Diffusione delle lingue

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Diffusione delle lingue

Gli uomini si esprimono tramite atti linguistici. Un atto linguistico, non il solo, è la lingua. La lingua è ciò con cui si esprime la letteratura, il suo mezzo. Esistono varie lingue. La plurità linguistica è parte integrante oltre che indicativa della pluralità delle culture umane. Definiamo con il termine di "lingua" l'insieme delle strutture formali linguistiche appartenenti ai gruppi dominanti di una popolazione; la lingua è l'espressione di quanti vogliono comunicare a livello medio-alto di una società. Definiamo con il termine di "dialetto" la o le lingue parlate dai gruppi non dominanti presenti all'interno di una società. La lingua è la koinè ufficiale di una società, il dialetto può essere una variante derivata da quella lingua oppure un insieme linguistico che non deriva da quella lingua ma che a causa delle vicende storiche è parlata da gruppi non egemonici che possono essere marginali oppure vivere in una nicchia della società.


Le lingue mutano nel tempo. Una lingua subisce processi di degrado, di ampliamento, può arricchirsi al contatto con altre lingue (tramite ad es. i prestiti linguistici), oppure vivere in parallelo ad altre lingue. I linguisti si sono accorti nello studiare le lingue che una lingua ha un comportamento "biologico". E' soggetta alla mutazione e all'evoluzione, ma anche a processi di derivazione da lingue "madri" o "padri". Una lingua può presentare fenomeni di affinità con altre lingue. Questo ha permesso ai linguisti di affinare tecniche per il riconoscimento delle "famiglie" linguistiche, cioè quelle serie di lingue che per affinità di elementi si suppone appartengono a una stessa serie derivativa.


Ogni gruppo è portatore di una sua lingua. Venendo a contatto i gruppi umani si verificano collisioni, sviluppo di legami d'amicizia, unioni, scambi, scontri che possono portare all'eliminazione di un gruppo o alla sua sottomissione ecc. Fenomeni analoghi si verificano con la lingua. Nell'arco storico ciò è complicato dal contatto del gruppo con pił gruppi, non solo con un semplice gruppo, per cui i fenomeni di mutazione sono moltiplicati e complicati. Nel corso di questo venire a contatto tra i vari popoli, soprattutto in seguito ai fenomeni di selezione linguistica per cui un gruppo vinto territorialmente e culturalmente era eliminato linguisticamente oltre che fisicamente, si sono formate famiglie linguistiche principali da cui secondo gli studi linguistici sono derivate le varie lingue parlate oggi.


Le famiglie linguistiche individuate dai linguisti sono circa 200. Non sempre gli studiosi sono concordi sul numero e sull'individuazione delle stesse famiglie. Oltre a quella indoeuropea si parla di famiglia afro-asiatica (egiziano, ciaidico, berbero, semitico), elamo-dravidica, cartvelica, altaica, coreana, giapponese, ainu, gilyak, chukchi-kamchadal, eskimo-aleutina, sino-tibetana, caucasica settentrionale, yeniseiana; urritica, urartaica, hattica, etrusca (lingue e famiglie linguistiche oggi scomparse); basca; na-dene, amerindia settentrionale e amerindia meridionale (queste tre famiglie raggrupperebbero secondo Joseph H. Greenberg la miriade di lingue americane: l'ipotesi di Greenberg non è accettata da tutti); andamanese, paupasica, tasmaniana (estinta), daica, austronesiana, tai, austro-asiatica, miao-yao, australiana, nilo-sahariana (nilotico, kanuri, nubiano, songhai), niger-kordofaniano (niger-congo, kordofaniano), khoisan. Noi appunteremo soprattutto l'attenzione sulla famiglia indoeuropea, per l'importanza che questa "famiglia" ha avuto sul formarsi delle lingue europee così come le conosciamo oggi e come pensiamo di averle conosciute nella nostra storia.


Oltre alle famiglie i linguisti discutono sull'esistenza di superfamiglie. La cosa è ancora pił controversa. Secondo alcuni sarebbe forse esistita una superfamiglia, denominata per convenzione "nostratica" (dal latino noster = nostro). Il glottologo danese Holger Pedersen nel 1925 chiamò nostratiche il complesso di indoeuropeo, semitico, ugrofinnico tra cui individuava delle affinità; il francese A. Cuny nel 1944 chiamò nostratica la lingua comune a indoeuropeo e camitico-semitico. L'ipotesi del nostratico è stata ripresa dai sovietici Vladislav M. Illych Svitych e Aaron B. Dolgopolsky che hanno collegato tra loro sei famiglie linguistiche (afro-asiatico, elamo-dravidico, cartvelico, indoeuropeo, uralico-yukaghiro e altaico). Ma si tratta di ipotesi estremamente controverse a cui alludiamo solo per indicare quanto le cose possano essere complesse e non conclusive.


Parlare di "famiglie" linguistiche significa parlare anche di processi di migrazioni di popoli, processi che hanno interessato spesso interi millenni e che certamente non sono finiti. E di processi di espansione di popoli con le relative culture, patrimoni di idee e di tecnica, credenze e sviluppi letterari. Per tentare di spiegarci come è stato possibile il formarsi delle "famiglie" linguistiche ipotizzate, si è ipotizzata l'importanza che ha avuto nella storia il mutamento climatico prodottosi con la regressione dei ghiacci nel pleistocene, circa 10.000 anni fa. L'aumento della temperatura e dell'umidità delle latitudini medie produsse l'attuale distribuzione di climi temperati e tropicali.


Gli abitanti di alcune regioni (Asia sudoccidentale, Cina centrale e meridionale, dei rilievi della Nuova Guinea, di alcune zone dell'America centrale e meridionale) sfruttarono i cambiamenti climatici per produrre cibo. Gli studiosi parlano di "rivoluzione neolitica". Un mutamento che portò in tempi diversi alcuni popoli a passare da una sussistenza basata sulla raccolta di ciò che cresceva spontaneamente in natura e sulla caccia, a una sussistenza basata sull'agricoltura. Anche qui un processo non lineare. Ad esempio sappiamo che in Cina la rivoluzione agricola sembra essere avvenuta circa 8.000 anni fa, parallelamente in due centri diversi anche se culturalmente legati: lungo il bacino del Fiume Giallo dove fu introdotta la coltivazione del miglio, e lungo il bacino del Fiume Azzurro dove fu introdotto il riso.


In Africa una zona di antico sviluppo agricolo sembra essere la regione subsahariana (tra 5 e 15 gradi di latitudine nord, tra la costa occidentale e l'Etiopia), da cui sarebbe originata la famiglia linguistica nilo-sahariana e niger-kordofaniana. A quest'ultima appartiene il gruppo linguistico bantoide che si è espanso negli ultimi 2.500 anni con la colonizzazione agricola dell'Africa orientale e meridionale (che erano prima occupate da raccoglitori khoisan). Agricoltura significa disporre di pił cibo, e ciò portò a un miglioramento delle condizioni di vita e a un incremento demografico che dovette essere alla base anche dello sviluppo di forme pił complesse di organizzazione sociale. Tale incremento è ipotizzato per spiegarci i movimenti migratori che si ipotizzano siano alla base dell'espansione delle "famiglie" linguistiche e della loro diversificazione.


Naturalmente noi non possiamo "sapere" che sia andata realmente così. Possiamo fare ipotesi, e basarci sulle conoscenze oltre che del poco del passato che è rimasto, sulla conoscenza dei meccanismi che hanno portato alcune lingue parlate in Europa a espandersi a livello mondiale a partire dal 1500 (+). Anche allora un incremento demografico connesso a progressi nel campo tecnico (trasporto e militare) permisero l'espansione culturale e linguistica che regione per regione si è attuata in forme caratteristiche. Con fenomeni di eliminazione delle lingue preesistenti, di sovrapposizione, di non penetrazione e dunque sopravvivenza delle lingue autoctone "pure", e di differenziazione linguistica anche all'interno di una stessa regione per l'arrivo di lingue europee differenti (si pensi a alcune regioni del Canada, con il francese e l'inglese), oltre che di evoluzione di nuove lingue da quella originaria europea (si pensi agli esiti dell'inglese in USA, Australia ecc.).

 



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