Alexis de Tocqueville, Uno Sguardo Realista e Dubbioso sulla Sicilia

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Alexis de Tocqueville, Uno Sguardo Realista e Dubbioso sulla Sicilia / di Emanuele Gentile

Extraits du Voyage en Sicile.Analisi e considerazioni

Per iniziare l’analisi degli Extraits du Voyage en Sicile è necessario puntualizzare che l’originale non è mai stato ritrovato. Infatti, quello che siamo in grado di leggere è il risultato di un lavoro di ricordi dovuto a Gustave Beaumont, M.me de Tocqueville e Louis de Kergorlay. Si trattava, mi riferisco all’originale, di un libretto di 350 pagine in 4° probabilmente tenuto presso il castello di Tocqueville. L’edizione degli Extraits du Voyage en Sicile è quella pubblicata nel 1957 da Gallimard nel tomo quinto delle Opere Complete di Tocqueville, a cura di Jean-Paul Mayer.

3.1. Extraits du Voyage en Sicile

Gustave Beaumont in premessa puntualizza: « [Le manuscrit du voyage en Sicile forme un volume petit in-4°, de 350 pages. Pour donner au lecteur une idée de ce premier essai littéraire d’Alexis de Tocqueville, nous en citons au hasard quelques fragments, extraits textuellement du manuscrit ; nous les donnons sans réflexions ni commentaires. Tocqueville était parti de Naples avec son frère Edouard dans les premiers jours de mars 1827. Pour son début en mer, il rencontra une violente tempête.[1]»

Inizio del viaggio. « […]Le vaisseau, dit-il, que nous montions, était un petit brigantin de 75 tonneaux…[2] », così inizia il racconto del viaggio in Sicilia di Tocqueville ed è un inizio inusuale e fortemente simbolico in quanto anticipa le coordinate che informeranno l’atto di scrittura del testo.

Dunque, il primo approccio con la Sicilia non è dei migliori, ma ciò che impressiona in Tocqueville è la sua scrittura asciutta, essenziale e per niente romanzata dei fatti che egli stava per vivere ed osservare.

Nous cheminons lentement, ayant devant les yeux le superbe spectacle de la baie de Naples, l’oreille frappé des derniers bruits de vie qui s’élevaient de cette populeuse cité…Il était déjà nuit, quand nous nous trouvâmes prés des rochers de Captée. Le lendemain en nous réveillant, nous avions encore en vue ces rochers escarpés…Cette île ressemble au repaire d’un oiseau de proie ; c’est la vraie demeure d’un tyran.[3]

Egli cita alcuni eventi della vita di Tiberio fra cui quello della famosa lettera indirizzata al Senato. Suggestivo l’incipit del successivo paragrafo « Vers le soir, au calme qui nous avait arrêtes succéda un vent d’ouest, et on commença a louvoyer. Le matin, les terres n’étaient plus en vue…[4] » Le annotazioni si succedono all’impronta, senza un ordine ben preciso, ma precise, scevre di qualsiasi retorica e con considerazioni molto appropriate. Il viaggio prosegue con condizioni climatiche sempre più proibitive

Quelque éclair illuminait un moment l’étendue…Les vagues bouillonnaient autour de nous…Je me rappellerai toute ma vie l’impression profonde que j’éprouvai, lorsque, dans un moment de calme, j’entendis un certain nombre de voix sourdes répéter les répons d’un psaume…Déjà l’orage était presque sur nos têtes. Plusieurs fois nous avions vu le tonnerre tomber dans la mer assez prés de nous ; a chaque instant nous craignons de sombres.[5]

La situazione stava per volgere al peggio quando un’ondata anomala attraversò lo scafo, ma questo allarme dura qualche instante. Annota Tocqueville « La nuit parut sans doute longue à tous.[6] » Le condizioni atmosferiche sembrano non volgere al meglio in quanto sia l’equipaggio che le altre persone a bordo notano un vento minaccioso che sta spingendo verso la nave un ammasso nuvoloso carico di pioggia e soprattutto di nuovi temporali. « Je me cherchai alors à découvrir ce qui frappait ainsi dans le lointain  la vue de l’équipage; enfin a travers le brouillard, je vis s’élever les formes vagues de hautes montagnes, qui, courant du nord au midi, nous barraient notre chemin, tandis que l’orage qui commençait, et la mer dont la fureur augmentait de moment en moment, nous poussaient de ce coté.[7] » Tocqueville considera il fatto che se durante la notte l’equipaggio si era dimostrato tranquillo affermando « E niente, signori, una burrasca : ce n’est rien, Messieurs[8] », questa volta appare sensibilmente allarmato a tal punto che « Dans cet instant, un matelot vint faire une quête pour les âmes du purgatoire[9] »! Illuminante la sua considerazione secondo la quale « Nous nous rappelâmes alors la région dans la quelle nous étions nés et vers la quelle on avait dirigé nos premières pensées; nous fîmes une courte prière et puis nous nous assîmes a la porte de la cabine.[10] »

Tocqueville ammette che fosse giunto il momento di presentarsi davanti al Giudice dell’eterno e che le vicende o fatti intrapresi fino a quel momento assumevano tonalità infime, mentre prima potevano apparire gigantesche.

Je regrettai alors amèrement de n’avoir pas en ma puissance une de ces consciences préparées a tout évènement; je sentais que ce secours eut mieux valu que le courage humain contre un danger avec le quel on ne pouvait se débattre, et au-devant duquel on ne pouvait marcher.[11]

Uno scontro fra un modo cristiano di affrontare il pericolo della vita ed un altro non comprendente nessun richiamo religioso? Questo passaggio, pur se breve, è illuminante della complessa personalità di Tocqueville che affida sempre al dubbio e al realismo le modalità di conoscenza del proprio essere e della realtà che lo circonda.

Già da questo incipit Tocqueville si dimostra viaggiatore diverso dagli altri che lo hanno preceduto o coevi a lui. Invece, di dilungarsi sulle solite annotazioni di carattere paesaggistico e monumentale, come spesso succedeva, preferisce caratterizzare l’inizio della sua narrazione con appunti semplici, reali e che ci fanno capire la grandezza del personaggio Tocqueville.

L’arrivo. « Le nuage fondit sur nous avec une grande impétuosité; cependant les vagues devinrent d’une grosseur énorme, un peu de minutes nous vîmes passer devant nous plusieurs îles. J’appris alors que l’orage nous avait jetés pendant la nuit a quarante lieues de notre route, au milieu de l’Archipel de Lipari…[12] » Era arrivato in Sicilia e da quanto si può capire egli voleva approdare a Palermo da dove avrebbe iniziato il suo Grand Tour della nostra terra, ma il suo punto di primo contatto con la Sicilia fu il piccolo porto di Olivieri posto sulla costa settentrionale. Infatti, « [Le vaisseau qui était frété pour Palerme n’y peut arriver à cause des vents contraires; mais on parvient enfin en vue d’un petit port, celui d’Olivieri.]…On peut croire que nous avions une terrible impatience de quitter cette misérable maison de bois où nous avions passé de si tristes heures[13] », ma si dovevano attendere i doganieri per poter scendere finalmente a terra e gustare la Sicilia. Era così tanta la voglia di cominciare la visita che al momento del via libera da parte della dogana borbonica, Tocqueville può scrivere « Enfin, Sicile, nous te tenons.[14] » Era il 12 marzo del 1826.

Questa impazienza è delineata nel paragrafo « Nous nous mimes aussitôt à parcourir la terre qui était devant nous. Jamais coup d’œil plus délicieux ne s’offrit à des pauvres gens qui croyaient encore sentir sous leurs pas le pont tremblant d’un vaisseau…[15] » Tocqueville apprezza subito la contiguità prati verdi con il mare e la mitezza del clima. Quanta differenza con il resto d’Italia ancora immerso nell’inverno! Descrive sommariamente le caratteristiche del posto appuntando la sua attenzione sulle rovine di un castello. « …Là nous commençons à apprendre que ce n’est ni la beauté, ni la richesse naturelle d’un pays qui fait le bien-être de ses habitants. La première chose qui nous frappe, c’est l’absence absolue de vitres. Ceci est sans exception.[16] » Foriera di un dibattito ampio questa affermazione di Tocqueville… Infatti, secondo il pensatore francese sono le infrastrutture create dall’uomo a produrre benessere, la natura in sé non è un bene capace di generare un buon vivere se non è organizzata e programmata. Il 13 marzo inizia il viaggio con una descrizione della carovana che lo accompagnerà fino a Palermo. Gustoso il quadretto riguardante i tre giovani il cui compito era di accelerare il passo degli asini. Spesso condiscono i loro discorsi con l’espressione « Kasso![17] »

Anche in questi brevi passaggi si nota la particolarità del Tocqueville che intende informare le sue note di viaggio a impressioni capaci di trasmettere la sua partecipazione emotiva. Decisamente originale la contrapposizione fra le condizioni economiche delle popolazioni e la natura. Gustosa l’annotazione sull’espressione gergale utilizzata dagli accompagnatori autoctoni.

Palermo. Dopo aver costeggiato la costa Nord della Sicilia, Tocqueville entra, finalmente in E’ la volta di Palermo.

[La caravane parcourt ainsi une partie de l’île et arrive à Palerme.]…La première chose qu’on aperçoit en approchant de la ville est le mont Pellegrino dont la masse carrée et isolée abrite Palerme des vents du nord-ouest, et rend le sirocco plus terrible. Il y a quinze ans, le peuple croyait, dit-on, que si Napoléon se rendait maître de la Sicile, il ferait jeter cette montagne dans la mer. Rien au monde ne peint mieux peut-être, l’espèce de pouvoir surnaturel que cet homme avait su acquérir sur l’esprit de ses contemporains…Le 17 mars, nous quittons Palerme[…][18]

Si tratta di un brano magistrale in quanto con poche frasi riesce a trasmettere molto. Prima di tutto, individua nel monte Pellegrino il simbolo di Palermo, in secondo luogo capisce subito che il caratterizzante climatico in Sicilia è lo scirocco, ed infine manifesta la sua avversione verso le figure carismatiche mediante l’utilizzo di una diceria popolare siciliana su Napoleone. Circa la sua permanenza in Palermo non sappiamo nulla.

Segesta. Con Segesta inizia la parte del viaggi odedicata alla visita della Sicilia interiore.

Après avoir marché deux heures dans ces solitudes, le guide nous fit signe de regarder quelque chose qui s’élevait au loin sur une colline. Nous fumes remplis d’étonnement en y apercevant debout et isolé un temple grec dans la plus entière conservation. Là était Ségeste. Quelques habitués que nous fussions, depuis notre entrée en Italie, à contempler des ruines de tous les temps et de toutes les formes, et à concevoir par un terrible exemple la fragilité de choses humaines, il ne nous était pas encore arrivé de rencontrer ainsi tout à coup au milieu d’un désert le cadavre d’une grande cité.[19]

La sorpresa è enorme in quanto Tocqueville sente di essere già entrato nel centro della civiltà siciliana e di vivere per un momento in pieno periodo classico. Per il pensatore francese è una rivelazione, un piacere immenso ammirare quelle rovine intatte. Sviluppa così un’analisi del territorio e, al tempo stesso, alcune riflessioni sulla classicità. Purtroppo di lì a poco avrebbe iniziato a conoscere la Sicilia contemporanea, una Sicilia per nulla classica e che denota tutta la sua arretratezza.

Realtà economica del centro della Sicilia. Avere la possibilità di percorrere la Sicilia meno oleografica e nota, da l’occasione a Tocqueville per riflettere amaramente sulla nostra terra.

[…] On peut dire avec vérité, quoique cela paraisse difficile à croire au premier abord, qu’il n’y a pas de villages en Sicile, mais seulement des villes et même en assez grand nombre. On est fort surpris, après avoir traversé une solitude presque complète pendant huit ou dix lieues, d’entrer tout d’un coup dans une ville de vingt mille âmes, qu’aucune grande route, qu’aucun bruit extérieur ne vous annonce de loin. C’est là que s’est retiré le peu d’industrie et de bien-être, comme la chaleur dans un corps paralytique se retire peu a peu vers le cœur. Il n’est pas impossible de donner une cause a ce singulier état de choses. Les seuls grands propriétaires fonciers de la Sicile sont les nobles et surtout les communautés ; ces deux classes d’hommes sont bien éloignées de toute idée d’amélioration et sont habituées depuis longtemps au chiffre de revenus qu’ils doivent avoir.[20]

Si tratta di una critica fortissima alla situazione economica della Sicilia, terra ritenuta da Tocqueville abulica dal punto di vista economico. I colpevoli di questa situazione sono i nobili e le comunità che hanno una propensione naturale al vivere di rendita e che non fanno nulla per migliorare la condizione delle terre e delle comunità cittadine. Anzi, i nobili sono così disinteressati da non visitare mai i loro possedimenti terrieri! Tocqueville indica, anche, negli ordini monacansi una delle cause della povertà della Sicilia in quanto pensano solo ad approfittare della situazione senza produrre. Ciò causa, altresì, un sensibile quanto drammatico spopolamento delle campagne in quanto bastano poche persone per coltivare la terra.

Tocqueville termina questa parte dei suoi Extraits du Voyage en Sicile con parole piuttosto forti e decise. « Celui qui visiterait par mer les cotes de la Sicile pourrait facilement la croire riche et florissante, tandis qu’il n’est pas de pays plus misérable au monde; il la jugerait peuplée, tandis que ses campagnes sont désertes et resteront telles jusqu’a ce que le morcellement des propriétés et l’écoulement des produits donnent au peuple un intérêt suffisant pour y rentrer…[21] » Proprio questo paragrafo dedicato alla realtà economica del centro della Sicilia rende questi Extraits du Voyage en Sicile un caso realmente a parte nell’immensa produzione letteraria che ha come argomento centrale il racconto di un’esperienza di viaggio. L’assoluta originalità risiede nell’indole poco incline di Tocqueville ad accontentarsi di una lettura esteriore della realtà.

Agrigento. Prossima tappa è la città di Girgenti, o Agrigento. La prima cosa che nota è lo straordinario sviluppo della cinta muraria e come su di essa siano poste le vestigia appartenenti al periodo classico della città.

Nous vîmes d’abord le temple de Junon Lucine dont plusieurs colonnes et la frise sont abattues. Nous passâmes ensuite au temple de la Concorde. Celui-ci est ce que j’ai jamais rencontré de plus extraordinaire pour la conservation. Rien n’y manque…et nous le voyons plus beau, sans doute, que ceux qui le bâtirent il y a deux mille cinq ans à peu prés. Ces temples ressemblent absolument à celui de Ségeste, sinon qu’ils sont plus petits ; c’est le même module de colonnes, la même simplicité de lignes, la même disposition dans les accessoires.[22]

Notate come Tocqueville riesca ad esprimere concetti complessi utilizzando una scrittura straordinariamente concisa, organizzata e capace di essere il motivo di incipit per ulteriori riflessioni. Dello stesso livello le sue osservazioni sui tipi dell’arte greca che partendo da una somiglianza di contenuti riesce a fornire esempi così diversi fra loro. Termina la sua visita ad Agrigento con alcune postille riguardanti il tempio di Giove Olimpo e sull’arte classica, intesa qui come arte greca e arte romana. Infatti, « En général, les Grecs et même les Romains, qui avaient tant de grand dans le génie et dans la manière de traiter les choses de ce monde, n’ont jamais donné dans le goût du gigantesque en fait d’arts. Ils jugeaient avec raison qu’il est plus difficile de faire trés-beau que faire trés-grand et presque impossible de faire tout à la fois trés-beau et trés-grand…[23] ».

Catania e l’Etna. Prossima tappa Catania, « [Nos voyageurs se rendant de Girgenti à Catane, en traversant la fertile plaine des Lestrigons].[24] » Appena arrivato a Catania vuole subito partire per Nicolosi al fine di poter visitare l’Etna. L’ora di partenza è fissata alle quattro di pomeriggio. Tocqueville sviluppa tutta una serie di interessanti riflessioni sull’Etna che considera quasi un mondo a sé.

Prima osservazione il passaggio tra zone coltivate ad altre dove regna suprema la lava che non si è ancora trasformata in terreno fertile per attività agricole. Continuano le osservazione…

Ce sont des verges continuels entremêles de cabanes et de jolis villages; ici aucune place perdue: partout un air de prospérité et d’abondance. Je remarquai dans la plupart des champs du blé, de la vigne et des arbres fruitiers crossant et prospérant ensemble.[25]

  Tocqueville è letteralmente affascinato dall’Etna. Vi nota una ricchezza che non ha riscontro nel resto del territorio siciliano. Questa ricchezza è dovuta, secondo il visitatore francese, a due motivazioni di fondo. Il vulcano si trova a metà strada fra Catania e Messina, quindi si trova al centro di un vasto comprensorio che acquista merci e dove ferve un’intensa attività imprenditoriale. In seguito, in questo comprensorio la gente ha conquistato le terre costringendo alla fuga i nobili e i monaci, che secondo Tocqueville sono i veri responsabili della povertà in Sicilia. Si pone una questione.

Mais maintenant d’où vient que ce morcellement extrême des propriétés, que tant de gens sensés considèrent en France comme un mal, doive être regardé comme un bien et un grand bien en Sicile? Il est facile de le concevoir et on pourra ajouter cet exemple a tant d’autres qui prouvent qu’il n’y a point de principes absolus sous le soleil.[26]

Proprio questa frase dimostra la grandezza del pensatore che guarda alla realtà non secondo schemi precostituiti, ma mediante un moto di vera adesione e comprensione alla realtà. Infatti, nel proseguo suggerisce che in Sicilia la piccola proprietà va tutelata, mentre, per ragioni ovviamente differenti, in Inghilterra dovrebbe essere agevolata solo quella di ampie dimensioni.

Alle undici di sera arrivano a Nicolosi e si precipita a contattare chi lo ospiterà in modo che gli prepari per la notte. « Notre premier soin dés que nous fumes dehors fut d’examiner l’état du ciel. Nous reconnûmes avec une grande joie que le vent était tombé et qu’on apercevait les étoiles ; la lune seule nous manquait complètement. Une obscurité profonde nous environnait.[27] » Come sempre Tocqueville sviluppa delle osservazioni accurate del territorio che visita secondo modalità estremamente semplici e piene di interesse. Il pensatore transalpino brucia di desiderio di visitare l’Etna e si addentra in mezzo a foreste antichissime. Il contrasto fra il lume e le foglie da una connotazione del tutto romantica e magica del posto.

Enfin nous parvînmes au pied du dernier cône de l’Etna. Nous en apercevions les moindres détails, et déjà nous croyons toucher au cratère. Nous nous abusions en cela, comme on va voir. Il faut encore une heure pour parvenir à ce point que nous pensions si prés de nous, et une heure de la marche la plus fatigante que j’aie jamais faite de ma vie. On grimpe d’abord l’espace de vingt minutes environ sur une pente de glace couverte d’aspérités très pointues et très glissantes, et où il est difficile d’appuyer le pied[…][28]

Si nota che per Tocqueville la visita dell’Etna è un qualcosa che lo appassiona e ciò lo si denota dall’estrema perizia con cui descrive il paesaggio e dagli abbondanti dettagli forniti. Infatti, mentre aveva mal sopportato l’ascensione al Vesuvio, « Mais ici c’était bien autre chose: à la difficulté d’avancer sur un pareil chemin se mêlait celle de respirer à une semblable hauteur; et ces deux inconvénients s’augmentaient l’un par l’autre…L’air était rare et cependant point léger.[29] » Annota che la zona apicale del vulcano è costantemente occupata da miasmi sulfurei che impedivano di procedere velocemente tanto da obbligare a soste ogni dieci o quindici passi. Anche il cuore cominciava a battere in maniera inusuale. « Ma tête était serre comme si on l’eut renfermée dans une calotte de fer. Edouard m’avoua qu’il n’était pas sur d’arriver au haut.[30] » Per inciso è l’unica occasione ove Tocqueville nomina il fratello.

Tocqueville sembra rinascere sulle pendici dell’Etna dilungandosi in continue annotazioni e descrizioni. Annota, ad esempio, che nonostante ci siano nuvole il sole splenda come non mai riflettendo sul mare bagliori rossastri e violacei. In lontananza si intravedono le montagne della Calabria.

Ce spectacle nous rendit la force dont nous commencions a manquer. Nous fîmes des efforts extraordinaires et un peu d’instants nous parvînmes sur les bords du cratère. Nous n’y jetâmes les yeux qu’avec une sorte d’effroi… Une fumée blanche comme la neige tourbillonnait et s’agitait avec bruit dans la profondeur qu’elle nous cachait ; elle montait jusqu’au bord de l’énorme coupe, et puis s’arrêtait, redescendait, remontait encore ; il ne s’en échappait qu’une petite quantité, mais c’était assez pour former un nuage qui occupait une partie du ciel, et au milieu duquel nous nous trouvions souvent malgré nous. A peine le soleil s’était-il élevé au-dessus des flots de la mer que nous l’avions vu s’énforcer dans une ligne de nuages. Bientôt il en sortit étincelant…[31]

Annota che l’ombra dell’Etna si protenda fino a Trapani e che questa ombra non sia immobile. Usa il termine « raboteuse[32] » per definire la Sicilia. La Sicilia si riconosce da alcuni piccoli particolari: una linea blu fra le colline è un fiume, una piccola placca bianca un lago e qualche cosa che brillava al Sole una città. Tocqueville si distacca proprio in questo dagli altri viaggiatori poiché invece di parlare di monumenti o di inventare (quanti viaggiatori hanno parlato della Sicilia senza conoscerla!), egli preferisce prima descrivere per poi discutere su quanto osservato.

[…] La voilà donc enfin, nous disions-nous, cette Sicile, le but de notre voyage, le sujet de nos entretiens depuis tant de mois, la voilà tout entière sous nos pieds. En tournant sur nous-mêmes nous pouvons la parcourir en un instant…Nous venions d’Italie ; nous avions foulé la cendre des plus grands hommes qui furent jamais et respiré la poussière de leurs monuments…tous les objets que nous apercevions, toutes les idées qui venaient s’offrir en foule a notre esprit, nous reportaient aux temps primitifs. Nous touchions aux premiers ages du monde, à ces ages de simplicité et d’innocence où les hommes n’étaient point encore attristés par le souvenir du passé…C’est ici la patrie des divinités de la mythologie grecque. Près de ces lieux, Pluton… Ceres… Apollon… Galatée… Acis…lac d’Hercule et les rochers des Cyclopes… Terre des dieux et des héros ! Pauvre Sicile !  que sont devenus tes brillant chimères ?[33]

Tocqueville s’interroga sul senso del suo viaggio in Sicilia che per lui significa ritornare all’età dell’oro tratteggiata da certa letteratura arcadica e illuminista nel corso del Seicento e Settecento. La Sicilia sembra proprio la manifestazione nel presente di questa mitica età con la sua natura sfavillante e un corredo di luoghi collegati all’Olimpo della classicità greca. L’espressione finale, al contrario, è una sofferta constatazione sullo stato miserevole della Sicilia contemporanea, vieppiù in rapporto a cotanta storia e civiltà passata!

La Sicilia è decisamente entrata nel cuore e nell’immaginario di questo austero giovane francese che è pervaso da una sete di conoscenza tesa non a un sapere nozionistico, ma ad avere certe ed appropriate chiavi di lettura della realtà. Come non rimanere affascinati dalla descrizione dell’Etna ove esigenze personali si fondono mirabilmente con descrizioni paesaggistiche, storiche ed economiche?

Lipari e Stromboli.

Tocqueville ritorna da dove aveva iniziato il suo viaggio, ossia sul versante tirrenico della provincia di Messina.

[Quelques jours après, Tocqueville quittait la Sicile pour aller visiter les îles de Lipari et surtout le volcan de Stromboli…il est retenu à Stromboli par un vent contraire. Cet obstacle dure plusieurs jours…Il y avait, [dit-il], dans notre position sur ce rocher brûlant au milieu de la mer[…][34]

Inizia l’ultima parte del suo viaggio in Sicilia… Questo soggiorno a Lipari e Stromboli pone Tocqueville in condizioni psicologiche non favorevoli.

Il y avait, [dit-il], dans notre position sur ce rocher au milieu de la mer, et séparé du monde entier, une idée d’abandon et d’isolement qui, pesant de tout son poids sur notre imagination, l’oppressait…Un jour, j’étais assis dans le sable, la tête sur mes mains, les yeux dirigés vers la pleine mer, tournant et retournant à plaisir les plus tristes pensées. Je voyais une barque s’avancer depuis longtemps ; elle m’importunait parce qu’elle était remplie de gens qui chantaient à haute voix en s’approchant.[35]

L’osservazione solitaria della natura nelle sue forme più dure e ostili porta l’uomo a delle considerazioni di disagio e preoccupazione. Forse in questo c’è davvero un retaggio della cultura romantica inglese? Di seguito descrive meglio la scena della famigliola, ma è la scena riguardante la deposizione del pesce a rendere ancora più amara questa sua esperienza eoliana.

Infatti, termina « Jamais de ma vie, comme dans ce moment, je n’ai compris l’horreur de l’exil et la realitè de ces instincts de la patrie qui vous ramènent de si loin vers elle en dépit de tous les obstacles et tous les dangers.[36] » All’improvviso sorge in Tocqueville un desiderio di ritornare in Francia, nella sua patria. Alcune parole lo confermano…

On ne conçoit pas plus le bien-être de la patrie, quand on vit dans son sein, qu’on ne conçoit le bonheur quand on l’éprouve. Mais éloignez-vous ou soyez malheureux, et puis laissez faire le souvenir. Vous apprendrez alors à apprécier les choses à leur juste valeur ; ou plutôt vous n’apprendrez rien, car toutes ces choses ne sont si belles parce qu’elles n’existent plus pour vous.[37]

Continua rimarcando che questo amore di patria si rafforza quando si vive per certi momenti all’estero e che l’abitudine da una forte impronta allo spirito dell’uomo. Anche qui un richiamo alla sua formazione prettamente anglosassone (leggasi David Hume). Originale l’accostamento fra studio e prigione. « De plus la vie civile est si occupée qu’il y une foule d’études qu’on peut vraiment faire qu’en prison…[38] » Tocqueville ne da una spiegazione.

Le séjour de Stromboli me donna l’explication de ce phénomène, et me prouva que je me trompais. Quoique le temps fut notre plus grand ennemi, nous ne pûmes jamais nous déterminer a le combattre par l’occupation. En effet, dans le tableau séduisant que je m’étais formé de la prison, je n’avais pas mis en ligne de compte la préoccupation de l’avenir, la longueur indéfinie du présent, et surtout le manque d’intérêt positif…Bêche ou pioche.[39]

In questa breve espressione egli sintetizza tutto il travaglio spirituale occorso durante la visita a Stromboli con divagazioni sulla lentezza del tempo e la noia. Ancora qui la cultura romantica ed esistenzialista che fa capolino con toni decisamente alla Leopardi.

Don Ambrosio e Don Carlo. Questa esperienza stromboliana porta Tocqueville ad immaginare un dialogo fra Don Ambrosio, in rappresentanza della Sicilia, e Don Carlo, un napoletano.

[…] En un certain endroit de son récit, Tocqueville imagine de mettre en scène deux personnages plus ou moins imaginaires, un Sicilien (Don Ambrosio) et un Napolitain (don Carlo), dont il fait le portrait et raconte la conversation, et dans le dialogue desquels on peut apercevoir le résumé de ses propres impressions sur Naples et la Sicile][40] 

E’ una conversazione forte e drammatica ove la contrapposizione Sicilia e Napoli si gioca sull’alito di libertà da parte della nostra terra. Tocqueville inizia con la descrizione dei i due contendenti.

[…] Ils étaient tous deux dans la force de l’age, mais, du reste, ils différaient tellement entre eux, qu’on eut pu croire que l’Océan les avait vus naître sur deux rivages opposés. Ce qu’on apercevait tout d’abord dans le premier (don Ambrosio) donnait sur-le-champ l’idée d’une nature dégradée. On y voyait un tel mélange de force et de faiblesse, que le cœur était pénétré de pitié à sa vue…à la vivacité de son regard, à l’esprit qui y brillait de temps à autre…Je doute que la physionomie de cet homme eut exprimé la bonté, dans quelque temps que le ciel l’eut fait naître[…][41]

Notate la maestria dell’autore nella delineazione del profilo psicologico di don Ambrosio. Poche pennellate, ma piene ed esaustive. Si continua, « …Au milieu de la dégradation du premier, quelque chose de la dignité naturelle à l’homme restait debout. Cette dignité manquait absolument au second ; son regard exprimait en même temps la présomption et la faiblesse. En un mot, c’était un enfant, mais un enfant dépravé.[42] » Notare la maestria come pone in essere le differenze fra i due e nel proseguo darà la tonalità degli aspetti che legano i due don.

Un point de rapport existait cependant entre ces deux hommes; tous deux semblaient avoir fait de la duplicité une longue habitude; mais chez le premier, c’était plutôt encore un fruit amer de la nécessité et de la servitude; on pouvait croire que le second ne trompait que parce que la fourberie était le moyen le plus court et le plus commode d’arriver au but. Ces deux hommes si différents n’en étaient pas moins nés sous le même ciel, sujets du même monarque, soumis aux mêmes lois.[43]

Due annotazioni. Sembra rileggere Pirandello sulla duplicità dell’animo umano, o per meglio dire, sulle differenti facce che gli uomini hanno a disposizioni in base agli eventi. Inoltre, la forze delle leggi che sono le uniche capaci a far ragionare gli uomini. Iniziano a parlare…

Le Napolitain (don Carlo) prit la parole: Qu’est-ce ceci, don Ambrosio? Dit-il à son compagnon d’un ton railleur; ou je me trompe fort, ou il me semble que nous allons entrer sur un chemin battu. Si cette vaste plaine n’était point inculte, on pourrait presque commencer à se croire dans un pays civilisé.[44]

 Il siciliano non risponde e don Carlo continua « Avouez qu’il faut, comme moi, être bien pressé par la nécessité ou tourmenté comme ces étrangers par le démon des voyages pour abandonner le délicieux rivage de Naples, et venir se perdre ainsi dans vos déserts…[45] » Un affondo particolarmente virulento da parte del napoletano. Un’accusa infamante. Infatti, don Ambrosio risponde che la Sicilia non è stata sempre così, della gloria imperitura delle sue città.

Alors les Siciliens marchaient à la tête de la race humaine, nos vaisseaux couvraient jusqu’aux rivages de l’Océan. Nos arts, notre imagination et nos mœurs civilisaient nos voisins ; la fertilité de nos champs et le courage de nos soldats étaient célèbres dans tout l’univers ; l’or coulait à grands flots dans nos heureuses cités[…][46]

Don Ambrosio rivendica, così, la nobiltà della sua Sicilia e la forza della sua storia per far capire all’altro che la nostra terra è stata una vera e propria Mater Tellus.

La tensione è palpabile…« Oui, il y avait quelque chose de vrai dans tout cela du temps de Denis le Tyran, répliqua son compagnon…Mais pourquoi faire tant de bruit d’avantages que vous n’avez plus…Il y a deux ou trois mille ans en effet, vos campagnes étaient florissantes, mais elles sont aujourd’hui désertes et inhabitées…Enfin vous n’avez plus de soldats; trop heureux si vous trouviez assez de bras pour cultiver vos champs![47] » Il napoletano declinando le passate glorie della Sicilia esacerba don Ambrosio la cui rabbia esplode proprio in occasione delle ultime parole di don Carlo.

Il est trop dur, s’écria-t-il, de voir les auteurs de nos derniers désastres a se glorifier à notre face du fruit de leurs abominables travaux…Et c’est vous qui venez aujourd’hui jouer avec nos ruines, plaisanter au milieu d’un désert que vous avez fait, et insulter à une misère qui est votre outrage!!…Depuis que la Sicile est tombée sous votre puissance.[48]

Il siciliano presenta il conto a don Carlo, ossia tutti gli atti di brutale dominio borbonico che hanno di fatto reso la Sicilia, un tempo faro di civiltà, un deserto. Il napoletano tenta di replicare a suo turno.

N’étes-vous pas vous-même, répliqua vivement le Napolitain, vos plus cruels oppresseurs? Jamais tyrannie, en admettant qu’elle existe, trouva-t-elle sous sa main de plus vils instruments ? Sont-ce des Napolitains qui remplissent chez vous les fonctions publiques ? Non, on n’y voit que des Siciliens. Ce sont des Siciliens, des Siciliens seuls qui se chargent du joug de Naples…Si nous avons voulu vous dépraver, certes vous avez comblé nos espérances…Notre noblesse a dépassé ses maîtres ![49]

Al che risponde il siciliano affermando che la nobiltà siciliana non è più siciliana in quanto l’avete plagiata rendendola napoletana. « Là vous lui avez fait perdre son énergie primitive et son caractère national, vous l’avez plongée dans les délices, vous avez abâtardi son cœur en substituant l’ambition de cour au désir de l’illustration, et le pouvoir de la faveur à celui du mérite et du courage…[50] » Don Carlo a questo punto sembra essere realmente colpito dalla fiera replica del siciliano e intende parare il durissimo colpo inferto.

Il l’interrompit: Eh bien, s’écria-t-il, en riant amèrement, puisque notre joug est si pesant pour vous, que tardez-vous à le briser ?…Vous ne croirez jamais que l’oppression soit à son comble, et, jusqu’à vos derniers neveux, vous remettrez la vengeance au lendemain…Rappelez votre mémoire…souvenez-vous de 1820. Où sont vos vaisseaux, vos soldats ? Votre jeunesse hait le métier des armes. On ne voit point de Siciliens dans notre armée[…][51]

Il siciliano risponde a don Carlo riconoscendo che il popolo siciliano ha dato esempi di servilismo, anche se nel fondo dell’animo rimane un’isola di fermezza di spirito e orgoglio. « L’énergie de notre caractère nationale n’est point éteinte; elle vit en germe dans toutes les âmes, et elle seule pourrait nous relever de notre bassesse et nous rendre nos antiques vertus[52] » La disamina di don Ambrosio è lunga e puntuale.

Un temps viendra peut-être où les intérêts politiques se croissant de nouveau en Europe, les rois ne se croiront plus obligés à se souvenir mutuellement. Un jour la France et l’Angleterre nous tendront une main secourable et nous ouvriront leurs les bras. Nous vous flattons, Napolitains !…mais alors vous trouverez point isolés parmi nous ![53] 

Il solito desiderio dei siciliani di essere aiutati dagli altri ad essere protagonisti del proprio futuro? Inoltre, l’estrema umanità del siciliano nei confronti del napoletano in rapporto all’ultima parte della frase.

Un silence profond suivit ces derniers mots. L’audace qui animait un moment avant le regard de don Carlo avait disparu. Il traversa le chemin, s’approcha au Sicilien et lui dit quelques mots a demi voix et d’un air caressant. A cet aspect, celui-.ci fut pénétré de surprise. Mais bientôt mesurant l’imprudence de ses discours à l’effet qu’ils produisaient sur son compagnon, il parut effrayé à son tour. Nous le vîmes sourire d’un air forcé, et tourner en plaisanterie ce qui venait de lui échapper. Ainsi ces deux hommes divisés par tant de passions ennemies se réunissaient en un sentiment commun : la peur.[54]

Raymond Aron avrebbe usato un’altra parola : la morte. Il possibile soffrire spinge gli uomini, ogni tanto, ad accomunare i propri destini e a trovare nuove strade per assicurarsi una convivenza se non ottimale, almeno la meno dura possibile.

Chiusura. La narrazione volge, oramai, al termine e Tocqueville in pochissime parole esprime il senso del suo viaggio e del perché abbia deciso di redigere gli Extraits du Voyage en Sicile.

On s’étonnera peut-être,…, que nous ayons pu supporter aussi longtemps une pareille manière de vivre, agissant beaucoup, dormant peu et ne prenant jamais un vrai repos. La seule explication que je puisse donner de ce phénomène est celle-ci : nous le voulions, non pas à peu prés et de la manière dont on veut, par exemple, en général, le bien du prochain, ma fermement et résolument. Le but, il est vrai, ne répondait pas à l’effort, et c’était, de notre part, du luxe de force et de ténacité. Mais si ce but était futile, nous y marchions comme s’il ne l’eut pas été et nous arrivions. Pour moi, et c’est ainsi que je veux finir ce journal, je ne demande à Dieu qu’une grâce : qu’il m’accorde de me retrouver un jour voulant de la même manière une chose qu’en vaille la peine.[55]

Sono parole semplici, accorate, espresse da un uomo capace di leggere oltre la realtà effettuale delle cose. Un pensatore, forse angosciato in qualche occasione, che riesce a presentare le sue idee con modernità di linguaggio ed offrendo al lettore delle chiavi di lettura.



[1] Alexis de Toqueville, Voyage en Sicile et aux États-Unis, in Œuvres Completes, tomo V, vol. 1, Paris, Gallimard, 1957, pag. 37

[2] ibidem pag. 37

[3] ibidem pag. 37

[4] ibidem pag. 38

[5] ibidem pag. 38

[6] ibidem pag. 39

[7] ibidem pag. 39

[8] ibidem pag. 39

[9] ibidem pag. 40

[10] ibidem pag. 40

[11] ibidem pag. 40

[12] ibidem pag. 40

[13] ibidem pag. 40

[14] ibidem pag. 41

[15] ibidem pag. 41

[16] ibidem pag. 41

[17] ibidem pag. 41

[18] ibidem pag. 42

[19] ibidem pag. 42

[20] ibidem pag. 42-43

[21] ibidem pag. 43

[22] ibidem pag. 43

[23] ibidem pag. 44

[24] ibidem pag. 44

[25] ibidem pag. 44

[26] ibidem pag. 44-45

[27] ibidem pag. 45

[28] ibidem pag. 45-46

[29] ibidem pag. 46

[30] ibidem pag. 46

[31] ibidem pag. 46-47

[32] ibidem pag. 47

[33] ibidem pag. 47-48

[34] ibidem pag. 48

[35] ibidem pag. 48

[36] ibidem pag. 49

[37] ibidem pag. 49

[38] ibidem pag. 49

[39] ibidem pag. 49-50

[40] ibidem pag. 50

[41] ibidem pag. 50

[42] ibidem pag. 51

[43] ibidem pag. 51

[44] ibidem pag. 51

[45] ibidem pag. 51

[46] ibidem pag. 51

[47] ibidem pag. 52

[48] ibidem pag. 52

[49] ibidem pag. 52-53

[50] ibidem pag. 53

[51] ibidem pag. 53

[52] ibidem pag. 53

[53] ibidem pag. 54

[54] ibidem pag. 54

[55] ibidem pag. 54

 

 

Contesto

Alexis de Tocqueville: scheda autore

Alexis de Tocqueville, Uno Sguardo Realista e Dubbioso sulla Sicilia, di Emanuele Gentile




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