Cornelius Tacitus

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Cornelius Tacitus


Cornelius Tacitus nacque nel c.55-7 (morì nel c.120-123). Non sappiamo con certezza dove (Gallia Narbonese? Italia Transpadana?), non ne conosciamo la paternità né il prenome (Publius? Gaius?). La sua famiglia doveva però essere ricca. Visse la maggior parte della vita a Roma, introdotto ben presto nella società imperiale. Divenne senator grazie a Vespasianus, partecipò alla politica perfezionandosi nel frattempo nell'oratoria. Sposò la figlia di Iulius Agricola a poco più di vent'anni (77), fu questore (81-2), pretore (86), console (97). Abbandonò l'oratoria per dedicarsi alla storia. Dopo il consolato rinunciò a avere cariche pubbliche, ottenne solo un governatorato nella provincia d'Asia (112-3): aveva allora già pubblicato le "Storie" che gli avevano portato una grande celebrità e stava iniziando gli "Annali" che poi compose per la maggior parte sotto Adrianus.
Le sue opere ci sono giunte molto incomplete. Nulla ci rimane della sua attività forense, a detta dei contemporanei ragguardevole.
La prima cosa (80?) attribuitagli con riserva è il Dialogo sugli oratori (Dialogus de oratoribus), opera retorica lacunosa: vi si cercano le cause della decadenza dell'oratoria nella mancanza di libertà civili e nella degenerazione politica e sociale.
Vita e costumi di Iulius Agricola (De vita et moribus Iulii Agricolae, 98) è la prima monografia storica: commossa biografia del suocero caduto vittima della gelosia di Domitianus, appartiene al genere encomiastico delle esaltazioni funebri.
Origine e sito dei germani (De origine et situ germanorum) fu pubblicata quasi contemporaneamente all'altra monografia storica, è una descrizione geografica e etnografica dei popoli e dei luoghi germanici tra il Reno e il Danubio.
Le due grandi opere storiche di Tacitus ("Storie" e "Annali"), prodotto della sua piena maturità scientifica e artistica, ci sono giunte lacunose. Erano in tutto 30 libri, attribuiti solitamente 14 alle "Storie", e 16 agli "Annali".
Le Storie (Historiae, 109?) andavano dall'avvento di Galba (68-9) alla morte di Domitianus (96). Ci sono rimasti i primi 4 libri e metà del quinto (fino all'incontro di Cerialis e Civilis del 70).
Gli Annali (Annales) trattavano la storia di Roma dalla salita al potere di Tiberius (14) alla morte di Nero (68). Rimangono i primi quattro libri, un frammento del quinto e parti del sesto (mancano i capitoli iniziali): fino alla morte di Tiberius (37), e i libri 11-16 (ma l'11 è lacunoso e al 16 manca quasi la metà): dal processo di Valerius Asiaticus (47) all'eroica fine di Trasea Peto (66) in età neroniana.
Sia le monografie brevi che le opere maggiori hanno una esplicita passione etico-politica. Tacitus partecipa alle sorti di Roma attraverso l'analisi del contemporaneo divenire. Le opere maggiori sono un bilancio corrosivo del primo secolo di esperienza monarchica dal punto di vista di un intellettuale che, benché proclami di voler fare storia in modo imparziale ("sine ira et studio"), esprime il punto di vista dell'opposizione senatoria alla pratica imperiale. Risalendo a ritroso nella storia, Tacitus individua il 'peccato originario' nella svolta anticostituzionale operata da Augustus, dietro la formale facciata repubblicana, denuncia le conseguenze nefaste del sistema dinastico, pur senza rifiutare l'istituzione del principato che riconosce come ormai insostituibile e necessaria per l'unità dell'impero. Le opere di Tacitus sono documento della inconciliabilità tra "libertas" e "principatus", in una visione storica essenzialmente individualistica che fa discendere la dinamica degli eventi dalla personalità e dalle scelte dei grandi. Attorno alla personalità dei singoli imperatori si addensa l'indagine, volta a coglierne i moventi e i meccanismi psicologici, non senza incomprensioni, ma sempre con l'obiettivo di individuare le ragioni più profonde del loro comportamento. La storia è raccontata a tinte fosche, con rilevature energiche e appassionate, in uno sforzo di analisi rigoroso e intransigente. Il suo austero senso dello stato lo induce a impiegare forme retoricamente 'tragiche', cioè solenni, lontane dalla comune convenzione linguistica. La drammaticità dei fatti, intricati e contraddittori, e l'impegno di Tacitus a raffigurare in modo impietoso e apparentemente impassibile una realtà infida e degradata, esigono una tecnica narrativa a sorpresa, ricca di simmetrie, variazioni, condensazioni e ineguaglianze, in cui si accampano luci e ombre e dove anche il particolare ha valore tonale.
Strumento specifico della narrazione tacitiana è lo stile scarno, irregolare, intessuto di vocaboli rari o arcaici, di costrutti anomali, in cui le strutture sintattiche si spezzano in asindeti, la concisione è spesso perentoriamente ottenuta con la soppressione del verbo. Una scrittura tesa e incisiva che raggiunge effetti di ineguagliata suggestione.


Indice del Primo secolo

[1997]


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