La produzione saggistica di Dante Alighieri

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La produzione saggistica di Dante Alighieri

Il Convivio (1304-7) è un'opera in volgare di divulgazione dottrinaria.
Avrebbe dovuto essere composta di 15 trattati: una introduzione e altri di commento ad altrettante canzoni composte prima dell'esilio. Ne scrisse solo i primi quattro. Oltre all'introduzione, sono i commenti alle canzoni Voi che 'ntendendo il terzo ciel movete, Amor che ne la mente mi ragiona, Le dolci rime d'amor ch'i' solì a. Vi si tratta delle gerarchie angeliche, dei rami della scienza e della filosofia vie alla realizzazione dell'uomo e perciò della sua felicità, della nobiltà come conquista intellettuale e morale del singolo individuo. Scopo del libro è difendersi dalle accuse accompagnate alla condanna: Alighieri si richiama così agli esempi di Boetius, prendendo a modello anche le "Confessioni" di Augustinus. Ma anche quello di render partecipi alla "beata mensa" della cultura e della scienza anche coloro che per motivi familiari e civili ne fossero stati esclusi. Si rivolge dunque non solo ai dotti e ai religiosi, ma al pubblico più vasto degli uomini impegnati civilmente e assetati di sapere. Alighieri scrive in volgare argomenti trattati di solito in latino, esaltando così il nuovo mezzo espressivo.
La materia del libro appartiene alla cultura del tempo, soprattutto alla filosofia scolastica che, attraverso Tommaso da Aquino e Albertus Magnus, intendeva conciliare la dottrina aristotelica con la verità della rivelazione cristiana. Alighieri trasmette il suo entusiasmo morale, la sua passione intellettuale, sviluppando soprattutto alcuni temi, come quello dell'esaltazione della filosofia e della nobiltà.

Il volgare italico diventa oggetto di studio scientifico nel trattato latino L'eloquenza del volgare (De vulgari eloquentia, 1303-4). Progettato in quattro libri, fu interrotto all'inizio del 1305 al XIV paragrafo del secondo libro.
Il primo libro, in 19 capitoli, tratta dell'origine del linguaggio. In principio la lingua ebraica comune a tutti gli uomini, poi dalla confusione di Babele si generarono tre lingue: la greca, la germanica e una lingua propria dell'europa meridionale. Da quest'ultima nacquero idiomi volgari, provenzale, francese, l'italiano. L'analisi dei vari dialetti italici, raggruppati in 14 tipi, si conclude con l'affermazione che nessun dialetto in quanto tale è in grado di imporsi sugli altri. Il volgare unitario, capace di superare i particolarismi locali e di presentarsi con gli attributi di "illustre", "cardinale", "aulico" e "curiale", ha rappresentato la lingua comune italica per i maggiori poeti del passato, e tale può continuare a essere nel futuro.
Nel secondo libro mostra che il volgare illustre si addice solo alle materi più nobili, quelle delle armi amore e virtù . Materie che possono essere trattate solo con lo stile più alto, quello "tragicus", e con la forma metrica della canzone.
Il trattato, in pratica ignorato nel XIV-XV secolo, fu diffuso e tradotto da G.G. Trissino, e si inserì nel dibattito del XVI secolo sulla lingua.

Posteriore al "Convivio" e a "L'eloquenza del volgare", il trattato in tre libri La monarchia (De monarchia) è difficilmente databile. Si propende per gli anni intercorsi tra la morte di Heinrich VII (1313) e il 1318. In essa Alighieri svolge con lucidità appassionata la sua utopia razionale politica.
Nel primo libro dimostra come la monarchia universale sia necessaria al benessere degli uomini, in quanto garante di pace e di giustizia nel mondo. Nel secondo libro sostiene che la suprema autorità imperiale spetta al popolo romano, per diritto divino. Nel terzo libro affronta il problema più drammatico e attuale, quello del rapporto tra imperatore e pontefice. Per Alighieri i due poteri sono autonomi, entrambe derivati da dio. Nè l'autorità imperiale né quella pontificia possono accampare diritti di preminenza o di giurisdizione.
"La monarchia" è opera meditata, rivela il profondo senso di giustizia e l'ansia di libertà di Alighieri esule, il suo bisogno di raccogliere e chiarificare in modo sistematico la sua concezione politica.
Usata dai filo-imperiali nelle lotte del tempo, fu bruciata nel 1329 come libro eretico dal cardinale Bertrando del Poggetto. Nel XVI secolo fu messa all'"indice". Fu tolta dall'indice da Leone XIII nel 1881.

Alighieri ha scritto anche due Egloghe latine, di tipo virgiliano. Composte nel 1319-20, in 68 e 97 esametri, come risposta al grammatico e retore Giovanni del Virgilio che insegnava all'università di Bologna e che rimproverava a Alighieri l'uso del volgare in un poema di così alta materia come la "Commedia".
Nella prima egloga Alighieri dice di attendere la gloria proprio dall'opera intrapresa, e in particolare con il "Paradiso". Nella seconda egloga rifiuta l'invito a recarsi a Bologna.

La Questione sull'acqua e la terra (Questio de aqua et terra), pervenutaci attraverso una stampa del 1508, è una tesi filosofica, letta a Verona il 20 gennaio 1320 alla presenza del clero, volta a dimostrare che le sfere dell'acqua e della terra non sono concentriche.
Della produzione epistolare di Alighieri, che dovette essere considerevole, restano solo tredici Epistole latine, scritte nel 1304-20. Esempio di eloquenza retorica secondo i dettami dell'ars dictandi, ravvivata dall'impeto morale, dalla passione politica e da una fede incrollabile.
Importanti soprattutto le tre epistole (V, VI, VII) scritte per la discesa di Heinrich VII.
Probabilmente sua, nonostante qualche dubbio della critica, è la XII epistola, indirizzata a Cangrande della Scala, con cui dedica a costui il primo canto del "Paradiso", e che contiene l'esposizione delle idee, della struttura, dei significati allegorici e delle finalità del poema.

Contesto: Indice Alighieri



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