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Il biglietto da visita di Pennac

Cosa ci dà la nostra identità? Cosa ci fa essere "io", ci assicura la certezza di ciò che siamo, in altre parole ci fornisce la sicurezza...

di Sergej - domenica 30 ottobre 2005 - 7615 letture

Cosa ci dà la nostra identità? Cosa ci fa essere "io", ci assicura la certezza di ciò che siamo, in altre parole ci fornisce la sicurezza delle nostre coordinate spazio-temporali (scusate l’ironia) nel mondo? E’ anche questo uno dei temi dell’ultimo racconto di Pennac pubblicato in Italia, "La lunga notte del dottor Galvan". Esce in contemporanea forse non accidentale con il pamphlet di Gad Lerner "Tu sei un bastardo" (stessa casa editrice, Feltrinelli). Lerner pone il problema identitario, "risponde" in qualche modo alle posizioni fondamentaliste montanti in Italia (vescovi cattolici, presidente del Senato Pera ecc.). Pennac pone lo stesso problema o quasi, ma compiendo un salto nella vita intima, personale, dei singoli. In questo caso, un giovane medico alle prese con un problema nella "prima linea" di un pronto soccorso ospedaliero. Il luogo innanzitutto: la zona grigia in cui confluiscono i malati improvvisi, gli accidentati di tutte le razze e di tutte le condizioni. E’ già questo un vivere sulla soglia, lì dove le certezze della nostra normalità si sbriciolano: in questo caso, le certezze riguardo il nostro stato di salute. Zona di guerra, baratro in cui l’improvviso si manifesta accanto alla routine, alla banalità dei "casi" sempre uguali: il bambino che soffre d’asma, l’incidentato automobilistico... Finché la monotonia (la banalità della malattia, per parafrasare Hannah Arendt) viene interrotta dal "caso anomalo". Ciò che incrina le certezze della nostra società a saper affrontare o tenere a bada l’imprevisto. Il meccanismo si inceppa. In questo caso, un paziente dai sintomi strani e che per tutta la durata delle operazioni non sa far altro che ripetere "Non mi sento tanto bene". Nel racconto di Melville "Bartebly" il personaggio ripeteva il suo rifiuto ai meccanismi ottundenti della società con un "Preferirei di no". Qui il malato è pervicacemente attaccato al suo stato di malessere, e la scienza medica e professionale - l’orgoglio occidentale della scienza e della tecnica - viene messa sotto scacco.

I personaggi di Pennac sono ossessionati dal problema identitario. Era un problema già posto all’inizio del secolo scorso da Pirandello: ricordate "Uno nessuno centomila" o "Il fu Mattia Pascal"? La forma giocosa che Pennac impiega è quella dell’ossessione del bigliettino da visita. Galvan (cognome che rimanda alla "scienza" settecentesca e alle sue illuministiche sicurezze) è ossessionato dalla sua identità e dal bigliettino da visita che la sua ragazza gli vorrebbe confezionare. Ne "La strana storia del libraio a cui cadde una pila di libri in testa" (RCS Libri, 2005) di Ellis Weiner, una delle gag è il bigliettino da visita con cui il detective si presenta, il confronto tra quello che lui stesso si fabbrica e quello che la sua segretaria gli prepara. Anche qui, come nel racconto di Pennac, un personaggio ossessionato dalla propria identità e che usa il bigliettino da visita per certificare in qualche modo, rassicurare se stesso e gli altri, sulla propria identità. Nel mondo che apparentemente si sgretola, ci si aggrappa al proprio bigliettino da visita per trovare certezze. Abbiamo bisogno del ruolo per rafforzare un Io altrimenti sperduto e senza punti di riferimento.

"E’ così che mi sono ritrovato meccanico, signore. Sempre la vocazione di curare, ma solo macchine, l’ultimo rifugio dell’innocenza. Un’auto gioca pulito [...]; nemmeno l’ombra di un ’sogno identitario’" (p. 65).


Il libro di Pennac. Questa la trama:

Giovane medico del pronto soccorso, Gerard Galvan racconta una folle notte di molti anni prima, quando fra crisi di asma e arti spappolati era stato finalmente notato un uomo seduto su una sedia che ripeteva: "Non mi sento tanto bene". Il malato passa da tutti gli specialisti, convocati d’urgenza a risolvere uno dopo l’altro crisi acute di ogni genere: dall’occlusione intestinale all’esplosione della vescica, all’attacco epilettico. Rimasto accanto al suo letto, Galvan si addormenta e al mattino il malato non c’è più. È morto? È sparito? Dove è stato portato? Galvan non sa neppure come si chiama. Nessuno lo sa. Ma il paziente riappare e le cose che dirà e farà saranno per il buon Galvan la fine di un sogno.

Sono sessanta pagine. Personaggi vividi e strampalati dentro la cornice di un ospedale, bizzarra palestra del grottesco. Una simpatica esercitazione letteraria. Pungente e satirico sulla classe medica ospedaliera.

La lunga notte del dottor Galvan sarà messo in scena da Giorgio Gallione per il Teatro dell’Archivolto, a partire da novembre 2005. Protagonista Neri Marcorè.

La lunga notte del dottor Galvan / Daniel Pennac ; traduzione di Yasmina Melaouah. - Milano : Feltrinelli, 2005. - 82 p., br. ; 20,5 cm. - (SuperUE Feltrinelli). - Tit.orig.: Ancien malade des hôpitaux de Paris. - ISBN 88-07-84058-8. - prezzo 6,50 euro.


Scheda autore:

Daniel Pennac nato a Casablanca nel 1944 già insegnante di lettere in un liceo parigino, dopo un’infanzia vissuta in giro per il mondo tra l’Africa l’Europa e l’Asia si è definitivamente stabilito a Parigi. Accanto all’attività di scrittore si dedica all’insegnamento ai ragazzi difficili. Quando comincia a scrivere scopre una particolare propensione per storie comiche surreali ma ben radicate nelle contraddizioni del nostro tempo. Ha raggiunto il successo dopo i quarant’anni con la tetralogia di Belleville. Quattro romanzi editi in Italia tra il 1991 e il 1995 incentrati sul personaggio di Benjamin Malaussène di professione capro espiatorio e relativa famiglia. E’ diventato autore cult in Italia. Claudio Bisio ha portato in scena con grande successo la pièce che Pennac ha tratto dalla sua saga Signor Malaussène prodotta dal Teatro dell’Archivolto con la regia di Giorgio Gallione.

Vedi anche: la scheda su Pennac su Antenati


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