Giuseppe Parini

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Giuseppe Parini


Nato a Bosisio [Como] nel 1729, il padre era un modesto com merciante di seta. Studiò a Milano, e nel 1754 divenne sacerdote per poter usufruire di una piccola rendita lasciatagli da un pa rente. Fu precettore per alcuni anni in casa di nobili (i Serbel- loni fino al 1762, poi gli Imbonati). Ammesso nel 1753 nell'Acca demia dei Trasformati, partecipò alla vita intellettuale della Milano illuministica. Segnalatosi al conte Firmian governatore di Milano, grazie al successo delle prime due parti del poemetto "Il giorno", ottenne la direzione della «Gazzetta di Milano» (1768), poi la cattedra di eloquenza alle Scuole palatine (1769. Esse nel 1773 divennero ginnasio di Brera), e infine la sovrintendenza delle scuole pubbliche. Nel 1796 con l'arrivo dei francesi fece parte per un po' della municipalità democratica di Milano ma re stò disgustato dal comportamento dei rivoluzionari, e fu privato di ogni incarico per le sue idee moderate. Il giorno stesso della sua morte, il 15 agosto 1799, compose un sonetto per il ritorno degli austriaci a Milano.
Parini esordì nel 1752 pubblicando sotto pseudonimo un volume di versi, Alcune poesie di Ripano Eupilino , rime di gusto arcadi co e con suggestioni cinquecentesche (Berni, i petrarchisti).
Negli anni successivi si accostò alle concezioni illuministi che. Nel "Dialogo sopra la nobiltà" (1757) affermava l'originaria uguaglianza tra gli uomini, condannava gli abusi della classe no biliare che doveva recuperare la funzione di guida laboriosa del la società civile. Seguendo gli orientamenti più diffusi dell'e stetica del tempo, cercava intanto un accordo tra le esigenze il luministiche dell'impegno sociale e il rispetto del rigore stili stico classicista: nel "Dialogo sopra la poesia" (1761) si rifa ceva al principio oraziano del "giovare dilettando", auspicava una poesia capace di eccitare alla virtù e al bene senza rinun ciare alla forma controllata e musicale. Per Parini l'elegante patrimonio di forme ereditato dai secoli non doveva essere can cellato, ma arricchito con il confronto audace con la varia real tà sociale. Di questi anni sono anche due significativi scritti polemici: il primo (1756) contro A. Bandiera che aveva sostenuto la superiorità del toscano; l'altro (1760) contro O. Branda che aveva denigrato il dialetto milanese, e a sostegno dell'uso del dialetto in poesia. Le sue idee confluiscono nelle prime Odi . Parini ne scrisse in tutto 19, nel 1757-1795. In esse è il superamento dei toni idil lici e del decorativismo arcadico, l'espressione di aspetti della vita collettiva che erano state messi a fuoco dalla pubblicistica umanistica di carattere economico-giuridico ecc. La prima di es- se, La vita rustica (1757), è una esaltazione dell'esistenza cam- pestre, contrapposta alla corruzione cittadina: vi è un modo nuo vo, tipico illuministico sensibile al fare e al progresso, di vedere la campagna come luogo di lavoro, non di sola contemplazione, oggetto naturale che l'uomo modifica e perfeziona con i pro- pri strumenti e con l'esperienza. Ne La solubrità dell'aria (1759) auspica provvedimenti che diano alla città una atmosfera più igienica. Parini esprime una esigenza di migliorie pratiche, eco coraggiosa dei dibattiti all'interno di un gruppo vivo e im pegnato. Del 1765 sono altre due odi di ispirazione sociale: L'innesto del vaiuolo in cui sostiene la necessità di divulgare l'uso della vaccinazione, e Il bisogno sull'abolizione della tor tura, e che individua nella povertà l'origine della criminalità. Del 1769 La musica in cui polemizza contro l'uso dell'evirazione dei fanciulli per farne cantanti soprani. Dello stesso impianto La impostura (1761) e La educazione (1764). In tutte queste "Odi" illuministiche Parini si mostra intellettuale attento al concre- to, cantore di una sanità che è anche compiutezza umana, fervore di attività utili, fiducia nell'incivilimento, capacità di ascol tare le voci di tutta la comunità. Diverse saranno le più tarde "Odi" neoclassiciste. Uno stesso impianto illuministico è nel Giorno . Si tratta di un poema satirico in endecasillabi sciolti. Le prime due parti furono pubblicate in vita: Il mattino (1763), Il mezzogiorno (1765). In seguito lavorò a rifinire queste parti, completò Il vespro , mentre La notte fu lasciata incompiuta: queste due ultime parti furono pubblicate nel 1801. Ne "Il mattino" e ne "Il mezzo giorno" Parini, che immagina di essere precettore di un giovane aristocratico, fa una serie di densi quadri della vita fastosa e fatua dei nobili, tra lezioni di ballo, incipriature, riti dell'abbigliarsi, pranzi, visite mondane, passeggiate in carrozza. Parini guarda con ironia o con sdegno i salotti eleganti, il lusso e gli agi, condanna recisamente quanti indegnamente frui scono di quel benessere. Le convinzioni egualitarie lo indirizza no verso una critica di questo mondo ozioso. Ma la sua è una critica non politica, ma morale: si augura in fondo che l'aristocra- zia torni degna dei privilegi di cui gode, vincendo infingardag gine e dissipazione, e assumendo un fattivo ruolo sociale. Di contro il "volgo" è possibile modello di operosità, castigatezza, virtù familiari.
Le ultime due parti del "Giorno" (Il vespro, La notte) riflettono le delusioni di Parini. Si era chiuso il periodo di slancio dell'illuminismo lombardo, quando era sembrato che gli intellet tuali potessero contribuire a una politica di riforme. La vena polemica di Parini si attenua, si avvicina alla poetica neo- classicista. Parini appare distaccato dalla propria materia, un rasserenamento che è anche il frutto di una involuzione ideologica. La sua attenzione si punta sull'interiorità, i moti nascosti della psiche. Su questa strada coglie dall'interno lo sfacelo di un intero ceto ormai prigioniero di assurde manie di grandezza, torbide fissazioni, meccanici gesti.
Anche nelle "Odi" più tardi si avverte questo mutamento. Il pericolo (1787), e Il dono (1790) si ispirano alla bellezza fem minile, inquietante nella prima, serenatrice nella seconda. Il tono è galante, di squisito omaggio mondano. Il messaggio (1793) ha toni nostalgici, soprattutto dove afferma la superiorità dell'amore sulla morte: il poeta è un vecchio che contempla la bellezza della donna. A Silvia (o: Sul vestire alla ghigliottina, 1795) afferma quanto sia necessaria in una donna la virtù della decenza in un periodo in cui licenza e crudeltà si alimentano a vicenda. E' presente in tutto il componimento l'angosciata perce zione della violenza politica del tempo, il Terrore e lo sconvol gimento delle abitudini, ma anche una cupa immagine della deca denza dei costumi della tarda società romana. L'ultima ode compo sta da Parini fu Alla Musa (1795), celebrazione della poesia edu catrice dell'uomo al culto delle cose nobili e buone, luminosa consolatrice, altissima forma di moralità.
Uno degli aspetti della produzione di Parini fu l'uso di temi spesso dimessi o "vili", situazioni riprovevoli o meschine, in un linguaggio di estrazione illustre, a volte magniloquente. Il ri sultato è l'ironia, o la nobilitazione del quotidiano. Grazie a lui si ha il risanamento di una materia verbale un po' abusata, in un difficile equilibrio tra diversi registri stilistici. Si sente l'influenza del latino, le frasi sono lontane dalla facile cadenza musicale metastasiana. Non il suono, ma le idee e i concetti premono a Parini, che si pone come rappresentante di una letteratura non evasiva, inaugurando un modo nuovo di fare poesia che influenzerà moltissimo la prima parte del secolo successivo in Italia.
La sua opera ebbe larga risonanza nei contemporanei, tra riserve (Pietro Verri) e consensi (Carlo Gozzi, Baretti). In epoca romanticistica, venuta meno l'adesione ai moduli della sua poeti ca, ci si soffermò piuttosto sul valore morale della sua figura. La critica crociana lo ha considerato come il maggior esponente dell'arcadismo.



[1997]


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