Cesare Pascarella

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Cesare Pascarella


Nato a Roma nel 1858, seguì i corsi dell'Istituto di belle arti, fece poi parte del gruppo di pittori detto 'i 25 della campa gna romana', specializzandosi in figure di animali. Nel 1881 co minciò a collaborare alla «Cronaca bizantina», al «Capitan Fra cassa», e al «Fanfulla della domenica». Acquistando una certa notorietà cominciò a frequentare i salotti mon- dani e intellettuali come D'Annunzio e Scarfoglio. Fece lunghissimi viaggi in Italia e all'estero: India, Egitto, Giappone, Stati Uniti, Argentina, Uruguay, Cina. Nel 1930 fu nominato accademico d'Italia. Morì a Roma nel 1940.
Registrò le sue impressioni di viaggio in 16 Taccuini (pubbl.1961), mentre dei viaggi più «casalinghi» a piedi o a dorso di mulo per i paesi del Lazio e dell'Abruzzo parlò in capitoli sparsi. Nel 1955 fu raccolto in unico volume buona parte di ciò che ha lasciato: I sonetti, Storia nostra, Le prose . Dopo Belli, che diede un influsso determinante su di lui, è il maggiore dei poeti romaneschi, anche se rispetto a Belli risulta infinitamente inferiore. Già i primi gruppi di sonetti, costituito da Il morto di campagna (Er morto de campagna, 1884), La sere nata (1882), Il fattaccio (Er fattaccio, 1884), sollevano il bozzetto popolaresco a dignità artistica, con qualche concessione al macabro e al truce. E' soprattutto con i 25 sonetti di Villa Glo ria (1886) che Pascarella mostra di possedere una autentica forza narrativa, capace di reinventare i fatti, in questo caso l'impre sa di Villa Glori e dei fratelli Cairoli, secondo la mentalità, tra favolosa e smargiassa del popolano trasteverino. Storia «il lustre» raccontata dal trasteverino sono anche i 50 sonetti de La scoperta dell'America (La scoperta de l'America, 1893). Qui l'im presa di Colombo sfuma nella leggenda. Il fascino dell'ignoto e dell'esotico, della terra «selvaggia» abitata da strani esseri, apre spazi di puro divertimento, nel contrasto tra materia 'dot ta' e immaginazione popolare. Con una bravura tecnica, nel serra re i dialoghi e nello scorciare paesaggi, ancora superiore a "Villa Gloria".
Sono qualità che si perdono quasi del tutto nell'ultima fatica di Pascarella, i 267 di Storia nostra che, lavorata e manipolata per anni, uscì postuma e incompiuta nel 1941.



[1997]


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