Parola orale e parola scritta

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Parola orale e parola scritta

Chiunque si occupi di storia deve sempre fare i conti con il limite dato dallo stadio delle conoscenze. Tra 1800 e 1990 si sono fatti enormi progressi nel campo dell'acquisizione di conoscenze sul passato. Scoperte archeologiche, ritrovamenti di città sepolte, di archivi, hanno permesso di ampliare enormemente le conoscenze rispetto alle epoche precedenti. Si sono fatte scoperte e si è riuscito, finora, a conservare queste scoperte in modo da procedere a una accumulazione delle conoscenze.


Eppure, tutto quello che finora si è scoperto è una briciola rispetto ai vuoti che sappiamo di avere nei nostri studi. Con tutta la buona volontà di cui disponiamo, non riusciamo ad andare mai oltre certe epoche per certe zone; intere fasce continentali rimangono avvolte nel mistero della preistoria. E la cosa si fa manifesta quando abbiamo a che fare con una cosa come la letteratura. Ciò che noi sappiamo del passato ci viene attraverso il labile mezzo della trasmissione orale, e soprattutto grazie alla sopravvivenza di archivi in cui i documenti letterari sono stati registrati in forma scritta: senza questi archivi non sapremmo nulla di molte civiltà giacché la trasmissione orale è una forma di conservazione delle informazioni e della memoria non affidabile.


La letteratura si affida per trasmettersi da un individuo all'altro alla parola. La parola è una forza ma anche la sua debolezza: le parole "si perdono nel vento". Le culture che hanno elaborato sistemi di scrittura per la conservazione dei dati hanno permesso spesso a alcuni mythos letterari di sopravvivere a quelle civiltà che le avevano create, a superare il tempo, a giungere fino a noi. Questo non deve farci dire che la letteratura prodotta da civiltà della scrittura "sia meglio" della letteratura prodotta da civiltà che non hanno elaborato la scrittura e si sono affidate alla tradizione orale. La letteratura è in gran parte un fenomeno orale e che riguarda la trasmissione orale e solo in aree non molto estese e in tempi non lunghi la letteratura è stata un fenomeno parallelamente o esclusivamente scritto. L'Europa ha conosciuto la letteratura scritta soprattutto a partire dal 1500, e lo stesso uso del termine "letteratura" deriva da questo uso in fondo ristretto.


Noi continuiamo a usare il termine letteratura estensivamente per tutti quei fenomeni di narrazione in cui realtà e finzione ammiccano maliziosamente, sia essa orale, scritta, rappresentata, o filmata. Il fatto che siamo riusciti a superare la concezione ristretta del termine deriva anche dal fatto di vivere una civiltà "dell'immagine" come si dice: grazie a cinema e tv siamo riusciti a catturare un fenomeno altrettanto sfuggente quanto la voce e cioè l'immagine, ciò che si pone davanti agli occhi. Cinema e tv sono una nuova fase della produzione e della produttività letteraria e come tali rientreranno appieno nel nostro studio.


Solo a partire dalla fine del 1800 si è riusciti a "catturare" l'immagine e il suono, cioè la realtà nelle sue quattro dimensioni. E' stata una conquista non immediata, un processo che è tuttora in atto. Prima ci si affidava in Europa alla scrittura, che del resto non era neppure patrimonio di tutti ma sempre solo delle classi pił ricche, dominanti. La letteratura scritta ha sempre riguardato le classi dominanti e gli intellettuali la cui attività era possibile solo grazie all'accumulazione di ricchezza che le classi e i gruppi dominanti potevano permettersi, mentre la gran parte della popolazione non poteva accedere nè ai privilegi di tali gruppi e neppure alla scrittura.


L'oralità, patrimonio forzato delle classi sottomesse ha vissuto sempre un processo di ostracismo da parte delle classi dominanti. E' un motivo non secondario per cui anche all'interno di società della scrittura, le tradizioni letterarie orali pur conviventi e quantitativamente dominanti non sono state conservate o quanto ciò è avvenuto, sempre del resto marginalmente, è stato effettuato un processo di travisamento e/o slittamento dei significati e delle caratteristiche. Noi possiamo leggere il patrimonio letterario orale delle nostre genti, o di altri popoli, solo attraverso questi limiti e filtri. La scrittura del resto è nata solo in alcune società che presentavano un particolare sviluppo. La scrittura richiede alcune condizioni. Soprattutto una certa stabilità culturale propria di civiltà stanziali e non nomadi, e una economia regolata di conseguenza. Non è un caso che la scrittura sia stata elaborata per quel che attualmente ne sappiamo per la prima volta all'interno di civiltà stanziali come quelle sviluppatasi attorno ai fiumi Nilo, Tigri ed Eufrate. La scrittura è legata al "monumento", all'opera costruita per restare stabile, fissa nel luogo.


Con la scrittura le parole sono "fissate" a un supporto che è destinato per la sua importanza a "restare". E soprattutto questo implica che ciò che è stato "fissato" si presume non possa essere oggetto di attacchi distruttivi. E' una civiltà che ha l'ambizione della stabilità quella che elabora una forma di scrittura. Un popolo nomade ha invece altre necessità, quello soprattutto di trasportare quanto pił facilmente è possibile i propri dati, le proprie conoscenze: la tradizione orale è pił consona a questi popoli, anche se non esclusivamente. La scrittura è la necessità di un potere centrale di gestire una quantità di informazioni provenienti da un dominio esteso geograficamente. Gestire i movimenti di magazzino per l'accumulo delle risorse di cibo fondamentali per qualsiasi società. Mantenere con maggiore efficenza una memoria che non riesce a tener dietro alla complessità delle società stanziali: contratti, leggi per regolare la vita della comunità in espansione demografica, trattati con i popoli vicini, ma anche patrimonio culturale e religioso. E, all'interno di questo patrimonio, ciò che noi siamo ormai abituati a considerare letteratura.


Occorre sempre distinguere tra ciò che "per noi" è letteratura dalla coscienza estetica del nel passato, in un dato tempo e luogo, si aveva. "Noi" usiamo spesso categorie estetiche che non è detto che "loro" possedevano, e anche quando si dovesse far uso di termini simili, dobbiamo stare attenti ai significati. In questo "noi", poi, ci sono due cose almeno non sempre coincidenti: un "noi" che è il mio/nostro tempo e luogo, ciò che presumo possiamo condividere assieme o ciò che terminologicamente uso al fine di farmi intendere, alludendo a cose che ipotizzo facciano parte del bagaglio culturale dei destinatari di questo mio studio. E un "noi" che è vicino a "io" e a coloro che ipotizzo, tra quanti appartengono al mio tempo, sappiano porsi nella stessa prospettiva in cui mi trovo.

 



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