Paesi extraeuropei tra il VI e il VII secolo

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Paesi extraeuropei tra il VI e il VII secolo

Siria

In siriaco le due chiese cristiane della regione producono due diversi filoni letterari.
Tra gli occidentali giacobiti monofisiti sono da ricordare Filosseno di Mabbug (morto nel 523) autore di un ampio scritto sulla "trinità" e una versione del "Nuovo testamento", e lo storico Giovanni di Efeso (morto nel 585) di cui è celebre l'opera Le vite dei santi orientali.
Tra gli orientali nestoriani, i migliori fanno capo alla rinnovata scuola di Nisibi, che ha ormai preso il posto come centro culturale di Edessa. Nel VII secolo, quando i siri caddero sotto la dominazione islamica, i migliori intelletti (chierici, laici colti e in specie medici) si dedicarono alla versione di opere filosofiche e scientifiche dal greco all'arabo: grazie a questa mediazione, e alle conquiste arabe in Spagna e Sicilia, questa letteratura raggiunse poi l'occidente.

Armenia

In Armenia sono da segnalare il neoplatonico Davide l'Invincibile (VI secolo) cui si devono traduzioni dal greco e tre importanti opere filosofiche; per la storia dell'Armenia e delle sue lotte con bizantini e persiani vanno ricordati: Eliseo Vardapet (VI secolo?) con la sua Storia di Vardan e della guerra armena; il vescovo Sebeo (VII secolo) con la Storia di Eraclio; Mosè di Khorene (tra V e VI secolo) con una celebre Storia dell'Armenia, sintesi della vita civile e religiosa della nazione armena dalle mitiche origini al 441, e che porta anche un notevole contributo alla conoscenza del folklore e della mitologia armena. Di Mosè di Khorene sappiamo che fu a Edessa, Alessandria, Bisanzio, Atene, Roma, e ne riportò , oltre alla conoscenza del siriaco e del greco, prezioso materiale per la sua opera storica. La sua "Storia" è stata fino in età moderna la fonte più autorevole per l'antica storia armena.
Preziosa nel suo genere è la Geografia di Anania di Sirak (600\c.670). In questi secoli continua l'opera tenace di traduzione di opere greche, che in molti casi, essendo andato perduto l'originale, conosciamo solo attraverso la versione armena.

Mondo arabo: prima di Muhammad

Nel sec. VI fa il suo ingresso in letteratura e nella storia più vastamente umana, la produzione culturale araba, che ebbe vasta diffusione grazie all'Islam. Essa nasce nel paesaggio desertico delle pianure dell'Arabia settentrionale e delle montagne dello Yemen, nell'ambiente delle tribù nomadi che hanno come sola ricchezza i cammelli e le pecore, e che adorano in modo superstizioso varie divinità; mezzo d'espressione è l'arabo, lingua semitica straordinariamente ricca di vocaboli e sfumature. Il vecchio metro giambico ragaz viene sostituito dalla qasida, ode finemente elaborata e continuamente perfezionata. Queste composizioni, che cantano le virtù beduine secondo uno schema fisso, per più di due secoli vengono trasmesse oralmente da numerosi rawat (rapsodi). Le prime raccolte poetiche scritte risalgono al sec. VIII. La più famosa, chiamata Mu'allaqat, raccoglie sette odi (qaside) considerate tra i componimenti migliori di tutta la letteratura araba; la raccolta si deve al dotto rapsodo Hammad ar-Rawiyah. Il significato del titolo è incerto: "le dorate", o "le appese", perché , secondo la tradizione, scritte a caratteri d'oro, sarebbero state appese nella Kaaba. Gli autori, tutti dei secoli VI-VII sono ormai leggendari: Imru'al-Qais ibn Hugr al-Kindi, il re poeta celebre per i suoi amori e le sue sventure: secondo varie e contrastanti leggende, sarebbe stato figlio di Hugr ultimo re dei Kinda, espulso dalla tribù per dissidi con il padre sarebbe vissuto da allegro vagabondo finché , raggiunto dalla notizia dell'uccisione del padre, avrebbe deciso di dedicare la propria vita alla vendetta conseguita tra infinite avventure e peregrinazioni, che lo avrebbero portato fino a Costantinopoli, alla corte di Giustiniano; Tarafa al-'Abdi, cavaliere brigante e amico di taverna, tragicamente ucciso alla corte di Hira; 'Antara ibn Shahddad, figlio di una schiava abissina e di un guerriero della tribù di 'Abs, morto sul suo cavallo di battaglia; Zuhayr ibn Abi Sulma poeta moraleggiante e pessimista; Harit ibn Hilliza autore di versi satirici; Labid ibn Rabi'a, uno dei primi fedeli dell'islam; 'Amr ibn Khultum, appartenente alla tribù di Taglib, poeta sprezzante e orgoglioso della sua origine.
Altri poeti confluirono nelle Mufaddaliyyat e nel Diwan al-Hamasa, antologie raccolte nell' VIII-IX secolo. Tra i poeti del deserto meritano menzione anche: Ta'abbata Sharran, autore di un violento canto di vendetta contro la tribù che uccise suo zio; e ash-Shanfara che celebra con asprezza le sue prodezze di brigante. Di lui sappiamo fosse meticcio, nero per parte di madre. E' il maggior rappresentante del gruppo dei poeti-banditi della poesia preislamica del deserto che, rompendo ogni vincolo con la tribù e con l'etica beduina, vissero predando e uccidendo, e vantandosi di questo nei loro canti. Oltre a 68 versi inseriti in antologie, resta di lui la lunga qasida Carme degli arabi rimante in lam (Lamiyyat al-Arab), vero gioiello della poesia preislamica, tra le cose migliori della poesia araba, in cui l'autore, con una capillare abilità descrittiva sorretta da una vigorosa tensione lirica, descrive la vita solitaria e violenta del poeta-predone.
Il libero mondo del deserto tramonta con la venuta di Muhammad (Maometto) e il sorgere dell'islam.

Contesto storico: la produzione europea tra il VI e il VII secolo

[1996]


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