Vergilius: Eneide

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Vergilius: Eneide

Anche l' I dodici libri d'Aeneis (Aeneidos libri XII), il poema nazionale romano, nacquero da un suggerimento esterno. Secondo la tradizione fu Augustus a proporgli di celebrare la gens Iulia, discendente da Iulus figlio di Aenea e quindi da Venere, cui egli apparteneva. Vergilius da tempo voleva trattare il genere epico e aveva bisogno di un input esterno. Invece di cantare le gesta di Augustus, si rifugiò nel mito. Tema dell'opera non fu un momento di storia contemporanea ma un passato lontano, la vicenda dolorosa di un eroe che insieme alla sua gente va alla ricerca di una nuova patria nella terra del tramonto, l'Esperia, in obbedienza alla volontà degli dei.
L'"Eneide", che è scritta in esametri, si considera idealmente divisa in due parti: la prima (libri 1-5) sull'errare di Enea, la seconda (libri 7-12) sulla lotta di Enea in Italia per avere il territorio della città promessagli dal Fato. Le due parti sono separate dal libro VI che narra la discesa di Enea agli Inferi.
Enea era un personaggio minore nell'Iliade, ma familiare ai romani per i poemi di Nevius ed Ennius, e per le storie di Cato e di Varro. L'argomento racchiude una prima parte romanzesca (libri 1-6) e un racconto più propriamente epico, le dure lotte e le stragi in Italia. E' una Odissea e una Iliade condensate. Il confronto con il grande predecessore si imponeva in termini di emulazione e non più di imitazione. Vergilius si mise all'opera facendo anche severi studi sulle antichità romane, le tradizioni delle genti italiche, la liturgia culturale dei primitivi. Affrontò subito il tema che gli era meno congeniale, quello della guerra: i libri che scrisse per primi furono quelli della seconda parte del poema (VII, X, XI, XII): solo dopo, nell'VIII, cantò la Roma dei suoi sogni, la Roma prima di Roma.
L'idea interna del poema è la fatalità della nascita di Roma. Gli dei, che sono fuori dal tempo, l'hanno già davanti come una certezza, ma per gli uomini che vivono i loro giorni in una perpetua nebbia di rimpianti e perplessità , il loro soffrire non ha sosta. L'eroe che rappresenta questa condizione esistenziale è Enea, con il suo carico di doveri, la sua missione da compiere come capo e sacerdote della sua gente. Di fronte a lui, chiuso e triste, assorto nel suo interminabile viaggio che a volte sembra non avere senso, sono due figure più libere e istintive, la bellissima Dido e il selvaggio e giovanile Turno. Entrambi sono offesi dal mite e pio Enea. Intorno a lui, sul suo cammino, giovani che cadono in campo, padri che piangono, madri che si disperano senza capire. Una serie infinita di dolori che trova la sua giustificazione solo in una prospettiva religiosa.
L'Eneide è una grande idea, non perfettamente realizzata. E' significativo che Vergilius lesse davanti ad Augustus e Octavia il libro II,IV e VI, gli stessi che piacciono di più ai lettori moderni per la tensione lirica che li anima. Manca nel complesso un ritmo narrativo, si ha una successione di scene e di quadri lavorati, verso per verso, con scrupolo artigianale. L'opera è "tutta affidata alla trascolorante misteriosità fonica e alla polivalenza semantica dei suoi intraducibili versi".

Contesto

Trama dell'Eneide
Indice Vergilius

[1996]


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