Cinematografia polacca dopo il 1945

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Cinematografia polacca dopo il 1945

Tra le più interessanti fornitrici di soggettisti e registi, la cinematografia polacca, vissuta sotto il dominio del regime filo-sovietico e con una forte dissidenza interna dovuta anche all'azione della chiesa cattolica.

La cinematografia polacca rinasce dopo la guerra con A. Ford. Ha ben presto autori di primo piano. I migliori registi polacchi sono stati dagli anni '70 in poi, intellettuali che hanno presto preferito espatriare in occidente e realizzare qui il resto della propria opera. Si ricordano A. Munk (Czowiek na torze/Un uomo sui binari, 1956), J. Kawalerowicz, W. Has, K. Kutz (Ktokolwiek wie/Qualcuno sa, 1966), Andrej Wajda (Kanal/I dannati di Varsavia, 1957), Kristofer Zanussi, Krzysztof Kieslowski (autore de "Il decalogo" e della trilogia "Film rosso", "Film bianco" e "Film blu"), Roman Polanski.

Le vicende politiche dell'oppressione del regime filosovietico e la forte componente cattolica, fanno sì che verso la produzione cinematografica polacca si punti molto l'attenzione da parte del pubblico e dei media occidentali. La cinematografia polacca può così contare su un piccolo ma molto seguito gruppo di registi, che trovano udienza soprattutto in Francia (Zanussi, Kieslowski) e negli Stati Uniti (Polanski). E' il gruppo degli espatriati, sul filo della dissidenza nei confronti del regime ma attivi in un cinema non strettamente propagandistico o legato alla storica vicenda contingente: autori che danno un contributo maturo al cinema e alla letteratura non solo europee, tra gli anni Sessanta e gli anni Novanta del Novecento.

Contesto

Storia del cinema dopo il 1945


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