L'area spagnola nel XVI secolo

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L'area spagnola nel XVI secolo

Introduzione | petrarchismo castigliano | pre-barocchismo e mistici | teatro | narrativa | altri generi narrativi | la cultura europea e il "nuovo mondo" | la storiografia ufficiale della "conquista" | l'altra storia della conquista | fiction e poesia nel "nuovo mondo" |


Vai a inizio pagina Introduzione

Le ricchezze provenienti dall'America centrale e meridionale furono alla base della potenza economica spagnola del XVI secolo, una potenza che non porta alla formazione di classi borghesi né di strutture produttive capaci di innovazione, ciò che porterà alla decomposizione dell'impero. Gran parte delle ricchezze viene sottratta per mantenere la burocrazia imperiale e militare, e per calmierare le tentazioni centrifughe della classe nobiliare. La corruzione porterà ben presto alla miseria regioni un tempo "cuore" dell'Europa. Intanto, in campo letterario, la Spagna conosce una grande fioritura, soprattutto dalla metà del XVI secolo alla metà del XVII secolo.


Dal punto di vista culturale, vivo nella memoria è lo scontro contro gli arabi, di qui l'elemento cavalleresco e cattolico dominante nella cultura spagnola e nella stessa struttura sociale. L'umanesimo, secondo il filone influenzato da Gert Geertsz, non ha esiti laici; l'influenza italiana andò affievolendosi soppiantata da concezioni nazionali; vi fu un ritorno della scolastica. Il gusto della bellezza sensuale si accompagna, soprattutto verso la fine del secolo, a un profondo senso del reale ciò che porterà da una parte a un idealismo estremo e dall'altra a un radicato "desencaño", la profonda percezione della precarietà dell'esistere.


Vai a inizio pagina Petrarchismo castigliano

Influenza italica ebbe Juan Almogáver Boscán: egli, su consiglio dell'ambasciatore veneziano a Granada, Andrea Navagero, introdusse il sonetto e altre forme poetiche italiche. Le sue liriche petrarcheggianti furono pubblicate postume nel 1543, insieme ad alcune opere del suo amico Garcilaso de la Vega. Esemplare la sua traduzione de "Il cortigiano" (1534) di Castiglione.
Il maggior rappresentante del gusto italico fu Garcilaso de la Vega, che fu modello per i lirici spagnoli a lungo. La reazione conservatrice ebbe come maggior rappresentante Cristóbal de Castillejo, che visse per diversi anni in Italia al seguito dell'ambasciatore Mendoza. Egli conobbe Pietro Aretino e altri intellettuali italici. Era un buon latinista, tradusse Ovidius e Catullus. Celebre il suo scritto Contro coloro che lasciano i metri castigliani e seguono quelli italiani (Contra los que dejan los metros castellanos y siguen los italianos) in cui si oppose alla italianizzazione della poesia castigliana. Tuttavia le sue poesie d'amore e i suoi dialoghi filosofici mostrano un chiaro influsso italico.


Vai a inizio pagina Pre-barocchismo e mistici

Influenza italica ma su robusto spirito personale sono in Fernando de Herrera, Luis de León, e il maggiore dei mistici spagnoli, Juan de la Cruz. Esponente del misticismo spagnolo del tempo è anche Teresa d'Avila. Tra i predicatori esemplare può essere ritenuta la figura di un Luis de Granada.


La produzione mistica spagnola ci porta nell'ambito della cultura ecclesiastica, in cui la Spagna risulta tra le nazioni più prolifiche e attive. A questa cultura, che fa leva su una concezione guerresca della religiosità, fanno riferimento alcune iniziative culturali di grande prestigio. Tra queste la compilazione della cosiddetta Biblia Polyglotta Complutensia. L'opera si deve alla forte volontà del cardinale Francisco Ximenes de Cisneros. A lui si deve tra l'altro la fondazione nel 1498 dell'Università a Alcalà-de-Henares (il cui nome latino era Complutum, da cui il nome di Complutense), la città che avrebbe dato i natali a Cer vantes nel 1547.
L'Università Complutense ebbe una notevole importanza come scuola filosofica soprattutto nel XVII secolo. Il Collegium Complutense Sancti Cyrilli, affidato ai Carmelitani Scalzi, darà origine a quella monumentale collana di 'disputationes' tomiste su Aristoteles, apparsa a partire dal 1624, che va sotto il nome di "Collegium Complutense Philosophicum": tra gli autori furono Michele della SS.Trinità, Antonio della Madre di Dio, Biagio della Concezione ecc. Nel 1502 il cardinal de Cisneros concepì, diresse e finanziò la "Bibbia poliglotta", opera colossale, affidata a un plotone di studiosi complutensi e salmanticensi di ebraico, greco, latino, filosofia, teologia e esegesi (vi erano anche tre ebrei convertiti, e un cretese per il greco) invitati a raccogliere tutta la tradizione filologica che si era per secoli consacrata con accanimento e passione a studiare il testo biblico. Le prime copie dei 6 volumi in-folio videro la luce tra il 1514 e il 1517, per i tipi del complutense Arnaldo Guillermo de Brocardo: si iniziò con il Nuovo Testamento, il 10 gennaio 1514 (anticipando quello di Geertsz, pubblicato nel 1516). L'edizione fu completata nel 1521. L'opera è una testimonianza di grande rilievo dal punto di vista storico e filologico: il primo volume raccoglie il Pentateuco nel testo ebraico, latino (Vulgata) e greco (Settanta). Quest'ultimo con traduzione latina sopralineare. In calce si offre il Targum, cioè l'antica versione, in gran parte interpretativa, in aramaico, secondo il testo detto di Onqelos, una traduzione 'ufficiale' del II-III secolo sorta in Palestina e codificata a Babilonia. A fianco del Targum è la versione latina; il II, III e IV volume contengono il rimanente Antico Testamento, solo in ebraico, greco e latino; il V volume è dedicato al Nuovo Testamento e contiene una appendice con i deuterocanonici antico-testamentari Siracide e Sapienza, a cui si uniscono una interpretazione dei nomi neo- testamentari e un lessico greco-latino del Nuovo Testamento; il VI volume è dedicato ai sussidi filologici: un dizionario di ebraico- latino e latino-ebraico, un dizionario etimologico dei nomi propri della Bibbia, una grammatica di ebraico. Il testo ebraico presentato dalla "Polyglotta" riflette una eccellente tradizione testuale desunta dai manoscritti biblici spagnoli. Dalla versione greca dei Settanta si ha in assoluto la prima edizione a stampa, come quella del Targum è la prima edizione cattolica. Dall'officina di de Brocardo uscirono 600 esemplari di questa Bibbia. Alla fine del XX secolo ne erano sopravvissuti un centinaio sparsi per il pianeta (spesso privi del sesto volume). Una lettera del re Filippo II (il figlio di Carlo V) informa che molte copie andarono distrutte durante un naufragio, per cui Filippo II incaricò Benito Arias Montano di approntare una nuova edizione rivista e ampliata. Nacque così la "Polyglotta di Amberes" (o "Antwerpiensia", o "Biblia Regia").


Vai a inizio pagina Teatro

Intensa l'attività teatrale, anche se sono pochi i testi più antichi rimasti. Primo autore del teatro moderno spagnolo è considerato Juan del Encina: i suoi brevi drammi in versi furono ripresi per tutto il XVI secolo. Tra i successori, Bartolomé de Torres Naharro, e Juan de la Cueva.


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La produzione narrativa esprime diversi filoni romanzeschi. Tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo sono pubblicate due opere in prosa molto interessanti: la Tragicommedia di Calisto e Melibea, o La Celestina (1499) attribuita a Fernando de Rojas; e l'Amadís de Gaula (1508, grazie alla cura di Garcia Rodríguez de Montalvo , ma ne doveva esistere una versione già nella metà del XIV secolo), modello per un numero enorme di romanzi cavallereschi.


Vai a inizio pagina Altri generi narrativi

Sotto Carlo V famoso è il frate Antonio de Guevara, autore di un romanzo-saggio storico, il "Libro aureo di Marco Aurelio".
Al romanzo pastorale appartiene La Diana (1559) di Jorge de Montemayor; è il primo esempio del genere pastorale nella produzione castigliana. L'opera, che piacque a Cervantes per la sua prosa sottilmente lavorata e che deriva in parte dall'"Arcadia" di Sannazaro, è all'origine di una serie di componimenti analoghi, culminata nell'"Astrea" di Honoré d'Urfé, influì su Sidney, Spenser fino al teatro di Shakespeare.
Al poema epico in versi appartiene La Araucana di Alonso de Ercilla, in cui si narra la lotta dei primi abitanti del Cile contro i conquistatori spagnoli. Ercilla, madrileno (1553\1594), partecipò alla conquista del Cile. Il suo poema fu pubblicato per intero, dopo edizioni parziali, nel 1590. Egli esprime ammirazione per lo sventurato popolo araucano travolto dagli spagnoli, con intensità e eleganza, descrive le meraviglie del paesaggio americano.


Nasce il romanzo picaresco con La vita di Lazarillo de Tormes (1554), con la sua impronta realistica ed emblematica, seguito da un gran numero di altri testi, tra cui, alla fine del secolo, la Vita del picaro Guzmán de Alfarache (1599) di Mateo Alemán, e La vita dello scudiero Marcos di Obregón (pubblicato nel 1618) di Vicente Espinel.


Vai a inizio pagina La cultura europea e il "nuovo mondo"

Un decreto della regina Giovanna di Spagna del 1531 proibiva l'introduzione nel continente centro e sud- americano di libri, "salvo che si riferiscano alla religione cristiana". Si tratta di un decreto indicativo della politica culturale propria degli europei nei confronti delle nuove terre: politica culturale fortemente segnata dall'ideologia cattolica, tesa a impedire qualsiasi contaminazione incontrollata all'autorità centrale. Il tentativo era di mantenere sotto controllo un territorio non facilmente controlla bile; di modellare il "nuovo mondo" secondo le forme del potere dominante. Unica forma culturale ammessa, da parte del potere, era quella della chiesa cattolica. In questo senso le "conversio ni forzate" delle popolazioni indigene e l'eliminazione delle culture locali anche e non solo perché ritenute "inferiori" in quanto non toccate dalla fede cattolica.


Vai a inizio pagina La storiografia ufficiale della conquista

Dal "nuovo mondo", man mano che inizia lo stanziamento di fun zionari, soldati, immigrati provenienti dall'europa, inizia anche una produzione di testi; produzione che dopo il momento iniziale puramente documentario, inizia a essere anche di testi letterari (anche se ancora parte del mondo culturale europeo - spagnolo e portoghese, per la precisione). Il primo documento spagnolo che ha per oggetto il "nuovo mon do" è ovviamente il diario di bordo di Cristoforo Colombo, autore anche di alcune Lettere sulla scoperta. A questi documenti possono affiancarsi le Cinque lettere di relazione (1519-1526) di Hernán Cortés, la Storia generale e naturale delle Indie (1535) di Gonzalo Fernández de Oviedo, Naufragi (1542) di Alvar Núñez Cabeza de Vaca, la Storia generale delle cose della Nuova Spagna (Historia general de las cosas de Nueva España, pubbl. 1829-1830) di Bernardino de Sahagún. Quest'ultimo, nato a Sahagún nel c.1500 (morì a Tlatelolco [Mexico] nel 1590), fu missionario in Mexico dal 1529: la sua è una accurata storia del regno azteco e della conquista spagnola. Di Gonzalo Fernández de Oviedo sappiamo che, nato a Madrid nel 1478 (morì a Santo-Domingo nel 1557), gentiluomo di corte e militare al servizio dei re cattolici, combattè per la conquista di Granada (1492). Nel 1513 si trasferì in America dove partecipò a numerose spedizioni. Fu governatore di Santo-Domingo, Cartagena e Hispaniola. Nominato da Carlo V "cronista de Indias" nel 1532, si avvalse dei ricordi personali e delle relazioni conservate nell'archivio del 'Consejo de Indias' per compilare la sua "Storia generale e naturale delle Indie": la prima parte di quest'opera fu pubblicata a Toledo nel 1536 [o 1526?], mentre la seconda e la terza furono stampate solo nel 1851-1855. Nel 1535 [o 1525?] pubblicò un "Sommario della naturale storia delle Indie" dedicato a Carlo V, che ebbe una larga diffusione. Fernández de Oviedo è un narratore accurato degli avvenimenti bellici, dei costumi degli indigeni, della flora e della fauna. Alvaro Núñez-Cabeza-de-Vaca (nato a Jérez-de-la-Frontera nel c.1495, morì a Sevilla nel 1557), al seguito di una spedizione in Florida comandata da Panfilo de Narváez nel 1527-28, fu catturato presso la foce del Mississippi dagli indigeni americani che lo tennero prigioniero per sei anni risparmiandogli la vita grazie alle sue conoscenze in campo medico. Raccontò la sua avventura in "Naufragi" (Naufragios, 1542). Integrato dai "Commentari" (Comen tarios) trascritti dal suo scrivano Pero Hernández, è uno dei testi più affascinanti della memorialistica spagnola. Dopo altre avventure in america del sud e in africa, Núñez divenne giudice presso il tribunale di Sevilla nel 1552. Si tratta di opere che mostrano un volto "ufficiale"; a queste si contrappongono altri documenti, utili per la ricostruzione di un'"altra" storia.


Vai a inizio pagina L'altra storia della conquista

L'altra faccia della medaglia della "scoperta" e cioè gli stermini attuati, è possibile ritrovarli in una serie di opere che costituiscono l'"altra storiografia" della conquista: fondamentale la testimonianza di Bartolomé de Las Casas (Brevissima relazione sulla distruzione delle Indie, 1552; Storia delle Indie), di Bernal Díaz del Castillo (Vera storia della conquista della Nuova Spagna), e dell'inca Garcilaso de la Vega "el inca" figlio di un conquistatore spagnolo e di una principessa inca, che è da considerare il primo autore ispano-americano. L'epopea della conquista non tarda a arrivare anche in letteratura e nell'espressione poetica: forse la cosa migliore scritta è il poema La Araucana di Alonso de Ercilla, che esprime la sventura del popolo araucano travolto dalle armi spagnole.


Vai a inizio pagina Fiction e poesia nel "nuevo mundo"

Missionari e colonizzatori recarono dalla Spagna il patrimonio di poesia orale popolare, che fu recepito e ricreato dagli indigeni: romances, villancicos, coplas. Di tutto questo è rimasto pochissimo. La poesia scritta ebbe un carattere colto, di gusto italiano: Francisco de Terrazas (1527\1599) iniziò il ciclo epico cortesiano, Pedro Trejo (messicano, 1534\1579), Hernan Gonzales de Eslava (1534\1601), Diego Davalos y Figueroa (Miscellanea australe, pubblicata a Lima nel 1602). Alonso de Ercilla con il suo poema epico "La Araucana" fu molto imitato: il cileno Pedro de Oña, e Martin del Barco Centenera (Argentina, 1602).


XVI secolo

[1997]


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