Paesi extra-europei nel IV-V secolo

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Paesi extra-europei nel IV-V secolo

I cristiani extra-europei

Dalla Siria cristiana proviene il primo grande scrittore di questa regione, Afraate (sec. IV) che fu detto il "sapiente persiano". L'apogeo della letteratura siriaca si ha con il diacono Efrem (nato a Nisibi nel 306, morì a Edessa nel c.373) detto l'"arpa dello spirito santo", che domina tutta la lirica ed è uno dei maggiori prosatori: egli, che fu anche vescovo, scrisse soprattutto in siriaco ma conosceva la lingua greca e fu influenzato dalla retorica ellenistica. Scrisse Inni, Sermoni e Commentari ai libri dell'Antico Testamento. Nel 451, con il concilio di Calcedonia, la chiesa siriaca si divise in due tronconi: occidentali giacobiti e monofisiti, e orientali nestoriani.
Tra IV e V secolo è anche l'apogeo della letteratura cristiana copta. Il copto (dall'arabo qubt =egiziano) era una lingua, corrispondente all'ultima fase dell'antico egiziano, suddivisa in quattro dialetti letterari: parlata dal volgo, adottò invece della troppo complicata scrittura demotica, l'alfabeto greco cui furono aggiunte alcune lettere; la letteratura copta nacque dall'incontro tra l'autoctona cultura egiziana e il cristianesimo, la gnosi e il giudaismo. Il suo sviluppo influì in modo decisivo sulla separazione della chiesa egiziana monofisita da quella di Bisanzio (ortodossa): la cultura cristiana copta rappresentò così la reazione nazionale e religiosa al dominio politico religioso e linguistico dell'impero d'oriente. Aspetto nazionalista e vicinanza con la lingua del popolo permisero la diffusione della cultura in più larghi strati della popolazione.
All'origine della letteratura sono versioni di opere cristiane greche. Il legame con le letterature straniere fu costante, assicurò alla copta un'importante funzione mediatrice, ma non favorì la continuità con la millenaria cultura dell'antico Egitto.
Tra le prime traduzioni sono quelle della Bibbia, di alcuni scritti liturgici, di molte opere della letteratura apocrifa. Della maggior parte degli scrittori copti si ignora il nome. Tra le personalità più note sono: Pacomio (292\346) scrittore e fondatore dei monasteri dell'Alto Egitto; e Scenute (nato nella pri- ma metà del IV secolo, morto nel c. 451), il più grande scrittore copto a noi noto. Scenute fu un rigidissimo moralizzatore della vita monastica e laica, energico riformatore della chiesa copta. Ha lasciato numerosi scritti in dialetto saidico, per lo più sermoni ed epistole, volti contro ogni forma di superstizione paganesimo rilassatezza, caratterizzati da un'ispirazione ardente, uno stile vigoroso e concitato.
Caratteristici della produzione copta sono i tratti popolari, presenti sia negli scritti ameni che in quelli edificanti e sacri. Tramite la produzione copta ci sono state tramandate opere altrimenti perdute: del manicheismo (omelie, Kephalaia, Salmi di Tommaso ecc.), e opere gnostiche note come Manoscritti di Nag Hammadi.
Tra IV e VII secolo è anche un primo sviluppo della diffusione letteraria cristiana in lingua etiopica (etiopica classica, o ge'ez: si tratta di una lingua semitica), su influsso della letteratura copta e siriaca. Si tratta di poche iscrizioni, con prime versioni dal greco, dalla Bibbia, dai padri della chiesa cristiana e da opere apocrife. Dopo il VII secolo non si attestano altre produzioni: è un periodo di silenzio che si interromperà nel XIV secolo.
Anche nella regione armena si diffonde il cristianesimo. La lingua dei predicatori cristiani in Armenia fu per circa un secolo il siriaco o il greco, a seconda della loro patria o formazione. La lingua armena, appartenente al gruppo indoeuropeo, pur avendo una tradizione orale tutt'altro che trascurabile, mancava di una propria scrittura. Inventore dell'alfabeto armeno nei 36 segni che sono ancora oggi in uso, fu considerato il dottissimo Mesrob [noto anche con altre trascrizioni: Mesrop, Mastoc]. Egli era nato a Chacik [Taron] nel 361 (morì a Ecmiadzin nel 441). Allo scopo di tradurre in armeno i testi sacri, riunì attorno a sé una schiera di dotti, i cosiddetti "sacri traduttori". Frutto principale del loro lavoro fu la traduzione della Bibbia (detta appunto "mesropiana"), che fu decisiva per la fissazione letteraria della lingua armena e per la formazione della letteratura armena.
I giovani intellettuali che egli riunì si erano formati nelle scuole di Atene, Bisanzio, Edessa e Alessandria: ad essi si deve la traduzione dal greco e dal siriaco di un notevole numero di opere, oltre alla Bibbia: scritti dei santi padri e testi teologici, e scritti di autori non cristiani (come ad es. Filone Alessandrino). Ben presto emersero autori di opere originali, tra cui personalità di rilievo sono Eznik di Kolb (morto nel c.449) cui si deve l'importante opera polemica Le sette (De sectis) in cui confuta con grande finezza teologica e filosofica e con vasta erudizione linguistica e letteraria le credenze pagane, vero classico della lingua armena; Agatangelo (V secolo) autore di Vita e opere di Gregorio.

Ebraismo

Nell'ambito della cultura ebraica grossa importanza hanno le due redazioni del Talmud (Studio), fatte proprio nel V secolo. Si tratta della redazione palestinese (Talmud jerushalmì ) conclusasi nel 425, e quella più organica e vasta di Babilonia (Talmud bavlì ) conclusasi alla fine del V secolo.
Entrambe hanno una parte normativa (halakhah) e una aneddotico-narrativa (haggadah) strettamente intrecciate, e derivano dalla codificazione del "Mishnah" fatte dai maestri (amorei, cioè espositori, interpreti) delle ac- cademie ebraiche sia in Palestina che in Babilonia (qui i discendenti di quanti non avevano seguito nel ritorno Esdra e Nehemia avevano creato centri di studio destinati a durare fino al 1000). Il Talmud comprende la "Mishnah", e la "Gemara" (completamento, conclusione) cioè il complesso delle interpretazioni e dei commenti ispirati dalla Mishnah. Nel Talmud sono chiarite le fonti delle disposizioni mishniche, spiegate le loro contraddizioni e stabilite le modalità di applicazione. Formalmente non si tratta di un codice: non è una raccolta sistematica di conclusioni ma una specie di processo verbale delle discussioni, una monumentale enciclopedia in cui confluiscono storia, religione, giurisprudenza, agricoltura, medicina, morale, scienza, poesia, tradizioni e superstizioni, secondo l'imprevedibile svolgersi delle discussioni. I dibattiti sono condotti con sottile dialettica, l'interpretazione delle varie argomentazioni è spesso difficile (anche perché buona parte del testo è scritta in aramaico, e non ci sono segni di interpunzione).
Il "Talmud babilonese", circa tre volte più vasto del "Talmud gerusalemmano", acquistò maggiore autorità in tutto il mondo ebraico, una autorità che gode tuttora non solo come fonte della normativa, ma come tesoro della spiritualità ebraica, tradizione unificante del popolo ebraico. Il Talmud è la più grande opera di pensiero e di documentazione di vita che l'ebraismo abbia prodotto dopo la Bibbia.
Della contemporanea opera omiletica è da ricordare il Midrash habbah, commento midrashico al "Torah o Pentateuco" e ai "Cinque rotoli" (Ester, Cantico dei Cantici, Ruth, Lamentazioni, Ecclesiaste) della Bibbia.
Il midrash (il termine deriva da quello di "darà sh" = investigare, ricercare) consiste in una paziente e sottile ricerca del significato, anche più recondito, della Bibbia e soprattutto della Torah, per trarne norme giuridiche e insegnamenti morali. Nel midrash confluiscono tradizioni storiche e leggendarie relative a fatti o personaggi della Bibbia, racconti, parabole, proverbi. Una attività esegetica che iniziò forse intorno al IV secolo (-) per durare un millennio circa. Attrraverso due forme, talvolta combinate insieme: I midrashim esegetici sono commenti a un intero libro biblico.
Tra le raccolte midrashiche, composte in ebraico o in aramaico, le più famose sono la Mekhiltà su capitoli giuridici dell'Esodo, e il Midrash Rabbà commento a tutta la Torah.
Nel III-VI secolo prende avvio anche la letteratura mistica cabalistica, il cui prodotto più significativo è il Libro della creazione (Sefer jezirah).

Paesi extra-europei

India

In India, tra il IV e il V secolo è l'arte di Kalidasa, il più grande poeta dell'India classica, autore tra l'altro della Sakuntala e del Nuvolo messaggero, in cui seppe esprimere ogni sfumatura del sentimento e ogni aspetto della natura.
L'arte di Kalidasa rimanda allo stile indiano del kavya. Il termine sanscrito kavya indica la letteratura indiana d'arte, il complesso delle opre composte con finalità esclusivamente estetiche, e dunque né storiche o trattatistiche ecc. Sorretta e accompagnata da una formidabile ricerca teorica ("Abhinavagupta", "Anandavardhana") che ne elabora via via i moduli, la letteratura kavya è caratterizzata da uno stile particolare, assai complesso e raffinato, ricco di figure sia di suono che di senso (metafore, iperboli ecc.). In essa la vicenda (ad es. epica o drammatica) o la cornice lirica sono generalmente un pretesto all'espansione delle immagini, che formano quadri o scenette in sé conclusi.
Kalidasa è la punta di un à isberg, punto culminante di una tradizione di cui purtroppo possediamo pochi testi rimasti. Sappiamo per esempio che prima di Kalidasa visse il drammaturgo Bhasa. Di Bhasa avevamo solo una affermazione di Kalidasa e qualche verso raccolto nelle antologie. Nel 1910 venne scoperto un manoscritto contenente 11 drammi che possono essergli attribuiti; in seguito se ne trovarono altri due. Si pensa che Bhasa possa esse- re vissuto nel IV secolo + (ma alcune fonti lo fanno risalire al IV secolo -). Le vicende dei suoi drammi sono tratte in gran parte del "Mahabharata", da leggende su Rama e Krsna, e da opere narrative quali la "Brhatkatha" di Gunadhya. Proprio da quest'ultima deriva l'argomento del più celebre dramma di Bhasa, Vasavadatta in sogno (Svapnavasavadatta) centrato sul doppio tema dell'amore nascente del re Udayana per una fanciulla, Padmavati, e del suo rimpianto per la moglie Vasavadatta, da lui creduta morta. Con Bhasa il teatro indiano mostra già i requisiti di struttura e di stile che caratterizzeranno le opere dei drammaturghi classici come Kalidasa o Bhavabhuti. Vi appare forse per la prima volta l'introduzione di strofe poetiche (liriche, sentenziose o descrittive) nel contesto dei drammi composti in prosa.

Kalidasa

Di Kalidasa abbiamo notizie biografiche in gran parte leggendarie. Brahmano, nativo forse di Ujjayini, visse alla corte del raffinato Candragupta II, in un periodo di grande fioritura politica e culturale. Numerose le opere a lui attribuite. Oggi si ritengono sue il poemetto lirico "Nuvolo messaggero" (Meghaduta), uno dei suoi capolavori; due brevi poemi epici intitolati L'origine di Kumara e La discendenza di Raghu; i tre drammi: Sakunta- la, Urvasi e Malavikagnimitra. Incerta l'attribuzione dell'elegante poemetto erotico La ronda delle stagioni.
Il tema del "Sakuntala" è tratto da un racconto del "Mahabharata". Il dramma inizia con l'arrivo del re Dusyanta presso l'eremo di Kanva. Assente l'asceta, il re ne incontra la figlia adottiva Sakuntala e se ne innamora. Fermatosi nell'eremo per difendere gli asceti dai demoni Raksasa, viene ricambiato dalla fanciulla, cui si unisce con il semplice rito nuziale Gandharva. Partendo, Dusyanta lascia a Sakuntala un anello e promette di farla condurre presto alla reggia. La giovane però , assorta nell'amore, non si accorge dell'arrivo nell'eremo dell'asceta Durvasas che, offeso per il mancato ossequio, la maledice: verrà dimenticata dall'amato finché un segno non ne risveglierà la memoria. In attesa di un figlio, Sakuntala ignara decide di rag- giungere Dusyanta ma, attraversando un fiume, perde l'anello donatole. Giunta al palazzo, è respinta dal re dimentico di tutto. Rapita in cielo dalla madre, la ninfa Menaka, Sakuntala dà alla luce un figlio. Il prezioso anello è trovato per caso da un pesce. Vedendolo, il re con gran dolore ricorda la sposa amata. Dopo aver soccorso Indra nella lotta contro i demoni, nel celeste eremo di Prajapati Dusyanta scorge il fanciullo dai segni regali: in lui riconosce presto il figlio. Giunta Sakuntala, i due amanti dopo il commovente incontro possono finalmente riunirsi.
Maestro indiscusso della letteratura d'arte classica in sanscrito (kavya), caratterizzata dall'avvicendarsi di scenette autonome e delicatamente vocative, Kalidasa si distingue per la genuinità della visione poetica e l'insinuante potere di suggestione delle sue immagini. Con lui anche il teatro indiano raggiunge le espressioni più elevate per la sapiente costruzione delle vicende, la complessità dei protagonisti, tra cui sono indimenticabili le figure femminili.
Siamo, con Kalidasa, nel periodo terminale della produzione letteraria sanscrita, con la fioritura di romanzi e drammi.

Il "Pañcatantra"

Tra le raccolte di racconti, la più prestigiosa è il Pañcatantra, uno dei libri più letti, noto anche in europa attraverso diverse versioni. La tradizione attribuisce la raccolta a Visnuç arman (vissuto probabilmente tra il IV e il V secolo). E' la sintesi affascinante della lunga e complessa evoluzione del genere favolistico in India. L'opera non ci è giunta nella versione originale, ma in redazioni e sunti successivi, tra cui il "Libro dei racconti". In occidente è penetrata attraverso la versione araba del "Kalila e Dimna": in italia furono le redazioni di Giovanni da Capua (in latino), Agnolo Firenzuola, Anton Francesco Doni.
In tutto sono una settantina di racconti, precedute da una introduzione e articolate in cinque libri all'interno di altrettanti racconti-cornice.
Un re di nome Amaraç akti, ha tre figli stolti, ne vuol fare dei prì ncipi saggi, li affida al brahmano Visnuç arman. Questi, in soli sei mesi raggiunge lo scopo ammaestrandoli attraverso i suoi racconti. I cinque racconti-cornice corrispondono a cinque temi del vivere politico. Nel primo (la perdita degli amici) gli sciacalli Damanaka e Karataka sollevano la discordia tra il leone Pingalaka e il toro Sañ jivaka. Nel secondo (la conquista degli amici) la cornacchia e il topo stringono amicizia tra di loro, e poi con la tartaruga e la gazzella. Nel terzo (pace e guerra) i corvi distruggono con l'astuzia le civette. Nel quarto (la perdita per stoltezza di ciò che si possiede) il coccodrillo cattura la scimmia per darne il cuore alla moglie, ma poi la perde cadendo in un inganno della scimmia. Nel quinto (le azioni fatte con leggerezza) una brahamana ammazza l'icneumone credendo che abbia ucciso il figlio che gli aveva affidato, mentre il coraggioso animale si era sporcato del sangue di un serpente proprio difendendo il bambino.
Lo stile e la lingua del "Pañ catantra", che ha lo scopo esplicito di insegnare il sanscrito, sono semplici e piani ma non banali. Alle parti narrative in prosa si alternano versi di carattere sentenzioso, qua e là di più difficile lettura.

Cina

Politicamente continuano le difficoltà sociali. E' il periodo della dinastia Chin (280-420) e della divisione tra nord e sud, con due dinastie (dinastia del nord e del sud, 420-589). Il mondo culturale e letterario non può che riflettere tale situazione di crisi.
Opere eterodosse di critica sociale sono il Saggio che abbraccia la semplicità(Pao P'u Tzu) di Ko Hung (250\c.330), esponente del neotaoismo; testo di critica alla religione è il Trattato dell'estinzione dell'anima di Fan Chen (secolo V). Nella saggistica si arriva all'artificio del p'ien-wen, la prosa simmetrica, che esaspera la tendenza al parallelismo del linguaggio letterario. Opere importanti di critica letteraria sono la Critica della poesia (Shih p'in) di Chung Jung e gli Ornamenti dello spirito letterario (Wen-hsin tiao- lung) di Liu Hsieh (secoli V-VI). Famose sono le Scelte di letteratura (Wen-hsüan) di Hsiao T'ung (501\531), antologia di prosa e poesia di 127 autori. La poesia si definisce come genere e come attività creativa individuale.
Allo sviluppo esasperato delle esercitazioni formali, fanno riscontro, con ispirazione ora taoista ora buddhista, temi più semplici e ispirati alla vita quotidiana: coì il più grande poeta cinese di questo periodo, T'ao Ch'ien (T'ao Yüan-ming) vissuto nel 365\427.
La poesia popolare del sud tratta soprattutto temi d'amore (Tzu-yeh), mentre nel nord è influenzata dalla vita nomade e guerriera dei popoli della steppa (ballata di Mu-lan). Compaiono i primi testi di narrativa distinta dalla storiografia: biografie e raccolte di aneddoti, racconti meravigliosi con avvenimenti e personaggi soprannaturali, storielle.

Contesto storico: IV-V secolo europei

[1996]


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