Gertrude Stein

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Gertrude Stein


Nata a Allegheny City nel 1874 (morta a Neully-sur-Seine nel 1946), di ricca famiglia ebraica di origine tedesca, approdò alla letteratura at- traverso una formazione di tipo scientifico: studiò la psicologia speri- mentale di William James, e medicina - neurologia - alla John Hopkins University. A partire dal 1903 si stabilì a Paris dove visse con il fratello Leo e poi con l'inseparabile Alice B. Toklas fino alla morte, tranne un breve soggiorno negli stati Uniti nel 1937 per un ciclo di conferenze.
Nella sua casa di Paris trovarono per molti anni possibilità d'incontro artisti e scrittori americani ed europei: A. Copland, Sherwood Anderson, E. Hemingway, F.S. Fitzgerald: rappresentanti di quella che lei definì ironicamente "generazione perduta". In sieme al meglio dell'avanguardia europea: Braque, Matisse, Picasso.
Audace sperimentatrice, inventrice di una liberatoria asemanticità del verbale, attraversa il linguaggio con la precisa scientificità di un ingegnere della parola e del suono. Il suo sperimentalismo non è semplice rigetto della tradizione ma rivela una attenta decostruzione attuata con gli strumenti della psico logia e della neurofisiologia. La molla latente della sua scrit tura è la consapevolezza che la tecnologia modifica i meccanismi percettivi della coscienza e dunque anche quelli espressivi, pri mo tra tutti la parola.
In Tre esistenze (Three lives, 1908), nato dalla lettura di "Tre racconti" di Flaubert, il dettato apparentemente naturali stico si spezza, l'attenzione al vissuto delle tre protagoniste si fa studio dei ritmi e della sintassi del loro linguaggio, parlato e mentale. "La buona Anna" è un'imperiosa governante tedesca che alla partenza della padrona perde la sua identità: dopo una vita infelice si ammala e muore in seguito a un'operazione. "Melanctha" è la storia di una giovane mulatta orfana di madre: dopo molteplici esperienze sessuali, Melanctha Herbert si innamora del medico bianco Jeff Campbell rispettabile borghese. Lui viene a sapere dei precedenti della ragazza ma la sua ira non ha effetto. Lei lo tradisce con altri uomini e il rapporto finisce; Melanctha muore poi di consunzione. "La dolce Lena" narra del matrimonio combinato tra lena e il sarto Herman Kreder che vuole sfuggire a questo rapporto imposto ma poi torna sotto la spinta dei genito- ri: anche qui un lungo logoramento, che si conclude con la morte di Lena durante il parto.
Con Teneri bottoni (Tender buttons, 1914) inizia la sua opera di scomposizione linguistica, che annulla il divario tra letteratura e arti figurative, e tra il codice di queste e il codice della macchina. La scrittura si fa cubista al pari di una figura di Picasso; la parola diventa suono ideogrammatico in sé stessa, oppure ripetizione incessante, come nella famosa cifra linguistica: "una rosa è una rosa è una rosa è una rosa", che destabilizza la linearità del discorso.
Il racconto non racconta più nulla. C'era una volta gli americani (The making of Americans, 1925) non dice ad esempio come si sia formata in realtà la nazione americana; il trattatello Come scrivere (How to write, 1931) non insegna come costruire un romanzo. L'operina Quattro santi in tre atti (Four saints in three acts, 1929) che venne musicata da V. Thompson, non traccia agiografie. Eppure è questo linguaggio estremamente denotativo a co stringerci a una concezione primaria della realtà. E' questa la parola-oggetto della pop art e della pubblicità, la parola-suono di J. Cage. In questo rimescolare le categorie per ri-nominarle, si rimescolano anche i generi letterari.
"Teneri bottoni" è prosa e poesie; l' Autobiografia di Alice B. Toklas (The autobiography of Alice B. Toklas, 1933) come poi L'autobiografia di tutti (Everybody's autobiography, 1937), rap presenta un violento scarto rispetto alla norma per il voluto intreccio d'identità tra la scrittrice e la sua inseparabile compagna.
La singolarissima Storia geografica dell'America (The geographical history of America, 1936) è più un monologo surreale in forma di trattato filosofico che un saggio storico.
L'approccio disincantato, spesso finemente aggressivo con cui Stein raggiunge il lettore, fa della sua scrittura il coronamento del grande realismo della tradizione americana.



[1997]


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