Luigi Pulci

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Luigi Pulci


Alla famiglia Pulci, oltre Luigi, ebbero una parte letteraria anche i fratelli Bernardo e Luca. Luca Pulci era il fratello maggiore. Nato a Firenze nel 1431, esercitò a Roma l'arte del cambio. In seguito al fallimento del banco, fu arrestato (1469) e morì in carcere nel 1470. Scrisse 17 Pistole in terzine, di stampo ovidiano. Poemetto mitologico in ottave è il Driadeo d'amore (1465) di imitazione boccacciana. Più noto il poema cavalleresco Ciriffo Calvaneo, che fu rivisto e continuato dal fratello Luigi, e terminato da Bernardo Giambullari nel 1514. Bernardo (1438\1488) si avvicinò alla famiglia Medici dopo il fallimento dell'attività bancaria di Luca. Tradusse le "Bucoliche" virgiliane, compose versi amorosi e opere di argomento religioso: Il pianto della madonna, la sacra rappresentazione Barlaam e Josafat, e una parafrasi in ottave di alcuni passi evangelici. Anche la moglie di Bernardo, Antonia Pulci (di cui non abbiamo dati certi) compose sacre rappresentazioni, tra cui una Santa Guglielma, Santa Domitilla, San Francesco. Il maggiore di tutti fu, naturalmente, Luigi.


Luigi Pulci nacque a Firenze nel 1432. La sua era una nobile famiglia decaduta. Nel c.1460 fu introdotto a casa Medici da B. Scala e F. Castellani. Dopo il 1470, coinvolto nelle disavventure economiche dei fratelli Luca e Bernardo, lasciò Firenze. Ebbe incarichi di fiducia da Lorenzo Medici a Camerino e Napoli. Nel 1472 entrò al servizio di Roberto Sanseverino, un condottiero al soldo della signoria. Per suo conto compì nel 1473 missioni a Bologna Milano e Venezia. Negli ultimi anni tornò saltuariamente a Firenze. Morì a Padova nel 1484, e fu sepolto in terra sconsacrata come eretico. Pulci era un tipo bizzarro, di cultura limitata ma non superficiale. Si impose per qualche anno nella brigata medicea allora tesa al recupero delle molteplici espressioni della tradizione popolare. Gli amici e gli interessi di Lorenzo Medici cambiarono progressivamente in senso umanistico e filosofico. Si allentarono i rapporti con quanti, come Pulci, erano rimasti alieni dalle nuove tematiche o addirittura si provavano in teorie e interessi, come il materialismo e la magia, del tutto incompatibili con la filosofia "ufficiale" della nuova Firenze, il platonismo ficiniano. Pulci ci ha lasciato tra le opere minori un ricco Epistolario; numerosi sonetti tra cui spiccano per violenza polemica quelli contro Matteo Franco e contro Marsilio Ficino. Beca da Dicomano è una favola villereccia, composta a imitazione parodistica della "Nencia da Barberino" di Lorenzo Medici. Scrisse inoltre 160 stanze per una Giostra di Lorenzo. Continuò il poema in ottave iniziato dal fratello Luca, il "Ciriffo Calvaneo". In tutte queste opere minori Pulci mostra la sua vivace immaginazione, spontaneamente portato per le interpretazioni comiche e grottesche, il gusto per la parola colorita corposa e gergale. Scrisse anche un Vocabolarietto di lingua furbesca, elenco di voci gergali a uso della cerchia medicea.


L'opera maggiore di Pulci è Il Morgante, poema cavalleresco in ottave. Commissionatogli da Lucrezia Tornabuoni, fu ultimato in gran parte prima del 1470. Fu pubblicato nel 1478 in 23 canti ("cantari") in ottava rima. Nel 1483 è la pubblicazione in 28 canti (il cosiddetto "Morgante maggiore"). La vicenda inizia con Orlando (= Roland) che lascia la Francia adirato per le calunnie di Gano e la credulità di Carlo Magno. Giunto in un convento, combatte con tre giganti che opprimono i monaci. Ne uccide due e fa prigioniero il terzo, Morgante. Protetto da un enorme elmo in acciaio, armato di battaglio, il buon gigante convertitosi al cristianesimo va al seguito di Orlando affrontando ogni tanto anche qualche avventura con il mezzo gigante Margutte. Altri paladini raggiungono Orlando in oriente, ma il traditore Gano convince re Marsilio ad attaccare i cristiani: Orlando torna in Francia per combattere, insieme a Rinaldo e Ricciardetto, trasportati dai diavoli Astarotte e Farfarello dall'Egitto al campo di Roncisvalle grazie alle arti di Malagigi. Alla morte eroica di Orlando a Roncisvalle segue la punizione di Gano e la morte di Carlo Magno ad Aquisgrana.


Si discute se questo poema abbia derivato qualcosa da due poemi anonimi e anepigrafi noti come "Orlando" e "Spagna". Sostanzialmente, in ogni caso, è una parodia delle canzoni di gesta che erano ben presenti agli immediati destinatari dell'opera, la brigata medicea cui Pulci leggeva l'opera man mano che la componeva. Le canzoni di gesta sono la base su cui si esercita una parodia linguistica di provenienza burchiellesca, tendente a privilegiare tecnicismi e voci dialettali fortemente espressive. La tensione linguistica è in fondo l'unico impegno unitario del poema. Sul piano della svolgimento della vicenda si ha una successione meccanica e schematica di personaggi situazioni ed episodi. L'ottava stessa ha un funzionamento narrativo piuttosto meccanico. Il tema, soprattutto nei primi 23 canti, è risolto in chiave popolaresca e picaresca: Carlo Magno è un vecchi svampito, i paladini si comportano da briganti, le dame prefigurano la Dulcinea di Cervantes. Il personaggio più riuscito e più aderente al gusto di Pulci è Rinaldo, sempre pronto alle avventure amorose e alle risse. Ma indimenticabili sono i personaggi di Morgante e Margutte. Il gigante istintivo e bonario, che muore al canto XX, dopo atti di prodigioso eroismo, per la puntura di un granchiolino, si contrappone a Margutte, il mezzo gigante vorace e furfante che enuncia un credo materialista e irriverente rimasto famoso (canto XVIII), e che muore soffocato dalle sue stesse risate. A un clima culturale più impegnato riconducono i cinque canti aggiunti nell'edizione del 1483, ispirati all'anonima "Rotta di Roncisvalle". Qui è l'ideale di un'epica orientata in senso provvidenzialistico, mentre costante si fa la tensione allegorico-polemica. Ciò porta a privilegiare la riflessione e a relegare la comicità e il ridicolo nei luoghi tradizionali per la cultura ufficiale, ai margini. L'eterodossia di Pulci sembra in sintonia con il razionalismo umanistico del circolo ficiano, di cui il diavolo Astarotte, una delle migliori invenzioni del poema, divulga estrosamente gli ideali di tolleranza religiosa. Pulci seppe far rivivere l'esperienza burchiellesca, ampliandola oltre i limiti delle rimerie burlesche. Il suo poema eroicomico ebbe influenza sui poemi eroicomici successivi. Si pensi al "Baldus" di Folengo, e al "Gargantua e Pantagruel" di Rabelais.


Italia nel XV secolo

[1997]


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