Bernart de Ventardon

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Bernart de Ventardon

Bernart de Ventardon, chiamato così perché nato nel castello di Ventardon [Corrèze], frequentò la corte dei visconti di Vantadorn, poi quella di Eleonora di Aquitania.
Dedicò canti a Ermengarda di Narbona e a Raimondo V di Tolosa. Fu in rapporto sia con poeti provenzali come Rambaut d'Orange, che con poeti francesi, come Chrétien de Troyes. Sappiamo che nel 1194 si fece monaco e si ritirò nell'abazia cistercense di Dalon [Dordogne] dove morì alla fine del XII secolo. Ci restano di lui una quarantina di canzoni d'amore, in cui il sentimento è descritto con straordinaria limpidezza espressiva, come languido e assorto smarrimento. Una delle canzoni più celebri è quella che inizia con "Quando vedo l'allodola..." (Can vei la lauzeta...). E' senz'altro tra i massimi poeti del tempo.

Il suo universo è quello dell'amore cortese, un mondo vietato ai profani, tenacemente difeso dagli attacchi dei 'malparlieri', che promette ai suoi seguaci emozioni e dolcezze nuove, e che si costruisce al di fuori delle convenzioni della religione e della morale, come in uno spazio magico. Uno spazio dominato dagli 'spiriti', dalle forze della natura, dal fuoco della visione: "Ho il cuore così pieno di gioia / che intorno tutto mi si snatura: / fiore bianco, vermiglio e giallo / mi sembra il gelo, / con il vento e con la pioggia / cresce la mia felicità / e il mio pregio s'innalza / e migliora il mio canto". La scienza magica di cui Bernart è depositario, che conserva e raffina come il suo segreto più prezioso, è l'arte di corteggiare la dama - le dame - all'interno di una strategia mossa dall'inclinazione e dal desiderio, ma anche percorsa da un ovidiano, teatrale, spiritoso disincanto: l'arte di scrivere canzoni.

Contesto

Il XII secolo



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