Fulvio Testi

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Fulvio Testi


Nato a Ferrara nel 1593 (morì a Modena nel 1646), da una ricca famiglia, visse gran parte di una travagliata esistenza al servizio dei duca Este signori di Modena. Nel 1615, probabilmente a causa del poemetto "Il pianto d'Italia" (che oggi gli studiosi attribuiscono proprio a lui) ispirato a sentimenti anti-spagnoli, fu condannato in contumacia dal duca di Ferrara, e Testi dovette ritrattare. Nel 1619 fu però nominato "virtuoso da camera" dal duca, e quindi segretario di Stato. Ambizioso e irrequieto, compì varie missioni diplomatiche. Fu tra l'altro a Roma (1633-1635) e a Madrid (1636 e 1638). Fu governatore della Garfagnana (1639- 1642). Ebbe un feudo con il titolo di conte. Nel 1646 fu accusato di tradimento e connivenza con i francesi: arrestato, fu rinchiuso nella fortezza di Modena, dove morì dopo pochi mesi non si sa se di morte naturale.
Di lui rimangono raccolte di Rime (1613 e 1617): le prime alla maniera di Marino , quelle più tardi su influsso di Chiabrera esemplate sui latini; nella seconda edizione inoltre sono inserite tutta una serie di poesie in lode di Carlo Emanuele I di Savoia e della politica antispagnola perseguita da quel prìncipe in quel momento. Le sue Poesie liriche apparvero nel 1627 (I parte), nel 1644 (II parte) e nel 1648 (III parte). Nel 1655 apparve una Raccolta generale delle poesie. Scrisse anche una tragedia, L'isola di Alcina (1636). Ricchissimo l'Epistolario, documento interessante della storia politica del secolo oltre che della sua vita. Ci restano frammenti di altre sue opere.
In Testi è una vena sentenziosa e civile, di tono aspro, polemico, a volte tragico. Testi tratta temi civili e morali, ma più con eloquenza che con forza poetica. Trattò nelle sue rime, sempre più legate alla tradizione oraziana, il disprezzo della vita servile delle corti, le virtù contemplative della vita campestre, la corruzione del secolo, la servitù della nazione italica, il suo auspicato riscatto. Si vedano le stanze dedicate a Carlo Emanuele I Savoia, conosciute con il titolo di Pianto d'Italia (1617). quando poi, nella seconda metà del XIX secolo si avvierà la riunificazione politica italica sotto le insegne sabaude, il recupero delle sue rime avvenne anche sotto il segno del precorrimento oltre che del filo-sabaudismo. Più fiacca la sua poesia amorosa che, per sfuggire agli artifici barocchisti, si riduce spesso a meccanica ripresa delle forme classiciste e petrarchesche.



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