e che erano all'interno delle nostre classi dirigenti. Il ritratto impietoso che ne viene fuori ci dice di un'Italia tumultuosa, in fermento, con le finanze in liquidazione ma anche con tentativi i più disparati di trovare soluzioni alla crisi (da quelli fantasiosi di Gianni Agnelli di usare i petroldollari di Gheddafi a quelli che provenivano dalle università e dai movimenti studenteschi: "Siamo realisti, vogliamo l'impossibile" "quando si alza il vento, bisogna tentare di vivere": sono due sloga che Roccati rievoca).

Recensito il 20030309, da sandro letta.

 

 
 
 

 

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